La risposta di La Russa: "Tutti vogliamo un partito più bello e forte, però accontentiamoci"
Lupi: "Certamente si può fare di più, ma c’è bisogno dell’impegno di ognuno"
Fini: "Affezionato al Pdl
ma così com’è non mi piace"
ROMA - Il suo futuro lo vede ancorato nel Pdl ma il partito, cosi com’è, non gli piace. Questa in sintesi la risposta di Gianfranco Fini ai giornalisti che, in occasione della presentazione del suo libro "Il futuro della liberatà", gli chiedono se il suo di futuro sarà ancora con il Popolo della libertà. Un commento che provoca le reazioni di Ignazio La Russa e Maurizio Lupi, concordi nel dire che "si può fare meglio, ma con il tempo e l’aiuto di tutti".
"Avendo contribuito a fondarlo sono affezionato al Pdl", dice il presidente della Camera. "Mi sono assunto la responsabilità di consegnare al giudizio della storia 50 anni di vita nazionale cominciando con l’Msi sino ad An. Non eravamo alla canna del gas, An aveva percentuali a due cifre, ma ci siamo presi la responsabilità di dare vita a un nuovo soggetto politico perché credevamo nel bipolarismo, nell’alternanza e nell’europeismo. Ma se mi chiedi - osserva Fini, rivolgendosi al giornalista che gli ha posto la domanda - se il Pdl mi piace così come è adesso, la risposta credo l’abbiano capita tutti, non c’è bisogno di ripeterla".
Alle dichiarazioni di Fini risponde il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. "Non credo che si riferisse alla presentazione delle liste", commenta La Russa, interpellato all’entrata della sede del Pdl di via dell’Umiltà. "Tutti vogliamo un Pdl più bello e forte, però accontentiamoci. Il Pdl in pochi mesi ha vinto tutti. Anche questa vicenda dimostra che si può fare di più e meglio. Col tempo".
"Il Pdl non è un contenitore riempito con ciò che capita ma un partito nato dal basso, tra gli elettori prima che nelle stanze della politica". Così il vicepresidente del gruppo Pdl alla Camera, Maurizio Lupi,commenta le osservazioni del presidente. "A Fini non piace? Credo che ognuno senta la necessità di migliorarsi sempre, ma non possiamo dimenticare quanto di buono fatto fino ad ora. Oggi il Pdl, nonostante sia stato fondato meno di un anno fa, è già una realtà radicata sul territorio. Certamente si può fare di più - conclude Lupi - ma c’è bisogno dell’impegno di tutti".
* la Repubblica, 02 marzo 2010
Il Cavaliere sfida Gianfranco
"Se insiste farò io un nuovo partito"
di CARMELO LOPAPA *
Silvio Berlusconi ROMA - Una provocazione. In piena campagna elettorale, "proprio mentre il Pdl è sotto attacco". Il premier Berlusconi prende malissimo anche l’ennesimo affondo del cofondatore Gianfranco Fini sulla gestione del Pdl. Un logorio quasi quotidiano al quale però il Cavaliere ha deciso che si sottrarrà, e in fretta, già all’indomani delle regionali, raccontano i dirigenti che lo hanno sentito nel pomeriggio.
Il redde rationem scatta alla chiusura delle urne, vada come vada, il 29 marzo. "Se continua così, dopo il voto faccio un nuovo partito. È venuto il momento di contarci, voglio proprio vedere su quanti parlamentari può fare affidamento, stavolta, l’amico Gianfranco, quanti siano davvero i finiani" è sbottato il presidente del Consiglio. Una pugnalata alle spalle, quest’ultimo "così com’è il Pdl non mi piace", spedito dalla Sardegna proprio nelle stesse ore in cui lui stava ricevendo a Palazzo Grazioli la "finiana" Renata Polverini. Alla candidata governatrice alle prese con l’imprevista corsa a ostacoli non ha lesinato promesse di sostegno: "Vai avanti serena, vedrai che tutto andrà per il meglio, ti darò una mano io". Al responsabile elettorale Pdl, Ignazio Abrignani, ha chiesto invece una dettagliata relazione scritta sull’"incidente" del Lazio. Con tanto di nomi dei responsabili. Ancora Berlusconi non si capacita dello scivolone che anche ieri ha dato il destro all’amico-avversario (nelle regioni del Nord) Umberto Bossi, di sbeffegiare il Pdl a modo suo. Sono altri voti che traballano dalla Lombardia al Veneto.
Sullo sfondo restano i sospetti. Anche alla Polverini, Berlusconi non ha nascosto le sue preoccupazioni sulla manovra a tenaglia che, a suo dire, da giorni sta stringendo partito e governo. Nell’edizione di ieri del "Mattinale" - documento che detta la linea del capo e che ogni giorno Palazzo Chigi recapita ai dirigenti Pdl su input dello staff comunicazione di Bonaiuti - la tesi viene argomentata al capitolo "Tranquilli, il popolo è con noi": "A Roma, esclusa la lista Pdl, a Milano quella del governatore Formigoni, sempre a Milano il Tribunale rifiuta il legittimo impedimento e tre giorni fa è stato rifiutato alla difesa di Berlusconi il rinvio del processo Mills. Un unico filo conduttore: la politica in questo momento è in mano ad aule di tribunale". Il pensiero del presidente, diramato ai suoi, è rude ma schietto: "Sembriamo i paesi satelliti dell’Iran o dei talebani. È un tentativo di truccare la partita, dimostra una volta di più agli italiani che razza di totalitarismo minacci questo Paese". Talebani, la stessa etichetta che Berlusconi aveva affibbiato giorni fai ai pm. Prima di dar fuoco alle polveri, però, il presidente del Consiglio attende oggi il pronunciamento dell’ufficio elettorale e, a seguire, quello del Tar, sui ricorsi. Poi, se la lista Pdl nel Lazio dovesse restare fuori e Formigoni penalizzato anche lui in Lombardia, allora l’argomento diventerebbe il cavallo di battaglia del rush elettorale: i magistrati hanno "falsato la partita", il "totalitarismo dei giudici minaccia la democrazia". Anche se il vero incubo di queste ore è un astensionismo diffuso, frutto degli scandali giudiziari e dei pasticci elettorali.
Il presidente della Camera Fini è preoccupato anche lui per le sorti della "sua" candidata. Ma se da Oristano ha scagliato un altro sasso, raccontano, è anche perché a sua volta ha incassato come una provocazione il via libera di Berlusconi all’ingresso di Daniela Santanché al governo, due giorni fa. Anche lì, in piena vigilia elettorale, mentre tutto lasciava presagire che della delicata questione se ne sarebbe parlato dopo. Ma ormai i rapporti tra l’inquilino di Montecitorio e quello di Palazzo Chigi sono quelli che sono. I fendenti tra i fedelissimi dei due schieramenti ormai si sprecano, giorno dopo giorno. Il finiano Granata torna nuovamente ad ammonire ("Dopo il voto si cambia tutto o non si va avanti") e in serata i pretoriani del premier replicano a stretto giro all’attacco di Fini (da Lupi a Napoli: "Dopo il 28 le cose cambiano"). Questa volta però anche il coordinatore Pdl di area An, Ignazio La Russa, sembra prendere le distanze dal suo ex leader: "Tutti vogliamo un Pdl più bello e forte, però accontentiamoci".
* © la Repubblica, 03 marzo 2010