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SVOLTA IN FRANCIA. DALLA CARITÀ ("CHARITE’") DI PASCAL ALLA CARITA’ DI PAPA RAZTINGER ("DEUS CARITAS EST", 2006), DALLA CHIAREZZA DI CARTESIO ALLA "CONFUSIO-NE" ("COMMUNIO") DI J.-L. MARION ....

IL PRESIDENTE SARKOZY E IL FILOSOFO J.-L. MARION: DALL’ACCOGLIENZA DELLA DIVERSITÀ ALLA DIFESA DELL’IDENTITÀ, ’NAZIONALE’ E ’CATTOLICA’. Sul tema, un articolo di Philippe Bernard ("Le Monde"), di Marcel Neusch ("La Croix") e un’intervista di Isabelle de Gaulmyn a Marion ("La Croix") - a cura di Federico La Sala

Il messaggio subliminale dell’ “identità nazionale” - quello dell’ostilità verso le persone di origine straniera - si ritiene più rassicurante per l’elettore
martedì 26 gennaio 2010
[...] Le incertezze politiche e la crisi economica hanno probabilmente avuto ragione delle convinzioni
del capo dello Stato. Con una disoccupazione galoppante e delle elezioni regionali difficili in
prospettiva, non era più il caso di sostenere un discorso suscettibile di essere percepito come
favorevole alla promozione, anche sul lavoro, di persone provenienti dall’immigrazione.
Il messaggio subliminale dell’ “identità nazionale” - quello dell’ostilità verso le persone di (...)

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> IL PRESIDENTE SARKOZY E ... ---- «Per una Francia diversa»: Hollande canta Bella Ciao. Lo sfidante incassa anche il voto del centrista Bayrou (di Aldo Cazzullo)

venerdì 4 maggio 2012

«Per una Francia diversa» Hollande canta Bella Ciao Lo sfidante incassa anche il voto del centrista Bayrou di Aldo Cazzullo (Corriere dela Sera, 04.05.2012)

TOLOSA - «Credo alle forze dello spirito e resterò sempre con voi» aveva detto François Mitterrand ai francesi nell’ultimo discorso da presidente. Quando ieri pomeriggio, al tramonto, François Hollande ha citato «les forces de l’esprit», i 25 mila della Place du Capitol hanno compreso bene quel che intendeva. Non si è spinto a dire che Mitterrand era qui, a Tolosa, dove un tempo chiudeva le campagne presidenziali. Hollande si è limitato a un «forse...», agitando le braccia. Non ha evocato lo spirito dell’unico presidente socialista della Quinta Repubblica, ma ha lasciato che aleggiasse sulla «ville rose», scelta non a caso per il comizio finale. Un discorso da vincitore, se non fosse per la totale mancanza di carisma, riconfermata alla fine, quando si fa passare il tricolore e tenta di sventolarlo ma sbaglia il senso del vento, e la bandiera si affloscia mestamente su se stessa.

Tolosa è la città dove Voltaire scrisse il trattato sulla tolleranza, dove Vincent Auriol presidente socialista della Quarta Repubblica fece i suoi studi, dove Jean Jaurès insegnò all’università prima di essere assassinato in un caffè di Parigi da un interventista, il giorno prima che scoppiasse la Grande Guerra. E ieri c’era un’atmosfera da riunione di tutte le anime della sinistra: gli operai con i cartelli per boicottare la Lipton che chiude lo stabilimento e i dirigenti del Ps locale che prendono un tè in piazza nell’attesa del comizio, vecchi anarchici vestiti di nero e studenti ecologisti dell’università, i tricolori patriottici e le bandiere rosse della Cgt, il sindacato filocomunista.

«Evviva il comunismo e la libertà» lo comprendono anche i francesi; eppure è proprio con «Bandiera rossa» che l’orchestra «Grandes bouches» introduce Hollande. Stavolta è venuta anche Ségolène Royal, la madre dei suoi quattro figli, ma la tengono a distanza. Accanto al candidato c’è sempre la nuova compagna, Valérie Trierweiler, che una deputata di destra ha ribattezzato «Rottweiler», costringendo Sarkozy a scusarsi. E sul palco c’è, redivivo, Lionel Jospin, al primo comizio da quando dieci anni fa si ritirò dalla politica, la notte in cui fu eliminato al primo turno. Stasera la sua razionalità calvinista stona un poco, in una serata che è già di festa, dopo che François Bayrou ha annunciato il voto per Hollande, infliggendo al presidente un colpo che potrebbe essere fatale.

Sarkozy ha sempre scelto contesti solenni per i suoi comizi: Place de la Concorde, il Trocadéro. Hollande al contrario ha voluto scenari «umani»: il bosco di Vincennes a Parigi, il parco alla periferia di Bordeaux, ora a Tolosa la piazza del municipio, cuore del centro storico. Il tono - a parte la voce ormai stridula - è quello della vittoria, che Hollande vorrebbe «bella, grande, storica»: non solo la sconfitta di Sarkozy, ma «il sogno di una Francia diversa». Lancia uno slogan non originalissimo, «la nuova frontiera». Placa i «buuu» per la Merkel, «che ora comincia a parlare anche lei di crescita, così come il governatore della Banca centrale europea, che pure non è tra i nostri amici». Rivendica di aver vinto il dibattito di mercoledì sera: «Forse valeva davvero la pena farne un altro...». Soprattutto, chiude la campagna come l’ha cominciata, all’insegna di una «candidatura normale» e di una «presidenza normale».

Hollande promette alla Francia di rasserenarla, dopo cinque anni in cui Sarkozy l’ha tenuta in perenne tensione. «Non esistono due France, la Francia è una sola e io voglio riunirla, restituirle fiducia in se stessa e nell’avvenire». Tolosa è città occitana, quasi più spagnola che francese - i balconi di ferro battuto, i patios ombreggiati, le strade chiamate «carrièra», i Pirenei innevati all’orizzonte - e Hollande rimprovera a Sarkozy di aver offeso i vicini, saluta i socialisti catalani, dice di ricevere parecchi messaggi anche dall’Italia. Piange le vittime della strage antisemita compiuta da Mohamed Merah, ma denuncia anche lo spirito antimusulmano del presidente. Sotto il palco sorridono il sindaco di Parigi Bertrand Delanoë, l’ex segretario del partito comunista Robert Hue, i possibili primi ministri Michel Sapin e Jean-Marc Ayrault, e naturalmente Ségolène Royal, ancora molto amata dalla folla. Con Hollande hanno ripreso a parlarsi, lui le ha promesso la presidenza dell’Assemblea nazionale, ruolo di prestigio e soprattutto lontano dal governo.

Sarkozy non è mai nominato. Semmai, irriso: «In tv tutti hanno potuto vedere la sua modestia, la sua prudenza, la sua capacità di riconoscere gli errori...». Gli ultimi anni sono tratteggiati come un’epoca buia, di attentati all’indipendenza della magistratura e alla libertà di stampa, abusi di potere, disprezzo della gente semplice. Il profilo presidenziale che Hollande ritaglia per sé è agli antipodi: lui non vuol essere anche capo del governo e capo della maggioranza, non avrà la pretesa di prendere personalmente ogni decisione, di andare su tutti i palloni come un mediano ringhioso o un centravanti egoista; sarà un presidente in ascolto, «continuerò a visitare le fabbriche a rischio di chiusura, gli istituti per handicappati, le case di periferia dove non ci sono più ascensori, elettricità, acqua calda». «Una volta ho detto che amo les gens, la gente, e diffido dell’argent, il denaro. Alla fine della campagna, amo ancora di più i francesi, e continuo a diffidare del denaro».

Ora l’orchestra suona Bella Ciao. Gli studenti rientrano all’università, dove stasera c’è un reading di Dino Buzzati. Hollande si ferma a conversare con i giornalisti, assicura che con Bayrou non c’è stata alcuna trattativa e per lui non ci sarà un ministero. Poi si lascia baciare, abbracciare, fotografare dai militanti: il servizio d’ordine fatica ad aprirgli un varco verso la Renault nera, i militanti lo assedieranno a lungo nel cortile del municipio. Al suo fianco, Valérie saluta la folla con la mano. Tre passi indietro, Ségolène cerca una telecamera.


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