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SVOLTA IN FRANCIA. DALLA CARITÀ ("CHARITE’") DI PASCAL ALLA CARITA’ DI PAPA RAZTINGER ("DEUS CARITAS EST", 2006), DALLA CHIAREZZA DI CARTESIO ALLA "CONFUSIO-NE" ("COMMUNIO") DI J.-L. MARION ....

IL PRESIDENTE SARKOZY E IL FILOSOFO J.-L. MARION: DALL’ACCOGLIENZA DELLA DIVERSITÀ ALLA DIFESA DELL’IDENTITÀ, ’NAZIONALE’ E ’CATTOLICA’. Sul tema, un articolo di Philippe Bernard ("Le Monde"), di Marcel Neusch ("La Croix") e un’intervista di Isabelle de Gaulmyn a Marion ("La Croix") - a cura di Federico La Sala

Il messaggio subliminale dell’ “identità nazionale” - quello dell’ostilità verso le persone di origine straniera - si ritiene più rassicurante per l’elettore
martedì 26 gennaio 2010
[...] Le incertezze politiche e la crisi economica hanno probabilmente avuto ragione delle convinzioni
del capo dello Stato. Con una disoccupazione galoppante e delle elezioni regionali difficili in
prospettiva, non era più il caso di sostenere un discorso suscettibile di essere percepito come
favorevole alla promozione, anche sul lavoro, di persone provenienti dall’immigrazione.
Il messaggio subliminale dell’ “identità nazionale” - quello dell’ostilità verso le persone di (...)

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> DALL’ACCOGLIENZA DELLA DIVERSITA’ ALLA DIFESA DELL’IDENTITA’ -- Sarkozy e il fantasma di Gheddafi. I finanziamenti dalla Libia (di Bernardo Valli)

giovedì 22 marzo 2018

I finanziamenti dalla Libia

Sarkozy e il fantasma di Gheddafi

di Bernardo Valli (la Repubblica, 21.03.2018)

I protagonisti della vicenda sono un dittatore morto ammazzato e un ex capo dello Stato scaduto a conferenziere, ma sempre sulla cresta della cronaca mondano- politica. Lui, Gheddafi, il fantasma, e Sarkozy, l’attore sopravvissuto, sono avvolti da un vortice di denaro. Una pioggia di milioni. È la storia di un illecito connubio tra i soldi del petrolio e la democrazia. I primi li elargiva il rais defunto, la seconda era rappresentata dall’ex presidente. Un abbraccio degradante, innaturale ma vantaggioso per entrambi. Gheddafi pagava la riabilitazione e gli onori annessi, Sarkozy otteneva il denaro necessario alla sua campagna elettorale.

La giustizia, partendo da una coraggiosa inchiesta giornalistica di Mediapart, un sito di informazione specializzato in inchieste politiche e giudiziarie, sta conducendo da cinque anni indagini su questo accoppiamento che raggiunge i vertici della corruzione. Non tanto per le somme in gioco, quanto per la sua natura. Ed è avendo acquisito indizi importanti - i denari in contanti e in nero distribuiti ai collaboratori di Sarkozy durante la campagna elettorale - che ha deciso di dichiarare in stato di fermo l’ex presidente, e di interrogarlo sulle origini di quel denaro, al fine di decidere se mandarlo davanti a un tribunale. Lui nega tutto. Nega di essere al corrente di quanto accadde nei mesi che precedettero il suo ingresso all’Eliseo. Lui era impegnato a conquistare la massima carica dello Stato. Non si occupava della sussistenza.

Nel caso di un rinvio a giudizio le imputazioni sarebbero le più gravi, in campo politico finanziario, formulate durante la Quinta Repubblica, che compie sessant’anni. Alcuni dicono che dai tempi del maresciallo Pétain, che tradì la Francia collaborando con l’invasore nazista, non accade nulla del genere. C’è un po’ di esagerazione in questo paragone storico, ma la notizia del fermo, e forse del processo, di un ex presidente della Repubblica accende le fantasie.

Tutto comincia quando Muhammar Gheddafi, a lungo considerato ispiratore del terrorismo anti- occidentale, diventa uno degli uomini più adulati da chi voleva distruggere ma che è attirato dai suoi petrodollari. Abdallah Senoussi, capo dei servizi segreti interni libici, era stato condannato nel 1999 dalla giustizia francese all’ergastolo come il principale organizzatore dell’attentato contro l’aereo di linea, un Dc- 10 dell’Uta ( 170 morti, dei quali 54 francesi nel 1989), eppure egli è ricomparso molto presto come intermediario tra Parigi e Tripoli. Collaborerà ai rapporti che culmineranno con la visita di Gheddafi sulle rive della Senna. Dove monta la sua tenda beduina, come ha fatto del resto a Roma, dove Silvio Berlusconi, pure lui affascinato dai petrodollari, arriverà a organizzare in suo onore qualcosa di simile a un concorso di bellezza. Una lotteria di ragazze.

A stabilire il commercio canagliesco tra Tripoli e le capitali europee, naturale all’epoca in cui pochi resistono al fascino dei petrodollari e dei rais che li posseggono ed elargiscono, è il franco- libanese, Ziad Takieddine. È lui, grande mediatore, che mette in contatto Parigi e Tripoli. E sarà poi sempre lui, Takieddine, a raccontare davanti alle telecamere delle valigie gonfie di denaro che partivano dalla Libia dirette sulle rive della Senna. Ma le sue non erano denunce dettate dal pentimento, né dal desiderio di collaborare con la giustizia. Lo animava la voglia di vendetta per gli sgarbi subiti.
-  E non fu creduto. Le sue testimonianze richiedevano conferme. Si è cercato invano per anni un collegamento tra il traffico di denaro e il finanziamento della campagna elettorale di Sarkozy. Fino al momento in cui il personale che vi aveva lavorato ha cominciato a dichiarare di avere ricevuto denaro in contanti, che non risultava nelle contabilità ufficiali. Ma Nicolas Sarkozy ha continuato a negare tutto. Lui non si interessava ai particolari. I giudici vogliono trasformare gli indizi in prove.

La guerra civile, all’inizio tra la Tripolitania e la Cirenaica, è iniziata dopo la rottura tra la Francia di Sarkozy e la Libia di Gheddafi. Sarkozy, colto all’improvviso da scrupoli umanitari e democratici, mise la sua aviazione al servizio dei ribelli della Cirenaica. Al suo fianco gli inglesi. Vista a distanza la decisione del presidente francese appare come un tentativo non solo di appoggiare i ribelli in lotta contro il dittatore, ma anche come l’intenzione di eliminarlo, in quanto suo finanziatore, quindi imbarazzante per il presidente di un Paese democratico come la Francia.

Ero a Bengasi la sera del primo bombardamento anglo- francese. I carri armati di Gheddafi avanzavano appoggiati dall’aviazione e gli abitanti di Bengasi lasciarono in massa la città, convinti che i soldati arrivati dalla Tripolitania li avrebbero puniti per essersi ribellati al rais. Per sfuggire alla temuta repressione si rifugiarono nel deserto. Io con loro. Soltanto la mattina seguente scoprimmo che i carri armati di Gheddafi erano stati distrutti dall’aviazione anglo- francese proprio alle porte della città. Gheddafi si rifugiò a Sirte, ed è fuggendo da quella città che fu raggiunto dagli aerei francesi. Qualcuno, a terra, l’ha ucciso. Così non ha potuto testimoniare.


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