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SVOLTA IN FRANCIA. DALLA CARITÀ ("CHARITE’") DI PASCAL ALLA CARITA’ DI PAPA RAZTINGER ("DEUS CARITAS EST", 2006), DALLA CHIAREZZA DI CARTESIO ALLA "CONFUSIO-NE" ("COMMUNIO") DI J.-L. MARION ....

IL PRESIDENTE SARKOZY E IL FILOSOFO J.-L. MARION: DALL’ACCOGLIENZA DELLA DIVERSITÀ ALLA DIFESA DELL’IDENTITÀ, ’NAZIONALE’ E ’CATTOLICA’. Sul tema, un articolo di Philippe Bernard ("Le Monde"), di Marcel Neusch ("La Croix") e un’intervista di Isabelle de Gaulmyn a Marion ("La Croix") - a cura di Federico La Sala

Il messaggio subliminale dell’ “identità nazionale” - quello dell’ostilità verso le persone di origine straniera - si ritiene più rassicurante per l’elettore
martedì 26 gennaio 2010
[...] Le incertezze politiche e la crisi economica hanno probabilmente avuto ragione delle convinzioni
del capo dello Stato. Con una disoccupazione galoppante e delle elezioni regionali difficili in
prospettiva, non era più il caso di sostenere un discorso suscettibile di essere percepito come
favorevole alla promozione, anche sul lavoro, di persone provenienti dall’immigrazione.
Il messaggio subliminale dell’ “identità nazionale” - quello dell’ostilità verso le persone di (...)

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> IL PRESIDENTE SARKOZY ---- “Divieto totale di portare il burqa”. Alla fine Sarkozy ha deciso, dopo interminabili tentennamenti: velo integrale vietato, totalmente, sututto il territorio francese (di Domenico Quirico).

giovedì 22 aprile 2010


-  Sarkozy non molla
-  “Divieto totale di portare il burqa”

-  di Domenico Quirico (La Stampa, 22 aprile 2010)

Alla fine Sarkozy ha deciso, dopo interminabili tentennamenti: velo integrale vietato, totalmente, su tutto il territorio francese. In consiglio dei ministri ha ribadito l’imputazione che, a suo parere, lo rende incompatibile con la Repubblica: «attentato alla dignità della donna che è indivisibile». Il governo è quindi invitato a presentare entro maggio il relativo progetto di legge. Il portavoce Luc Chatel ha aggiunto: «Stiamo legiferando per il futuro. Portare il velo integrale è un segno del ripiegamento comunitarista e del rifiuto dei nostri valori». Aggiungendo poi prudentemente che «tutto deve essere fatto in modo tale che nessuno si senta stigmatizzato per la sua fede religiosa».

Il divieto si è caricato, in un momento in cui Sarkozy sterza ancor più a destra, di pericolosi significati simbolici e preventivi: lo ha ammesso lo stesso portavoce, ricordando che il burqa è un capo di abbigliamento portato da non più di duemila donne integraliste (o obbligate a esserlo) in tutto il Paese. Giovedì toccherà al Belgio sanzionare il divieto assoluto: Sarkozy è soddisfatto, la Francia almeno in questo è all’avanguardia dell’Europa.

Il presidente corre comunque dei rischi: di tipo costituzionale. Il Consiglio di Stato ha dato un parere sfavorevole al divieto totale. Ha sottolineato che vietare il burqa in tutti i luoghi pubblici «non ha fondamenti giuridici incontestabili» e resta fragile di fronte a un probabilissimo ricorso.

Davanti all’organo costituzionale francese, ma soprattutto davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Per il Consiglio deambulare in burqa non mette in pericolo l’ordine pubblico. Ne era nato un progetto minimalista, ovvero vietare solo negli edifici pubblici nei trasporti, nelle gioiellerie e nelle banche. Un po’ ipocrita, ma certamente più facile da attuare e giustificare. Ancora ieri il mediatore della Repubblica, Jean-Paul Delevoye, ha ribadito: «Amo la legge ma non amo il divieto assoluto». Aggiungendo una significativa domanda: «Come pensate di comportarvi con le signore saudite che vengono a fare compere sugli Champs Elysées?».

C’è un dettaglio costituzionale interessante: Sarkozy ha optato per un progetto di legge, percorso più solenne, rifiutando di scegliere la «proposta di legge» come gli suggerivano alcuni della sua maggioranza: più svelta nelle procedure e che evita il passaggio pericoloso davanti al Consiglio di Stato. Sfida coraggiosa ma arrischiata. Già ieri SOS Racisme parlava di «semplicismo populista contrario alla Costituzione e alla Convenzione dei diritti umani».

Le reazioni vanno dalla prudenza all’entusiasmo. Anche nella maggioranza c’è chi pensa che il dibattito su un problema così numericamente marginale si sia caricato di simboli troppo onerosi. E’ il caso di Bernard Accoyer, presidente dell’Assemblea nazionale, che non ha voluto fissare una data per l’esame del testo: «Ci sono cose più pressanti, che sono il lavoro e il potere di acquisto». Una volta tanto Marine le Pen non rampogna il presidente. Solo che vuole di più: il ritiro del diritto di soggiorno per tutte le donne straniere che lo portano. Al settimo cielo l’associazione femminista «Ni putes Ni soumises», che ha salutato l’annuncio come una vittoria delle donne: «È l’inizio di una nuova pagina di emancipazione per le donne dei quartieri popolari, cui si va a offrire qualcosa di diverso dalla detenzione casalinga o dalla morte sociale».


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