LO SCIENZIATO
"Nessuno gioca a fare Dio"
di GABRIELE BECCARIA (La Stampa, 21/05/2010)
TORINO L’annuncio è l’alba della vita artificiale, ma Venter ci lavora da anni: per capirci qualcosa è meglio partire dall’inizio.
Pietro Benedetti, lei è professore di biologia molecolare all’Università di Padova e conosce bene questi esperimenti: cosa ha fatto Venter?
«Ha deciso di produrre il “minimal organism”, l’organismo minimo, che è individuato da un Dna. Per farlo ha cominciato dal più piccolo batterio esistente, il mycoplasma, quello, appunto, con il cromosoma più piccolo».
Che cosa ha fatto con il micoplasma?
«Ha tolto via via dei “pezzi”, finché è arrivato al Dna minimo ma autonomo, cioè capace di replicarsi».
Il passo successivo?
«Ha aggiunto a questo Dna - ed è la notizia del giorno - del Dna sintetico, che deve dare al batterio una serie di istruzioni per eseguire specifiche operazioni. E il batterio le ha fatte, diventando così ciò che “ordina” il nuovo Dna».
Venter parla di «new software».
«E’ così: il Dna “codifica”, vale a dire dà delle informazioni, e a sorprendere è il fatto che questo batterio è totalmente nuovo, un organismo che non c’era prima e che non è più il mycoplasma di partenza».
A che cosa mira il test?
«A produrre un organismo nuovo, appunto, in grado di produrre solo ciò che gli si ordina, senza i problemi che si incontrano nel modificare organismi esistenti».
Quali saranno le applicazioni?
«Venter vuole sintetizzare geni per compiti diversi, per esempio bonificare l’ambiente o produrre biofuels. Si tratta comunque di organismi che crescono in condizioni specifiche e solo in quelle. Fuori dal laboratorio morirebbero».
E’ quindi giusto l’annuncio trionfalistico della vita artificiale?
«E’ vita artificiale, ma prodotta con elementi biologici. Il termine più adeguato è “biologia sintetica”».
Lo spiega?
«Si sintetizzano alcune caratteristiche e si fanno eseguire specifiche operazioni».
Il nuovo batterio che cosa dovrebbe fare? «Venter ha annunciato che “diventerà uno strumento potente”: potrà essere usato per ripulire l’atmosfera o mettere a punto vaccini».
A chi si allarma cosa dice?
«Nessuno gioca a Dio, perché è da 10 mila anni che modifichiamo gli organismi e, d’altra parte, il nostro Dna è stato manipolato da molti retrovirus. Non esiste Dna che non sia modificato».
IL TEOLOGO
"Un’arma a doppio taglio"
di GIACOMO GALEAZZI (La Stampa, 21/05/2010)
CITTÀ DEL VATICANO. È una potenziale bomba ad orologeria, una pericolosa arma a doppio taglio di cui è impossibile immaginare le conseguenze». In nome della «ragione oltreché della fede» il vescovo Domenico Mogavero, presidente del consiglio Cei per gli affari giuridici, mette in guardia «dagli scenari della vita artificiale, dall’uomo bionico creato in laboratorio».
Perché condannare una novità così importante?
«La capacità di accrescere la conoscenza l’uomo l’ha ricevuta da Dio ed è un potere quasi divino, sovrumano. Il cristianesimo non presuppone affatto un conflitto inevitabile tra la fede e il progresso scientifico. Anzi, Dio ha creato gli esseri umani dotati di ragione e li ha posti al di sopra di tutte le creature. Però c’è una distinzione fondamentale. L’uomo viene da Dio, ma non è Dio: rimane uomo e ha la possibilità di dare la vita procreando e non di costruirla artificialmente».
Cosa replica all’accusa di oscurantismo?
«Fingersi Dio e scimmiottarne la facoltà creatrice è un rischio immane che può precipitare l’umanità nella barbarie. Benedetto XVI insegna che tra fede e scienza non vi è opposizione, malgrado alcuni episodi di incomprensione nella storia. Ma gli scienziati proprio perché “sanno di più” sono chiamati a “servire di più”. E invece, come dimostrano le tragiche applicazioni beliche degli studi sul nucleare, ciò che l’uomo scopre ha sempre in sé il bene e il male. Nelle mani sbagliate l’odierna novità può comportare domani un devastante salto nel buio».
Per la Chiesa sarà il caso-Galilei del futuro?
«No. L’uomo non può riporre nella scienza una fiducia talmente incondizionata da ritenere che il progresso possa avvenire al di fuori di ogni limite etico. La genetica e la biologia hanno un enorme potenziale, fino a spingersi ad interferire sui sacri confini della vita, a ridurre l’uomo ad una serie di sequenze geniche e a sottomette i comportamenti umani al Dna. Ma è la natura umana a dare dignità al genoma umano e non viceversa. L’incubo da scongiurare è la manipolazione della vita, l’eugenetica. La conoscenza sulle origini della vita è troppo importante per essere inficiata dalla fretta. E chi fa scienza non dovrebbe mai dimenticare che esiste un solo creatore: Dio».
Qual è la posta in gioco?
«Sono chiamati in causa sia il futuro dell’uomo sia il senso dell’umano. La prospettiva angosciante di un mondo post-umano deve obbligarci a uno stop immediato all’anarchia della scienza».