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PARLARE ITALIANO: LINGUA, COSTITUZIONE, E CITTADINANZA. LA FARINA DEL DIAVOLO FINISCE IN CRUSCA ....

LA CRUSCA, LA LINGUA (DEL) "PADRE-PADRONE", E L’ITALIA. Una nota di Laura Montanari e un commento di Stefano Bartezzaghi - a cura di Federico La Sala

Sul web la Crusca scioglie i dubbi sull’italiano, lingua sconosciuta. Molte domande sui congiuntivi, sul plurale di euro o sul femminile di avvocato.....
martedì 19 gennaio 2010

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> LA CRUSCA, LA LINGUA (DEL) "PADRE-PADRONE" ---- Empatia:"Essenza e forme della simpatia". Elogio del co-sentire di Max Scheler. Per una nuova convivenza basata sul rispetto della reciproca diversità (di Ermannno Bencivenga).

domenica 6 marzo 2011

Empatia

Elogio del co-sentire di Max Scheler: arriva dagli Anni 20 una proposta di salvezza

Che in noi risuonino le gioie e i dolori altrui

“Una lucida analisi del filosofo tedesco: una nuova convivenza basata sul rispetto della reciproca diversità”

di Ermanno Bencivenga (La Stampa/Tuttolibri, 05.03.2011)

La simpatia o empatia è di moda. Mentre si allarga la meritata fama del gruppo di ricercatori italiani che hanno scoperto e studiano quei neuroni specchio che ne costituiscono il fondamento biologico, Jeremy Rifkin, in un libro edito quest’anno in Italia da Mondadori ( Civiltà dell’empatia ), trova in essa una speranza di salvezza tanto promettente e perentoria quanto, qualche anno fa, era per lui l’idrogeno. Ma la popolarità è spesso di ostacolo a un’analisi dettagliata e profonda; giunge quindi a proposito la nuova traduzione di un classico testo sull’argomento, Essenza e forme della simpatia , di Max Scheler (nella sua seconda edizione originariamente pubblicata nel 1923), curata con rigore linguistico e storico da Laura Boella.

Il pregio principale del lavoro di Scheler consiste nella precisa tassonomia da esso offerta di una costellazione di fenomeni certo collegati ma decisamente distinti, che il discorso comune e anche quello filosofico tendono a confondere tra loro. A un estremo di tale spettro troviamo il «ri-sentire» e il «rivivere», caratteristici «dello storico di valore, del romanziere, dell’artista drammatico»: in essi «cogliamo effettivamente la qualità del sentimento altrui senza che questo venga trasferito a noi o che un sentimento reale e uguale venga prodotto in noi». Questo rivivere è qualcosa di più di un semplice giudizio intellettuale, ma si situa ancora «nella sfera del comportamento conoscente» e non comporta alcuna partecipazione al sentire dell’altro.

Dimostrano maggiore partecipazione il contagio affettivo, come nel caso dell’«allegria in una locanda o a una festa», e le varie modalità dell’«unipatia (o identificazione) del proprio io individuale con un altro», un’accentuazione o «per così dire un caso limite del contagio»: il rapporto di una tribù primitiva con il suo totem, gli antichi misteri religiosi, la suggestione ipnotica, vari comportamenti infantili e schizofrenici, l’atto sessuale compiuto per amore in cui «entrambe le parti intendono tuffarsi in un’unica corrente di vita che non contiene più in sé nessuno degli io individuali separatamente».

Il genuino «co-sentire» ( Mitgefühl ) è al di là di questa fusione: mantiene l’altro come altro, come diverso da sé, e ne prova i sentimenti come suoi, senza identificarvisi. In questo modo, apre la strada all’amore, il cui «senso più profondo non è affatto di prendere e trattare l’altro come se fosse identico al proprio io», e lo riscatta dall’istinto: «È amore materno solo quello che supera questa tendenza [istintiva a riprendersi indietro il bambino] e mira al bambino come a un essere autonomo che lentamente dall’oscurità dell’organico sale a un livello di coscienza più alto».

Chiudendo genialmente il suo discorso in un circolo (o una spirale?), Scheler annuncia che solo il co-sentire, il quale è «sempre fondato su un amore e senza amore cessa», è fonte di vera conoscenza, cioè di una comprensione specifica e particolare di ogni individuo: «Quanto più profondamente penetriamo un uomo, attraverso una conoscenza comprendente guidata dall’amore della persona, tanto più questi diventa per noi non intercambiabile, individuale, unico, insostituibile e non rimpiazzabile». La presunta sfera conoscitiva menzionata sopra, figlia del disinteresse e della neutralità, si rivela così non in grado di adempiere alla sua promessa.

Sono solo scampoli di un’indagine ampia e lucida, vigorosa e originale; ma bastano per illustrare come quella che si considera una soluzione possa non essere altro che il nome di un mistero. Dobbiamo dunque cercare le basi di una nuova convivenza, si dice, non nell’interesse personale, nella fede o nella ragione ma nell’empatia. Che cosa vuol dire? In una semplice capacità di drammatizzare l’esperienza altrui? In un’unione mistica con la specie (del genere che Hegel, poco benevolmente, avrebbe chiamato una notte nera in cui tutte le vacche sono nere)? O facendo attenzione gli uni agli altri, mantenendo e rispettando la nostra reciproca diversità e insieme sentendo risuonare il nostro corpo e la nostra anima della gioia e del dolore dei nostri simili? Scheler, quantomeno, ci dà un vocabolario in cui cominciare a porci queste domande.


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