GIUSTIZIA
"Berlusconi denigra la magistratura"
Il plenum del Csm approva la delibera
Mancino: il premier non può insultarci
ROMA Con il solo voto contrario dei laici del Pdl il plenum del Csm ha approvato il documento che accusa il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di aver denigrato e delegittimato la magistratura. E che dice che questi comportamenti, mettono «a rischio l’equilibrio stesso tra poteri e ordini dello Stato sul quale è fondato l’ordinamento democratico di questo Paese». Il vice presidente del Csm Nicola Mancino, che ha votato con la maggioranza, ha scandito: «Il presidente del Consiglio è un organo istituzionale, ha responsabilità politica, non può usare un linguaggio di insulti o talvolta di intimidazioni nei confronti del libero esercizio dell’attività giudiziaria». Due prese di posizione che come faceva immaginare già la vigilia del dibattito, hanno scatenato subito la reazione del Pdl. «Il Csm non perde occasione di attaccare il Presidente del Consiglio alla vigilia di un’importante competizione elettorale anzich‚ occuparsi di ciò che la Costituzione gli imporrebbe», ha accusato Fabrizio Cicchitto presidente dei deputati del Pdl.«Il Csm aggredisce per l’ennesima volta il Presidente del Consiglio, negandogli addirittura il diritto di parola» e perciò «mina alle fondamenta il nostro ordinamento democratico», ha rilanciato il ministro Sandro Bondi e coordinatore del Pdl. Mentre secondo il portavoce del partito Daniele Capezzone il Csm e il suo vice presidente hanno aperto «la campagna elettorale» con una «sortita anti-berlusconiana».
Le tensioni si sono avvertite anche nel dibattito che al Csm ha preceduto il voto del documento. E cominciate con il botta e risposta tra il laico del Pdl Michele Saponara, che definendo «inopportuna» la messa all’ordine del giorno della delibera aveva di fatto criticato il capo dello Stato (che del Csm è il presidente), e il vice presidente Mancino che ha voluto puntualizzare che quando Napolitano «ha autorizzato l’inserimento della pratica all’ordine del giorno ignorava che sulle liste regionali si sarebbe poi aperta un’aspra polemica politica».
Ma in tutta la discussione è stata forte la spaccatura tra la maggioranza dei consiglieri e i laici del Pdl. Non c’è stata nessuna offesa ai magistrati da parte del presidente del Consiglio; è lui invece ad essere insultato oltre che a subire una persecuzione giudiziaria «che dura da anni» , ha sostenuto Gianfranco Anedda (Pdl). «È offensivo il termine talebano? È in pericolo la democrazia perchè il presidente del Consiglio dubita di alcuni magistrati? Non vi pare di esagerare?» ha aggiunto rivolgendosi ai colleghi. Parole che hanno infuocato il clima. «Mi sorprende che in un Paese civile un presidente del Consiglio possa permettersi di insultare i magistrati. Non ho paura di dire che la democrazia è a rischio» gli ha replicato il togato di Magistratura Democratica Livio Pepino, che ha ricordato come anche Totò Riina bollò come «comunisti» i magistrati che indagavano su di lui. «Definire talebani i magistrati proprio nel giorno in cui i veri talebani hanno ucciso un servitore dello Stato denota una mancanza di reponsabilità istituzionale», ha rilanciato Ciro Riviezzo del Movimento per la Giustizia. E sui pericoli per la democrazia ha insistito anche Ezia Maccora (Magistratura democratica): «La democrazia si nutre del rispetto istituzionale che in più occasioni è venuto meno per opera di una sola parte».
* La Stampa, 10/3/2010 (20:25)