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PRO PALESTINA. CONTRO IL BLOCCO E L’ASSEDIO DI GAZA....

ISRAELE ATTACCA LA FLOTTA UMANITARIA, "FREEDOM FLOTTILLA". Almeno quindici persone della flotta internazionale formata da sei imbarcazioni di attivisti pro-palestinesi che si dirigeva verso Gaza sono rimasti uccisi durante l’assalto di un commando.

La ’flottiglia’ organizzata da diverse Ong internazionali per portare aiuti umanitari nella striscia di Gaza, sfidando l’embargo imposto da Israele, era partita ieri pomeriggio da Cipro.
martedì 1 giugno 2010 di Federico La Sala
[...] ISRAELE E PALESTINA. "Lo stato ebraico" (Theodor Herzl, 1896). "Il nuovo ghetto": "Fuori dal ghetto"(Theodor Herzl, 1894)!!!
Freedom Flotilla: Israele, assalto alla nave dei pacifisti. Morti 19 attivisti. Una nota di Umberto De Giovannangeli
La psicosi dell’accerchiamento, il sentirsi perennemente in trincea, sta portando Israele ad un passo dal baratro, trasformandolo in un ghetto atomico in guerra contro tutto e tutti. Alla fine, anche contro se stesso. [...] (...)

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> ISRAELE ATTACCA LA FLOTTA UMANITARIA, "FREEDOM FLOTTILLA". --- Sale la tensione tra l’Onu e Israele. Documento delle Nazioni Unite: inchiesta e rilascio degli attivisti.

martedì 1 giugno 2010

Sale la tensione tra l’Onu e Israele

-  Documento delle Nazioni Unite:
-  inchiesta e rilascio degli attivisti.
-  Tel Aviv: una mossa precipitosa
*

GERUSALEMME Israele è nella bufera - sul fronte internazionale, ma anche su quello interno - dopo il cruento blitz di ieri contro la flottiglia di attivisti filo-palestinesi in navigazione verso la Striscia di Gaza, costato la vita ad almeno 9 militanti, perlopiù turchi.

Un’azione sulla quale il Consiglio di sicurezza dell’Onu - al termine di una riunione fiume non priva di schermaglie fra Turchia e Usa - ha intimato «un’indagine rapida, imparziale, autorevole e trasparente», condannando la perdita di vite umane. Il bilancio finale di parte israeliana dà conto di 9 morti e almeno 45 feriti fra gli attivisti della "Mavi Marmara" - la nave turca che era alla testa del convoglio di aiuti e che è stata teatro del bagno di sangue - oltre a sette militari. I reduci, dirottati ieri nel porto di Ashdod (a sud di Tel Aviv), sono stati separati fra loro, in regime di isolamento.

I feriti sono piantonati negli ospedali, mentre gli altri sono stati avviati all’espulsione: 48 hanno accettato di firmare il provvedimento amministrativo per un immediato rimpatrio di autorità, mentre altri 480 si sono rifiutati di farlo per protesta e sono ora in stato d’arresto in attesa di sentenze di espulsione dei tribunali previste nel giro di circa 72 ore. Gli italiani sono sei - Giuseppe Fallisi, Angela Lano, Marcello Faracci, Manolo Luppichini, Manuel Zani e Ismail Abdel-Rahim Qaraqe Awin (di ascendenze arabe) - e risultano tutti detenuti ora a Ber Sheeva (regione del Neghev), dove soltanto oggi hanno potuto incontrare i nostri rappresentanti consolari.

La Turchia intanto alza il tiro e chiede ad Obama di condannare formalmente il raid di Israele. «Devo essere franco, non sono molto contento della dichiarazione di Washington ieri: ci aspettiamo una condanna chiara», ha detto oggi il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu prima di incontrare il segretario di Stato americano Hillary Clinton. Ieri la Casa Bianca si era laconicamente rammaricata della «perdita di vite umane» nella «tragedia», indicando di voler lavorare per «chiarire le circostanze dell’incidente». Ankara ha spiegato poi che il blitz israeliano avrà un impatto a lungo termine sul processo di pace. «Come possiamo fidarci di avere una reale controparte che vuole la pace quando non rispettano i cittadini di un paese amico? - ha detto il ministro Davutoglu - Se non agiscono in modo positivo, come possiamo convincere la Siria o altri paesi nella regione che vogliono la pace?».

Da Tel Aviv, sede del dicastero della Difesa, il viceministro Matan Vilnai ha intanto avvertito che Israele non intende recedere dalle restrizioni imposte alla Striscia di Gaza fin dall’avvento al potere degli islamico-radicali di Hamas (nel 2007) e non consentirà neppure in futuro il passaggio di navi straniere cariche di aiuti o materiale. A dispetto delle critiche e delle accuse di queste ore, che non s’interrompono. Come conferma la risoluzione del Consiglio di Sicurezza (con annessa richiesta di rilascio immediato degli attivisti e di riconsegna dei cadaveri degli uccisi): imbarazzante per lo Stato ebraico, sebbene resa più sfumata nella versione finale dall’intervento americano. O ancora il coro di denunce che sale dall’Europa, oltre che dai Paesi musulmani, dai palestinesi e dagli arabo-israeliani chiamati oggi a una giornata di sciopero generale carica di tensione.

Intanto si muove la diplomazia dei paesi arabi. Il presidente egiziano Mubarak ha ordinato la riapertura del valico di Rafah con la Striscia di Gaza per permettere i passaggio degli aiuti umanitari. «La decisione - afferma l’agenzia si stampa Mena - è stata presa per alleviare la sofferenza dei palestinesi nella striscia di Gaza». Secondo quanto riportano le forze di sicurezza il valico ha riaperto alle ore 12.30 e non è stata data nessuna data per la chiusura. Fino a oggi il Cairo permetteva l’apertura del valico due giorni a settimana. Il valico di Rafah è l’unico punto di passaggio della Striscia di Gaza non controllato da Israele. La decisione del governo egiziano sarà operativa a partire dal pomeriggio. Nel 2007 l’attraversamento era stato chiuso dopo l’acquisizione di Hamas della Striscia di Gaza.

Il leader iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha colto a sua volta l’occasione per addossare a Israele l’intenzione di una nuova offensiva massiccia contro la Striscia di Gaza, dove frattanto, stamane, due palestinesi sono stati uccisi in un’ennesima sparatoria di confine. La stampa israeliana, dal canto suo, non manca di mettere oggi il governo di Benyamin Netanyahu e i vertici militari sul banco degli imputati. Molti giornali, come Yediot Ahronot, si concentrano sui presunti errori tecnici del blitz. Ma sulle colonne del progressista Haaretz compaiono anche dure condanne politiche, contenute in un editoriale che chiede apertamente un ripensamento del blocco di Gaza e in numerosi commenti al vetriolo: da quello dello scrittore e attivista di sinistra Yossi Sarid, che giunge a definire «sette idioti» i membri del gabinetto di sicurezza ristretto israeliano guidato da Netanyahu; a quello del più moderato Ari Shavit, di solito filo-governativo, che questa volta non solo punta l’indice contro i due ministri-ex capi di Stato maggiore Ehud Barak e Moshe Yaalon, ma avanza persino un mezzo paragone fra la strage della "Mavi Marmara" e lo storico episodio della nave "Exodus", carica di profughi ebrei, respinta senza pietà dalla marina inglese nel 19 47 in quello che oggi è ricordato come l’inizio della fine del mandato britannico sulla Palestina.

* La Stampa, 01.06.2010.


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