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RAPPORTO STATO E CHIESA: UNA SOLA QUESTIONE MORALE. AL GOVERNO DELLA CHIESA UN PAPA CHE PREDICA CHE GESU’ E’ IL FIGLIO DEL DIO "MAMMONA" ("Deus caritas est") E AL GOVERNO DELL’ **ITALIA** UN PRESIDENTE DI UN PARTITO (che si camuffa da "Presidente della Repubblica"), che canta "Forza Italia" e grida viva il "Popolo della libertà" (1994-2010). Questo è il nodo da sciogliere

SAN PIETRO ROSSO DI VERGOGNA: PAPA E CARDINALI SOTTO IL CUPOLONE DI LUCIFERO. Note di analisi di Marco Politi e Giancarlo Zizola - a cura di Federico La Sala

“Non si intravvede il filo logico delle azioni. Manca la ratio gubernandi, l’arte del governo. Magari ci fosse un regista occulto, che regge le fila di questo scandalo, come si immagina certa stampa! Il guaio è che non c’è, e nessuno sa cosa sta accadendo”.
domenica 7 febbraio 2010 di Federico La Sala
[...] Alla fine della torrida estate 2009, Bertone seppe dai giornali che Ruini aveva aperto le porte del
suo appartamento al premier Berlusconi, appena alluvionato dalla bufera sul porno di Stato, e al suo
fido Gianni Letta. Era il segnale di una dicotomia al vertice, allo stesso tempo la rivendicazione di
autonomia di Ruini. Egli mostrava di voler continuare a tessere come d’abitudine la sua rete politica,
pur sapendo di porre in essere azioni difformi dalla prospettiva astensionista (...)

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> SAN PIETRO ROSSO DI VERGOGNA: PAPA E CARDINALI SOTTO IL CUPOLONE DI LUCIFERO. --- Colpire Boffo per educarne cento (di Marco Politi).

martedì 31 agosto 2010

Colpire Boffo per educarne cento

di Marco Politi (il fatto Quotidiano, 31 agosto 2010)

Un anno dopo, l’affare Boffo resta quello che era. Una storia torbida. Un atto di killeraggio di Vittorio Feltri ai danni del direttore di Avvenire. Una vittoria (forse di Pirro) di Berlusconi, che riuscì allora a silenziare il giornale dei vescovi e a intimidire la Cei, ma ha creato all’interno della Chiesa rancori insanabili di cui da un mese all’altro - quando sarà davvero in difficoltà - potranno chiedergli conto. Qualcuno dei suoi falchetti, come Giorgio Stracquadanio, pensa ancora di poter minacciare contro gli avversari politici (vedi Fini) il “metodo Boffo”, e non ha capito che la loro vendetta i prelati la gustano freddissima.

Noemi, D’Addario e la questione morale

LA STORIA ha un antefatto nella primavera del 2009 con le rivelazioni sui patetici show inscenati da “Papi” Berlusconi: Noemi, le ragazzotte a Villa Certosa, le escort che un qualsiasi faccendiere gli infila nel letto a Palazzo Grazioli per la modica cifra di mille euro. Non esiste nell’Occidente democratico leader di governo che sguazzi in un tale clima da basso impero. Azzurri e leghisti, abitualmente indomiti difensori dell’identità cristiana in Italia, fanno finta di niente e tacciano di moralismo chi osa protestare. Ma qualcosa non torna nel disegno berlusconiano di negare rabbiosamente la realtà. Gli viene a mancare d’improvviso l’alleanza con la gerarchia ecclesiastica.

Pressato dal disagio della base cattolica moderata, il giornale dei vescovi Avvenire - generalmente benevolo (problemi degli immigrati a parte) con il centrodestra, com’è desiderio del segretario di Stato vaticano cardinale Bertone - comincia a criticare il Cavaliere. Il 5 maggio un editoriale di Avvenire chiede al premier “sobrietà”, perché (come ribadisce in queste settimane Famiglia Cristiana) la “stoffa umana di un leader, il suo stile e i valori di cui riempie concretamente la sua vita non sono indifferenti, non possono esserlo”. È uno schiaffo sanguinoso. Ma il commento non è firmato dal direttore del giornale. Berlusconi spera ancora in una tregua.

Invece, a piccole dosi, il direttore Boffo inizia a dare voce alle critiche dei lettori, commentando con postille sempre più pungenti. Finché il 25 luglio Boffo prende di petto Berlusconi e lo accusa di “non avere fatto chiarezza” sul puttanaio delle seratine a Palazzo Grazioli. Lo smaschera sul caso D’Addario.“La vicenda-chiosa Boffo - non solo non ci convince ma, per quanto ci è dato di capire, continua a piacere poco a larga parte del Paese reale”.

Berlusconi è furibondo. Pressato all’interno, deriso all’estero, decide di partire con una campagna d’autunno a tout azimut contro i suoi avversari. Manda Feltri alla direzione del Giornale. Boffo è il primo della lista. Il 28 agosto il Giornale esce agitando una presunta “nota informativa” (desunta, sembra di capire, da fascicoli giudiziari o di polizia) secondo cui Boffo “noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni” ha tentato di intimidire una signora di Terni a causa di una relazione con il marito.

Il fango e le dimissioni

LA “NOTA” è un falso. Non esiste in nessun fascicolo istituzionale. Il ministro Maroni nega pubblicamente l’esistenza di qualcosa del genere e qualsiasi documentazione di Stato sulla vita privata di Boffo. Berlusconi fa finta di dissociarsi. Salta l’incontro tra il premier e il cardinal Bertone previsto a L’Aquila per la Perdonanza. Ma il pestaggio del Giornale è sistematico. Cinico. Senza quartiere. Il 3 settembre Boffo si dimette. Mesi dopo Feltri dovrà ammettere pubblicamente di avere usato un falso. Ma lo attende ancora un procedimento dinanzi all’Ordine nazionale dei giornalisti. Sulla scena politica la lezione è chiara. Con la potenza di fuoco dei media “di famiglia” Berlusconi può rovesciare fuoco e fango su chiunque.

La pace: “Che piacere rivederla”

MA QUALCOSA non torna sul versante della Chiesa. Boffo non ha mai chiarito pubblicamente perché il Tribunale di Terni lo abbia condannato nel 2004 a una ammenda penale di 516 euro per “molestie” partite da un suo cellulare. Ma soprattutto non si è mai capito perché le massime autorità ecclesiastiche abbiano opposto resistenza all’aggressione brutale del fronte berlusconiano soltanto per un pugno di giorni. È intervenuto a difesa di Boffo il cardinale Bagnasco, esprimendo “disgusto” per il killeraggio. È intervenuta la Cei. È intervenuto il cardinale Bertone. Si è mosso il Papa. Il 3 settembre 2009 tutto era già finito. Boffo si dimetteva e spariva nel nulla. Il 26 settembre, partendo per Praga, Benedetto XVI incontrava a Ciampino Berlusconi e lo salutava come se niente fosse con un “che piacere rivederla”.

Non è l’unica strana incongruenza. Mentre già era partita l’aggressione a Boffo, il direttore dell’Osservatore Romano criticava in un’intervista l’Avvenire per le sue denunce contro la politica governativa sull’immigrazione e sottolineava che i rapporti tra Santa Sede e governo erano eccellenti. Quanto al falso dossier, si è poi saputo che era stato confezionato nel mondo cattolico. È stato Giuseppe De Rita, profondo conoscitore del mondo cattolico, a dichiarare al Fatto che la gerarchia ecclesiastica “non voleva lo scontro”. Dunque ha ingoiato l’aggressione. Un collaboratore del cardinale Ruini, che ha battuto ogni corridoio dei Palazzi ecclesiastici, racconta qualcosa di più: “La gerarchia temeva che si scatenasse contro la Chiesa una campagna su scandali sessuali condotta senza esclusione di colpi”.

Il “metodo” e il pestaggio mediatico

VITTIMA di “violenza”, come scrisse nella sua lettera di dimissioni, Dino Boffo da allora ha vissuto ritiratissimo. Ha superato una forte depressione, ha rinunciato a un corso che teneva all’Università Cattolica, è rimasto però nel Comitato permanente dell’Istituto Toniolo, l’organismo che gestisce la Cattolica, e inoltre partecipa ancora al Progetto culturale Cei. Da poco ha ricominciato a riprendersi. È andato a Malta a studiare l’inglese, ma ancora non fa nuove scelte professionali. Il “Metodo Boffo” è diventato sinonimo di pestaggio mediatico. Ma se le responsabilità di Berlusconi e Feltri sono chiare, resta la domanda: quando la Chiesa vorrà ribellarsi a questo clima di piccoli Neroni.


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