Angeli, demoni e cellule
La Chiesa ha sottovalutato il «batterio artificiale». Ma la visione della natura è cambiata per sempre
di Enzo Mazzi (l’Unità, 03.06.2010)
La notizia della «cellula artificiale» è rimbalzata nei giorni scorsi sui giornali e le tv di tutto il mondo che hanno subito interrogato esperti di scienza e uomini di chiesa. Noi profani, gente della strada, ne abbiamo preso atto non senza un groviglio di sensazioni: dallo stupore, alla speranza, al timore. Passato un po’ di tempo e a mente più fredda viene tuttavia spontanea una riflessione: è una scoperta fra le tante oppure siamo di fronte a nuova rivoluzione, a un cambiamento capace di incidere nella nostra esistenza, come quelli operati da Copernico, da Giordano Bruno, da Galileo? Questi tolsero, letteralmente, la terra sotto i piedi agli uomini e donne di quel tempo a cui veniva a mancare la stabilità del suolo. E fecero vacillare la cattedra di verità che, posta ben saldamente al centro della creazione, assicurava alla gerarchia ecclesiastica un potere assoluto. «È maggiore forse la paura con cui voi pronunciate la sentenza di quella che provo io nel riceverla», disse Giordano Bruno ai giudici che lo condannavano al rogo. Ci sono voluti cinquecento anni per elaborare quella grande paura e una quantità di scomuniche, condanne, roghi. E non siamo ancora alla fine.
Ebbene, la creazione artificiale della vita è una rivoluzione paragonabile a quella che fece da levatrice alla modernità? È capace di penetrare nella nostra vita e scuoterla dal profondo in tutte le sue dimensioni? Sembrerebbe di no a giudicare dai commenti sbiaditi della stampa e dalle reazioni possibiliste della gerarchia ecclesiastica la quale non sembra annusare odor di eresia.
Ritengo invece che la scoperta di Craig Venter, costituisca lo sbocco e un nuovo inizio del grande sforzo di liberazione che si è sviluppato negli ultimi tre secoli e che sembra condurre a legare la ridefinizione dei rapporti fra generi, classi, popoli, culture, che è stato l’obiettivo di tutte le rivoluzioni moderne, con la ridefinizione del rapporto fra umanità e natura.
Lo sviluppo umano ha bisogno di un’etica nuova. La modernità si è sviluppata sulla base dell’etica dello sfruttamento sconsiderato della natura considerata come un oggetto. Ora s’impone una svolta: l’assunzione di responsabilità verso la natura in un’ottica evolutiva e non puramente conservatrice. Dall’etica dello sfruttamento aggressivo all’etica della creazione liberatrice.
Non è un caso che nei nuovi movimenti si faccia strada la riscoperta dell’originale naturalismo evolutivo e creativo di Pierre Teilard de Chardin, gesuita, teologo, grande scienziato, geologo e paleontologo, professore all’Istituto Cattolico di Parigi, poi ricercatore in Cina e quindi negli Stati Uniti dove è morto nel 1955.
Attraverso la sua indagine di rigore scientifico sulla evoluzione biologica giunge alla convinzione che la Biosfera, il mondo della vita, tenda alla coscienza, cioè si evolva verso la Noosfera, parola difficile che significa in sostanza «il mondo della coscienza». Ma ciò avviene senza che all’inizio esista un ordine precostituito (quanto siamo lontani, qui, dalla teoria nuova del «disegno intelligente»!).
La natura non è data una volta per tutte. L’evoluzione non segue una linea ben individuabile, si muove a tentoni, a strappi, a impennate inspiegabili. L’ordine è nel futuro, non nel passato: cioè va costruito. L’Universo si dipana nella libertà e nell’autonomia nutrite di relazioni. E sono precisamente questi valori di trasformazione che costituiscono il compito umano di «costruire la Terra costruire la natura». E Dio stesso è lì, nella trasformazione, non nella fissità.
Nello stesso periodo, anni 50, sosteneva cose simili Ernst Block, marxista antidogmatico ed eretico, perennemente in fuga da ogni regime, autore del Principio-speranza, dove scrive: «Quando si è sperimentata una volta la realtà come storia non è più possibile il ritorno alla fede astorica di ciò che sussiste e rimane in eterno. Dio: humanum futuro e non ancora raggiunto, “Deus absconditus”, Dio speranza». Il Dio creatore immobile, onnipotente ed eterno, è «la cifra assoluta dell’aggressività umana», dirà il teologo fiorentino Ernesto Balducci sulla scia di Teilard de Chardin e di Block.
Ritengo che si possano considerare queste intuizioni, condannate tutte come eretiche, quali profezie del traguardo raggiunto oggi dalla creazione della vita artificiale. Il tutto da avvicinare, con indispensabile senso critico e estrema cautela, come «segni dei tempi» capaci di orientare il cammino in questa buia notte di luna nuova.