Nuove ragioni per resistere
di Concita De Gregorio (l’Unità, 10.06.2010)
Siccome diamo per scontato che il premier e i suoi consiglieri conoscano le date fondamentali della nostra storia (e diamo anche per scontato che il premier sia nel pieno possesso delle sue facoltà mentali), siamo obbligati a considerare non casuale la coincidenza tra il forsennato attacco alla Costituzione della Repubblica e il 70 ̊ anniversario della mussoliniana dichiarazione di guerra.
Anniversario a parte, le analogie sono tante. L’assoluta mancanza di rispetto per la Storia, la faciloneria nel liquidarne l’insegnamento. Il fastidio per le regole e l’illusione che un’ idea dissennata diventi sensata solo perché sostenuta da una maggioranza urlante. Il disprezzo per le giovani generazioni e per la loro formazione.
Grazie alla nostra Costituzione, che la guerra ripudia, non si possono più mandare i giovani al macello. Ma si possono distruggere le basi della loro formazione civile dileggiando la carta fondamentale. Che, come Silvio Berlusconi dovrebbe sapere, fu scritta facendo tesoro di quanto era accaduto dopo quel 10 giugno del 1940, perché non si ripetesse mai più.
Conosciamo troppo bene la dinamica servile che s’innesca in queste circostanze. Ci sarà chi dirà che il discorso di ieri del premier è stato “frainteso”. Ci sarà qualcuno dei suoi lautamente stipendiati intepreti autentici che irriderà il nostro disgusto. Lo sappiamo bene.
Ma è un motivo in più per andare avanti. Togliere significato alle parole o, peggio, conferire al leader una speciale immunità semantica (in aggiunta a quella giudiziaria) è un altro modo per fiaccare e avvilire una democrazia. Perché la democrazia si fonda sul confronto delle idee e sul rispetto. Altra categoria che il nostro premier ignora come dimostra l’incredibile notizia emersa ieri: fin dal 25 maggio il consiglio dei ministri aveva deciso di porre la fiducia sulla legge-bavaglio. È ora chiaro con qualche convinzione la maggioranza abbia in queste settimane dialogato con le opposizioni.
Ieri abbiamo dato notizia del boom di iscrizioni di giovanissimi all’Associazione nazionale partigiani. Prendono tutti la tessera da antifascista. L’aggettivo che il nostro premier non ha mai voluto pronunciare, ed è sempre più chiaro perché. Ecco un modo per rispondere e per cominciare a costruire un paese migliore. Con pacatezza, lucidità e coraggio cominciamo a pensarci tutti come moderni partigiani. La Resistenza non sia solo memoria del passato ma esercizio nel presente.
di Marcella Ciarnelli
L’originale della Carta è custodito nell’archivio di Palazzo Sant’Andrea, di fronte al Quirinale, che quell’archivio ha voluto. A pochi passi c’è la sede della Consulta. Rassicura che i massimi garanti della Costituzione pur con funzioni diverse, l’abbiano così vicina, quasi ad accudirla. A difenderne la concezione e il testo che scaturì dal dibattito e il confronto di forze diverse.
L’origine e il futuro. Le radici e la prospettiva. Con una capacità di accoglimento delle istanze e allo stesso tempo di anticipazione che ancora lascia sorpresi davanti all’incapacità di dialogo e di confronto che sembra caratterizzare l’attuale epoca politica nonostante sia evidente che per superare la crisi, lo ha ribadito ancora ieri il presidente Napolitano, sia più che mai necessaria “una comune progettualità sorretta da una coerente visione dell’interesse generale”. E, innanzitutto delle giovani generazioni. Un attacco non nuovo quello del premier. Già nel 2003, giusto per citare un episodio, si esibì, sempre davanti ad una platea di imprenditori, in una show smodato come quello di ieri sull’articolo 41. A quello per tutti gli altri che a suo parere lo imprigionano e lo condizionano. Ad un testo tutto che a seconda dei giorni definisce “cattocomunista” ma anche di “ispirazione sovietica”. Quindi “un inferno” per lui che per le regole non ha alcun rispetto.
Ma altri vigilano. Parlano per il Capo dello Stato e per tutti i garanti della Carta le parole dette in tante occasione. In particolare nel sessantesimo. “La nostra come ogni altra Costituzione democratica è legge fondamentale, architrave dell’ordinamento giuridico e dell’assetto istituzionale. E in quanto tale essa va applicata e rispettata”. Il punto fermo è di Giorgio Napolitano nell’intervento alla Biennale della democrazia, Torino, aprile 2009.