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LO STATO DEL FARAONE, LO STATO DI MINORITÀ, E IMMANUEL KANT "ALLA BERLINA" - DOPO AUSCHWITZ

"LEZIONE SU KANT" A GERUSALEMME: PARLA EICHMANN "PILATO", IL SUDDITO DELL’"IMPERATORE-DIO". Il ’sonnambulismo’ di Hannah Arendt prima e di Emil Fackenheim dopo. Alcuni appunti sul tema - di Federico La Sala

ADOLF EICHMANN CHIARISCE COME E’ DIVENUTO “ADOLF EICHMANN”, MA HANNAH ARENDT TESTIMONIA CONTRO SE STESSA E BANALIZZA: “IO PENSO VERAMENTE CHE EICHMANN FOSSE UN PAGLIACCIO”( ...)
lunedì 14 novembre 2011
[...] “(...) quella giornata fu indimenticabile per Eichmann. Benché egli avesse fatto del suo meglio per contribuire alla soluzione finale, fino ad allora aveva sempre nutrito qualche dubbio su “una soluzione cosí violenta e cruenta”. Ora questi dubbi furono fugati. “Qui, a questa conferenza, avevano parlato i personaggi piú illustri, i papi del Terzo Reich”. Ora egli vide con i propri occhi e udí con le proprie orecchie che non soltanto Hitler, non soltanto (...)

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> "LEZIONE SU KANT" A GERUSALEMME: PARLA EICHMANN "PILATO" -- Patria, partito e anfetamine. Norman Ohler rivela quanta parte avesse la chimica nel mito del vigore nazista.

mercoledì 19 ottobre 2016

La Germania drogata di Hitler

Patria, partito e anfetamine

Norman Ohler rivela quanta parte avesse la chimica nel mito del vigore nazista

di Mirella Serri (La Stampa, 18.10.2016)

Pezzi di cuore, di fegato e di pancreas di maiale, arricchiti con estrogeni e ormoni sintetici, furono frullati in unico composto. Il cocktail, confezionato peraltro in pessime condizioni igieniche, finì in vena al «paziente A» che accusava dissenteria, raffreddore, crampi intestinali: nell’agosto del 1941, nella Tana del Lupo nella buia foresta della Prussia orientale, il malato Adolf Hitler aveva bisogno di recuperare rapidamente le forze. Il composto funzionò, il Führer vispo e dinamico balzò dal letto per concertare l’avanzata in Russia. Ma poi di quel miscuglio dopante, progressivamente arricchito di circa ottanta sostanze diverse, non ne poté più fare a meno e, sempre più dipendente, passò al consumo dell’Eukodal, un derivato dell’oppio più potente della morfina e dell’eroina.

L’artefice del benessere drogato del Cancelliere fu il suo medico, Theodor Gilbert Morell: adesso, tramite i diari del dottore ritrovati insieme a una serie di documenti rintracciati in archivi tedeschi e americani, lo scrittore Norman Ohler ha ricostruito l’appassionante vicenda dei Tossici. L’arma segreta del Reich. La droga nella Germania nazista (Rizzoli pp. 383, € 22).

Già, proprio così: non solo il Capo tedesco fu addicted agli stupefacenti ma anche il suo potente esercito. Come dimostra Ohler, a favorire, la conquista della Polonia nel 1939 e la corsa trionfale dei panzer nel 1940 verso la Francia non fu la fiducia nel superuomo germanico ma l’assunzione del Pervitin.

Oggi il preparato a base di metanfetamina è comunemente chiamato «crystal meth» ed è considerato assai dannoso; allora lo sperimentarono anche gli scrittori Heinrich Böll, Gottfried Benn, Klaus Mann e Walter Benjamin. I soldati con la svastica dovettero il successo alla magica pillolina distribuita in dosi massicce dai comandanti e che permise loro di andare all’attacco senza mangiare né dormire per quattro giorni e quattro notti. La Wehrmacht, annota il saggista, fu il primo esercito al mondo a puntare su una droga chimica: in Germania in un giorno si producevano 833 mila compresse, l’esercito e la Luftwaffe ne richiesero in breve tempo 35 milioni di pezzi. Nel 1944, quando la guerra chiaramente era persa, marina, aviazione e milizie di terra ne ordinarono quattro milioni di confezioni

Nel Pervitin, però, come in tutti gli stupefacenti, si nascondeva una trappola micidiale: gli effetti si avvertirono durante le campagne di Russia e d’Africa quando i soldati del Reich furono affetti da psicosi, forme incontrollate di eccitazione, perdita delle forze. Anche Hitler non ne venne risparmiato: prendeva cento-centocinquanta pasticche alla settimana accompagnate da otto o dieci iniezioni di Eukodal, e subì i pesanti contraccolpi della sua dipendenza.

Dopo il fallito attentato di von Stauffenberg che, facendo scoppiare una bomba, gli perforò un timpano, cominciò a sniffare cocaina. Il cumulo di quegli eccitanti lo ridusse a una larva perennemente insonne, con le mani mosse da un tremito incontrollato e la bava alla bocca. La somministrazione delle medicine al Führer venne registrata giorno per giorno e ora per ora da Morrell il quale ci illumina così sulla dinamica di tante scelte militari e politiche.

Joseph Goebbels, per esempio, due giorni dopo l’8 settembre 1943 rilevava che il despota aveva dormito solo due ore a seguito dei drammatici avvenimenti che avevano portato all’armistizio dell’Italia con gli angloamericani. Eppure appariva fresco, di buon umore e riposato. Successivamente anche altri ministri e generali furono contagiati dal suo eccezionale ottimismo. Ugualmente entusiasti, nel drammatico autunno del 1943, furono i giovani ufficiali che lo incontrarono a Breslavia, esterrefatti dal suo pensiero così positivo. Si diffuse la convinzione che Hitler era tanto allegro e forte proprio perché era in possesso di un’arma miracolosa e segreta in grado di capovolgere le sorti dello scontro mondiale. Cos’era accaduto? Il medico, soprannominato dal morfinomane Hermann Göring «la prima siringa del Reich», aumentava continuamente le dosi di Eukodal.
-  Una notte di luglio del 1943 il Cancelliere si svegliò piegato in due dai dolori. Non aveva digerito, disse, gli involtini di spinaci e il formaggio della sera prima. Ma in realtà era preoccupato da quello che lo aspettava: a Feltre il giorno dopo doveva incontrare Mussolini che voleva sfilarsi dal conflitto dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia. Morrell - che peraltro aveva «in cura» anche il capo del governo italiano, Eva Braun, Leni Riefenstahl, Goebbels e tanti altri - ancora una volta lo rimise in sesto. E gli iniettò un altro sostegno per via intramuscolare poco prima della partenza all’aeroporto.

Come riferiscono tutti i testimoni, Hitler parlò per tre ore sovraeccitato mentre il leader del fascismo non apriva bocca e riceveva i dispacci che lo informavano del bombardamento su Roma. Alla fine il Duce, preso dalla stanchezza, cedette e Morrell scrive: «Il Führer sta bene... e ha dichiarato che il merito è tutto mio». Niente di più vero: la vicenda delle dittature e del secondo conflitto mondiale interpretata nell’ottica del consumo delle droghe è tutta un’altra storia. E chissà, forse, senza lo zelante dottor Morrell l’Italia ce l’avrebbe fatta anche a uscire dalla guerra.


Oppiacei e anfetamine, le armi segrete di Hitler

In un libro tutte le droghe del Reich: dal Führer ai soldati al fronte

I soldati al fronte assumono soprattutto la metanfetamina Pervitin, del tutto legale, che permette di combattere per giorni e notti

di Tonia Mastrobuoni *
-  Inviata a Berlino

«Ricordatevi di spedirmi tanto Pervitin, la prossima volta. Fa miracoli». Lettera dal fronte di uno dei più grandi scrittori tedeschi del Novecento: Heinrich Böll. Supplica la famiglia di mandargli «tanto» Pervitin. Niente di scandaloso: la metanfetamina va di moda, nella Germania nazista, soprattutto nelle trincee della Seconda guerra mondiale. Una droga travestita da farmaco che mantiene svegli ed euforici per ore e ore. L’ha sviluppata un medico, Fritz Hauschild, strabiliato dagli effetti delle benzedrine sugli atleti americani arrivati a Berlino nel 1936, per le Olimpiadi del Führer. Pazienza se questo micidiale «Crystal Meth» del Terzo Reich rende dipendenti e ha effetti devastanti: il Pervitin si diffonde rapidamente, nel regno degli «invincibili». Lo prendono sportivi, cantanti, studenti sotto esame. La fabbrica di Pervitin inventa addirittura il cioccolatino al Pervitin per allietare le casalinghe.

«La grande euforia»

Quando comincia la Seconda guerra mondiale, la droga si diffonde rapidamente tra i soldati della Wehrmacht. Tanto che l’autore di un libro appena uscito sull’argomento è convinto che abbia avuto un ruolo fondamentale non solo nel Blitzkrieg contro la Francia del 1940, ma anche nel comportamento di Adolf Hitler. «Medici e droghe spiegano molto della struttura interna del nazismo» sostiene Norman Ohler, autore di «Der totale Rausch» («La totale euforia»).

Per il capo dei medici del Reich, Otto Ranke, è «un farmaco militarmente prezioso!». Quando la Germania invade la Francia, Ranke non fa fatica a convincere i generali, tra cui Erwin Rommel, che guidano l’attacco a distribuire Pervitin tra i soldati. Rommel, l’abile generale passato poi alla storia come la «volpe del deserto», conosce il farmaco perché lo usa personalmente. L’attacco della Wehrmacht è notoriamente micidiale: i carri armati procedono a tutta velocità attraverso le Ardenne senza fermarsi mai, notte e giorno, in quattro giorni macinano centinaia di chilometri. A metà maggio del 1940 raggiungono e radono totalmente al suolo l’accampamento militare francese ad Avesnes. I soldati francesi sono sconvolti dallo stato si esaltazione dei loro nemici. Sono inarrestabili. È un blitzkrieg metanfetaminico.

Ma dopo il 1941, scrive Ohler, anche il Führer comincia ad assumere comportamenti che gli storici non sono mai riusciti del tutto a spiegare: Ohler è convinto che siano in parte attribuibili agli stupefacenti. Alla «Süddeutsche Zeitung» ha dichiarato che «ovviamente ciò non solleva minimamente Hitler dalle sue colpe». I risultati della ricerca sono impressionanti.

Metanfetamine, steroidi e altre sostanze vengono iniettate a Hitler 800 volte in 1349 giorni; prende 1100 pillole. Tanto che Hermann Göring soprannomina il medico personale del Führer, Theo Morell, «il maestro delle punture del Reich». Non senza una punta di sarcasmo: i fedelissimi del Führer non amano il suo medico, ne temono il potere. A quanto pare, a ragione. Nel 1945 Hitler è ormai un rottame: gli cascano i denti, poco prima della capitolazione, il 17 aprile, minaccia il medico di morte, mangia zucchero per superare le crisi di astinenza. Ma un episodio della sua tossicodipendenza ha anche segnato il destino dell’Italia.

Nell’estate del 1943, quando Benito Mussolini sembra voler mollare l’alleato tedesco, Hitler lo raggiunge in Italia. Arriva piegato in due dai mal di stomaco. Morell gli inetta un potentissimo oppioide, l’Eukodal. Il Führer si riprende in un battibaleno, diventa euforico, logorroico. Convince il duce a non mollare. La sera, Morell si appunta nel diario che il Führer ha detto che se Mussolini gli resterà fedele è merito suo. Il resto è storia.

* La Stampa, 09/09/2015 (ripresa parziale - senza foto).


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