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EBRAISMO E DEMOCRAZIA. PER LA PACE E PER IL DIALOGO, QUELLO VERO, PER "NEGARE A HITLER LA VITTORIA POSTUMA" (Emil L. Fackenheim, "Tiqqun. Riparare il mondo")

ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO DI ADOLF EICHMANN. FARE CHIAREZZA: RESTITUIRE L’ONORE A KANT E RICONCILIARSI CON FREUD. Alcune note - di Federico La Sala

A EMIL L. FACKENHEIM. (...) il merito di aver ri-proposto la domanda decisiva: “come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?”
sabato 2 agosto 2014
[...] La prima volta che Eichmann mostrò di rendersi vagamente conto che il suo caso era un po’ diverso da quello del soldato che esegue ordini criminosi per natura e per intenti, fu durante l’istruttoria, quando improvvisamente dichiarò con gran foga di aver sempre vissuto secondo i principî dell’etica kantiana, e in particolare conformemente a una definizione kantiana del dovere.
L’affermazione era veramente enorme, e anche incomprensibile, poiché l’etica di Kant si fonda soprattutto (...)

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> ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO --- Uri Avnery: "il nostro è uno Stato fondato sull’apartheid: un apartheid totale nei territori occupati e una apartheid crescente in Israele. Continuando così diventerà un regime di apartheid in tutto il territorio” (di Robert Fisk - Intervista).

domenica 25 novembre 2012

Uri Avnery

Il combattente della pace contro l’ “apartheid israeliano”

Pace e terra. Uri Avnery chiede chiedere uno Stato palestinese entro i vecchi confini del 1967

di Robert Fisk (il Fatto e The Independent 25.11.12)

      • © The Independent Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

Uri Avnery ha 89 anni, è un personaggio leggendario ed è ancora un combattente. Il famoso scrittore, pacifista e uomo politico di sinistra è tra i pochi che continua a chiedere con insistenza la pace con i palestinesi, con Hamas e uno Stato palestinese entro i vecchi confini del 1967. Avnery è più che mai convinto che Israele potrebbe firmare un trattato di pace domani o la prossima settimana. “È questa la disgrazia di essere un inguaribile ottimista”, commenta.

A guardarlo non è cambiato affatto da quando l’ho visto l’ultima volta, una trentina di anni, fa impegnato a giocare a scacchi con Yasser Arafat in mezzo alle rovine di Beirut. Oggi ha i capelli e la barba bianchi ma conserva la rabbia e il senso dell’umorismo di sempre.

Chiedo che stanno facendo Benjamin Netanyahu e il governo e quale era lo scopo di questo attacco a Gaza?

“Parti dal presupposto che sappiano quello che fanno e che vogliano la pace. Partendo da questo presupposto la loro politica appare stupida o folle. Ma se parti dal presupposto che a loro la pace non interessa affatto e che vogliono uno Stato ebraico che vada dal Mediterraneo al fiume Giordano, allora quel che fanno acquista un senso e diventa comprensibile. Il guaio è che ciò che fanno ci sta portando in un vicolo cieco. Abbiamo già uno Stato in tutta la Palestina storica: per tre quarti è lo Stato ebraico di Israele, per un quarto è costituito dai territori occupati della Cisgiordania e della Striscia di Gaza”.

Uri Avnery parla scandendo le parole e con estrema chiarezza e lucidità.

“Se annettessero la Cisgiordania come hanno annesso Gerusalemme est, il risultato sarebbe più o meno lo stesso”, aggiunge. “Il problema è che nel territorio attualmente sotto la dominazione israeliana la popolazione è costituita per il 49% da ebrei e per il 51% da arabi. Lo squilibrio demografico è fatalmente destinato ad aumentare a favore degli arabi. Il problema è che al momento il nostro è uno Stato fondato sull’apartheid: un apartheid totale nei territori occupati e una apartheid crescente in Israele. Continuando così diventerà un regime di apartheid in tutto il territorio”.

Il ragionamento di Avnery è chiaro.

“Se agli arabi fossero concessi i diritti civili e politici, alla Knesset ci sarebbe una maggioranza araba che per prima cosa cambierebbe il nome del paese da Israele in Palestina. Certo nel 21° secolo la pulizia etnica di massa è impensabile. Ma la demografia è un dato di fatto”. Ma non si parla in Israele di questo tema? “No, c’è una sorta di rimozione collettiva. Nessun partito politico parla di questo problema e la parola “pace” non compare in alcun programma elettorale, forse con la parziale eccezione di Meretz”.

E LA SINISTRA ISRAELIANA?

“Sta in ibernazione. È stata uccisa da Ehud Barak nel 2000. Barak tornò da Camp David e ci raccontò che lui era il solo che voleva la pace, ma che non avevamo un interlocutore. Questo fu il colpo mortale. A dire queste parole non è stato Netanyahu, ma il leader del Partito Laburista. E così è morto il movimento Peace Now”.

Scuote la testa, riflette un attimo poi riprende a parlare riuscendo miracolosamente a recuperare un po’ del suo ottimismo: “quando nel 1982 incontrai Arafat le condizioni c’erano già tutte. La situazione oggi non è cambiata: uno Stato palestinese con la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e Gerusalemme est come capitale accanto a uno Stato israeliano. Qualche piccola concessione territoriale e una soluzione simbolica al problema dei profughi. Ma questa soluzione - che è già matura da 30 anni - sta appassendo come un fiore come un fiore lasciato in un vaso senza acqua. È vero che abbiamo lasciato Gaza, ma solo per tenerci ben stretta la Cisgiordania”.

Avnery è convinto che Hamas accetterebbe queste condizioni.

“Quando nel 1993 ne parlai, in ebraico, nel corso di una conferenza a Gaza davanti a 500 esponenti dell’ala più radicale di Hamas, venni applaudito e invitato a pranzo”. Gli ricordo che lo statuto di Hamas non prevede la possibilità di una pace con Israele. “Parole, solo parole. Se si firmasse una tregua della durata di 50 anni andrebbe benissimo, al di là delle parole”.

Un’ultima cosa: come mai non c’è stata la temuta invasione di terra?

“Dobbiamo ringraziare e santificare Goldstone. È stato il suo rapporto sui crimini commessi a Gaza durante l’Operazione piombo fuso del 2008-2009 a dissuadere gli israeliani dall’invadere la Striscia”. Sono in molti in Israele ad augurarsi che Avnery viva ancora a lungo.


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