PSICOANALISI ARTE E INTERPRETAZIONE DEI SOGNI (1899):
IL PROGRAMMA (PERSONALE E POLITICO) DI FREUD DI RIPENSARE L’EDIPO COMPLETO E LA DIFFICOLTA’ PRINCIPALE AFFRONTATA NEL SUO "MOSAICO" PERCORSO ...
"SUL ’VOLTO CORNUTO’ DI MOSÈ". Nel commentare il "Mosè" (1513-1515) di Michelangelo (Roma, San Pietro in Vincoli), Flavio Piero Cuniberto, dati alcuni lodevoli chiarimenti filologici sugli equivoci di una "lunga tradizione figurativa", indotti da problemi di traduzione dall’ebraico al latino, "sul ’volto cornuto’ di Mosè", così conclude: "Ma ancora più incomprensibile è che Sigmund Freud, nel suo ampio saggio sul Mosè di Michelangelo ([1913] in Id., Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, 2 voll., Boringhieri 1969, vol.1, pp.183-213) concentri tutta la sua radiografica attenzione sulla postura contratta della mano che stringe nervosa le tavole della Legge, fino a sfiorare la barba, e sull’espressione del volto, ignorando completamente il motivo della «facies cornuta»: proprio lui, vittima forse di un lapsus freudiano tra i più perfidi." (Flavio Piero Cuniberto). *
"SAPERE AUDE!" (KANT (1784): IL PROBLEMA DEL RINASCERE E DELL’APRIRE GLI OCCHI DINANZI A "DIO" ("AMORE"). RICORDANDO CHE FREUD ha iniziato la sua discesa regno di Ade, agli inferi (nel mondo dei "sogni"), con Virgilio (e l’Eneide) e, in particolare, in sintonia (non con lo spirito di #Afrodite/Venere e di #Eros/Cupìdo ma) con lo spirito di Era/Giunone - l’aiuto della Madre, di cui richiama le parole, polemiche contro lo stesso Zeus /Giove - lo spirito del Padre: "Flectere si nequeo Superos", Acheronta movebo"), forse, è bene richiamare l’attenzione su uno dei primi fondamentali passi "edipici" del giovane "Freud-Mosè" sulla strada della conoscenza e dell’uscita dallo "stato di minorità" (Kant, 1784):
"La notte prima del funerale di mio padre sognai una tabella a stampa, un manifesto o un affisso - pressappoco come i cartelli:
"Vietato fumare" nelle sale d’aspetto delle ferrovie - su cui si leggeva:
Si prega di chiudere gli occhi
oppure
Si prega di chiudere un occhio,
alternativa che sono abituato a raffigurare nella forma seguente:
gli
Si prega di chiudere occhi(o).
un
Ciascuna delle due versioni ha un suo significato particolare e nell’interpretazione del sogno conduce a vie particolari. Avevo scelto il cerimoniale più semplice, perché sapevo che cosa pensasse il morto di tali manifestazioni; ma altri membri della famiglia non erano d’accordo; ritenevano che saremmo stati costretti a vergognarci di fronte agli intervenuti alla cerimonia. Perciò una versione del sogno chiede di "chiudere un occhio" vale a dire di usare indulgenza. " (S. Freud, "L’Interpretazione dei sogni", cap. 6, pf. C).
ONORARE IL PADRE E LA MADRE. Sul "Si prega di chiudere gli occhi", nella lettera a Fliess del 2 novembre 1896, Freud scrive che la formulazione della frase è "a doppio senso e significa in ambedue i casi: bisogna adempiere al proprio dovere verso i morti", in particolare, il dovere chiudere gli occhi al defunto. Nella "Interpretazione dei sogni", tuttavia, Freud "tace": guardare negli occhi il proprio padre Jacob (morto) e, addirittura, chiuderglieli, per l’ Edipo re, evidentemente, è una missione "impossibile".
USCIRE DALL’ INFERNO E APRIRE GLI OCCHI. L’ anno «prima di morire, il 12 maggio 1938, mentre fuggiva da Vienna a Londra per evitare i nazisti, scrisse al figlio Ernst: "Talvolta mi paragono a Giacobbe [così si chiamava il padre] che i suoi figli, quando era già vecchio, portarono in Egitto» (J. J. Spector, "L’estetica di Freud", Mursia, Milano 1972).
LONDRA. Sigmund Freud muore il 23 settembre 1939: "L’uomo Mosè e la religione monoteistica" è stato pubblicato ad Amsterdam l’anno prima, nell’autunno del 1938 (con la data: 1939).
Federico La Sala
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"SUL ’VOLTO CORNUTO’ DI MOSÈ:
(Ringraziando Consuela Ionitoae per la magnifica fotografia)
Michelangelo, Mosé, 1513-1515; Roma, San Pietro in Vincoli.
Così la Vulgata traduce il passo dell’Esodo su Mosé, che scende dal Sinai non sapendo «quod cornuta esset facies sua» («khi qaran ‘or panaw» [Es 34,30], «che il suo volto [emanava] un raggio di luce»); e di qui, dalla Vulgata presa alla lettera, la tradizione figurativa di un Mosé cornuto e anzi «bicornis» (perché in genere gli animali dotati di corna ne hanno due; -> nei commenti).
E’ difficile pensare a una svista da parte di Girolamo, profondo conoscitore dell’ebraico: del resto, l’aggettivo «cornutus» (di cui è misterioso il capovolgimento semantico nel linguaggio popolare) non suggerisce affatto che le «corna» siano due, né esclude che Girolamo fosse consapevole di alludere a un «corno di luce».
In effetti, il testo ebraico usa un termine (*QRN), che può significare «corno» o anche «raggio», tenendo presente che i due significati possono convergere nel senso di un raggio-protuberanza-luminosa: in forma di «corno» luminoso che «cresce» sulla testa di Mosé.
(Tra l’altro, è molto notevole l’affinità tra questo «corno luminoso» e la protuberanza cranica detta usnisa, presente nelle raffigurazioni del Buddha e segno di «illuminazione»: -> nei commenti).
Questa valenza del «corno» come segno fisico di uno stato spirituale «elevato» o illuminato è attestatissima nelle Scritture: nei Salmi ad esempio (Ps 92, 11: «et elevasti sicut unicornis cornu meum», al singolare ovviamente), fino al Cantico di Zaccaria nel primo capitolo di Luca («et erexit cornu salutis nobis» [Lc 1,69]).
Per vie che non è possibile esplorare qui, anche la semantica latina di CORNU (*CRN) risulta non lontana dall’ebraico (*QRN): il «corno» essendo indiscutibilmente «ciò che cresce» sulla testa dell’animale e che nell’animale giovane «spunta» (come si dice dei primi raggi di sole, che «spuntano» a Oriente, o dei «cornini» di una lumaca, o di un germoglio che «spunta» sul ramo di un albero). *CR è la radice, non a caso, della «cr-escita», come anche di «cr-e-o/cr-e-are», nelle lingue neolatine e anche germaniche, dove il tedesco Korn [*KR] è il «grano» o il «chicco di grano» destinato alla crescita; e così il greco *KR, come in KRonos, dio delle messi e dell’abbondanza, come nel «corno dell’abbondanza» o «cornucopia», che è però termine latino.
Tornando allora a San Pietro in Vincoli: Michelangelo si attiene qui alla lunga tradizione figurativa, che ancora Gustave Doré riprenderà, adottando la soluzione «ecumenica» del doppio raggio di luce (-> nei commenti). Tradizione che nella materialità del marmo risulta decisamente letterale o letteralizzata.
Ma ancora più incomprensibile è che Sigmund Freud, nel suo ampio saggio sul Mosé di Michelangelo ([1913] in Id., Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, 2 voll., Boringhieri 1969, vol.1, pp.183-213) concentri tutta la sua radiografica attenzione sulla postura contratta della mano che stringe nervosa le tavole della Legge, fino a sfiorare la barba, e sull’espressione del volto, ignorando completamente il motivo della «facies cornuta»: proprio lui, vittima forse di un lapsus freudiano tra i più perfidi.
Flavio Piero Cuniberto (Facebook)