INTERCETTAZIONI
Calabrò: "Senza libertà di stampa non siamo cittadini ma sudditi"
L’intervento del presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. E Melanconico, presidente Fieg ribadisce: "Emendamenti al Ddl per riportare la normativa al rispetto del diritto di cronaca"
ROMA - "Senza libertà di informazione, non siamo cittadini ma siamo sudditi": lo sottolinea Corrado Calabrò, presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ospite del Premio Tropea nelle vesti di poeta.
Appellandosi all’articolo 21 della Costituzione, ai principi fondanti dell’Unione Europea e al Trattato di Lisbona, Calabrò torna sul dibattito di questi giorni sul ddl intercettazioni e parla anche dell’"esigenza di tutelare la dignità e la riservatezza" come diritto contrapposto a quello di informare e di essere informati, che però non deve mai consentire "di oscurare la mente". E cita "il pluralismo come valore prezioso, costituzionalmente garantito", che rappresenta un antidoto per tutelare "dalla possibile prevaricazione di certa stampa e dal rischio di appiattimento su un pensiero unico".
Dal canto suo, Carlo Melanconico, presidente della Federazione italiana degli Editori chiede di "riportare con gli emendamenti il ddl intercettazioni al rispetto del diritto di cronaca".
"Gli emendamenti al ddl intercettazioni presentati nelle ultime ore da diversi parlamentari, particolarmente dalla presidente Bongiorno ma anche da altri autorevoli componenti, di maggioranza e opposizione, della commissione Giustizia e da altri parlamentari ancora come l’on. Mazzucca - afferma Malinconico - contengono passi in avanti nella composizione tra tutela della privacy e garanzia del diritto di cronaca. Mi riferisco alla previsione di strumenti di filtro per eliminare all’origine le intercettazioni che attengono a fatti squisitamente privati. E agli emendamenti che limitano le sanzioni per la pubblicazione di intercettazioni non più segrete solo al caso di registrazioni delle quali il magistrato ha ordinato la distruzione. Per il resto - sottolinea ancora il presidente della Fieg - deve valere esclusivamente il rafforzamento degli strumenti, interni al processo, di prevenzione dell’uscita di documenti e non la compressione del diritto di cronaca quando le notizie sono già uscite. Vanno quindi semmai aggravate le responsabilità dei titolari degli uffici di Procura, degli investigatori e dei delegati alle intercettazioni, che allo stato attuale andrebbero esenti da sanzioni o verrebbero puniti con sanzione inferiore a quella inflitta ai giornalisti. Il che è paradossale".
La Fieg "è consapevole dei profili di ammissibilità che si pongono per taluni di questi emendamenti. Ma è anche consapevole che il problema è di condivisione politica del testo, sul quale auspica il maggior consenso possibile delle forze politiche, in considerazione della rilevanza costituzionale della materia. L’inammissibilità è uno strumento procedurale di disciplina dell’andamento dei lavori parlamentari, ma non esclude la possibilità che il Parlamento si riesprima nel merito. Ciò anche per evitare che le Camere siano costrette a reintervenire subito dopo, con una correzione del testo eventualmente appena approvato. Correzione che si renderebbe assolutamente necessaria - conclude Malinconico - se lo sbarramento a emendamenti di correzione in senso costituzionale del ddl venisse da profili solo procedurali. Ed è alla reale e sostanziale volontà delle forze politiche sul merito del provvedimento che la Fieg guarderà con la massima attenzione".
* la Repubblica, 18 luglio 2010