IL DDL
Intercettazioni, multe ridotte agli editori
da lunedì battaglia in aula al Senato
Il tetto dei 465mila euro scenderebbe a 300mila. Salva-cronaca nella versione Bongiorno.
Il Pd: ritirino il ddl. Di Pietro: Napolitano tenga la schiena dritta
di LIANA MILELLA *
ROMA - Un passo concreto nella direzione degli editori è già deciso: non sarà più da 64.500 a 465mila euro la multa che li penalizza se un giornalista pubblica le intercettazioni, ma la sanzione calerà da 12.900 a 300mila euro. Il governo, il Guardasigilli Angelino Alfano, e la sua maggioranza, procedono nella retromarcia sulla riforma delle intercettazioni. Via il black out sulla stampa, addolcite le multe. Passato alle 3 di notte il testo in commissione Giustizia, dopo sei ore di scontro continuo con l’opposizione, adesso si lavora per uscire dal guado.
Al presidente del Senato Renato Schifani, per il secondo giorno consecutivo, spetta il ruolo di mediatore. In tre momenti. Durante la riunione dei capigruppo in cui, alla pretesa del governo di andare in aula già domani, Schifani spunta la data di lunedì 31. Pd, Idv e Udc protestano ugualmente, già ieri il Pd si preparava ad abbandonare i lavori, ma il rinvio del voto a stamattina ha fatto slittare anche la loro protesta. Poi Schifani telefona al segretario della Fnsi Franco Siddi e lo rassicura: "Dal Senato non uscirà una legge bavaglio. La data del 31 non va letta come un’accelerazione. In aula ci sarà tempo per discutere e trovare un punto di equilibrio".
Poi il presidente del Senato scende nella sala Garibaldi e ripete ai giornalisti il suo slogan del no al bavaglio. Nelle stesse ore, siamo a fine mattinata, avvengono altri due fatti: alla Camera Niccolò Ghedini, il consigliere giuridico di Berlusconi sulla giustizia, si reca dal presidente della Camera Gianfranco Fini per rassicurarlo sull’intenzione di ripristinare la formula salva-cronaca di Giulia Bongiorno sugli atti pubblicabili per riassunto. Chiosa il finiano Italo Bocchino che si tratta di "una scelta saggia".
Ma a Montecitorio esplode la collera del leader Idv Antonio Di Pietro che chiama in causa pesantemente il capo dello Stato: "Valuteremo con molta attenzione il suo comportamento. Non vogliamo tirarlo per la giacchetta, né renderlo corresponsabile, poiché questa legge criminogena è figlia solo di questo governo. Ma ci aspettiamo che il presidente tenga la schiena ben dritta, mai come in questo momento, a difesa della Costituzione e dell’articolo 21". Napolitano incontra Obama negli Usa e a chi glielo chiede risponde freddo: "Intercettazioni? Con lui non ne abbiamo parlato".
Al Senato va in collera Anna Finocchiaro. La capogruppo del Pd prende atto che il testo votato in commissione "è carta straccia", che si sono spese inutilmente 35 sedute, si dice certa che l’8 giugno verrà messa la fiducia. Dice il suo leader Bersani che si sta discutendo "della peggiore legge mai vista in una democrazia occidentale". Spetta al governo trovare la quadra, visto che già venerdì scade il termine per gli emendamenti. Si riuniscono, nello studio del capogruppo Pdl Maurizio Gasparri, il collega leghista Federico Bricolo, il ministro Alfano, il relatore Roberto Centaro, il presidente della commissione Filippo Berselli. Si decide che già oggi, in via Arenula, si chiuderà partita delle modifiche. E che sarà Centaro, e non Alfano, a firmare il nuovo testo per non addebitare al governo la brutta figura della retromarcia.
* la Repubblica, 26 maggio 2010