Ieri Franco La Rupa m’ha fermato a Cosenza, a piazza Fera.
In serata, erano le 18,30, mi sono sentito chiamare per nome: «Emiliano, Emiliano» e, ancora, «Emiliano, Emiliano, Emiliano».
Non era un grido, ma una voce piuttosto composta, direi perfino familiare nel tono. Ma La Rupa non l’avevo mai visto di persona.
Mi trovavo con due amici alla ricerca disperata d’un bar per un tè, colpito dalla pioggia e dal freddo d’una giornata d’inverno severo. Voltatomi, ho riconosciuto all’istante La (...)
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