Israele "trattiene" le tasse dei palestinesi.
Ue a Netanyahu: "Stop a nuovi insediamenti"
La ritorsione del governo di Tel Aviv che respinge la decisione dell’Onu sul riconoscimento dello stato palestinese. I fondi dovevano essere girati all’Anp in base agli accordi di Parigi. Il premier insiste: "Continueremo a costruire ovunque ci siano nostri interessi strategici in ballo". Mazen: "Nei prossimi giorni verranno fatti dei passi per la riunificazione di tutte le altre fazioni fazioni palestinesi" *
GERUSALEMME - Il governo israeliano all’unanimità ha respinto la risoluzione approvata dall’Onu che accredita la Palestina come Stato-non membro dell’organizzazione. In una nota ufficiale, il governo - che si è riunito oggi a Gerusalemme - sostiene che "il popolo ebraico ha un naturale, storico e legale diritto nei confronti della sua terra natale e di Gerusalemme come sua capitale. La risoluzione non servirà come base per futuri negoziati né fornisce una via per una soluzione pacifica".
La rappresaglia. Non è l’unica decisione destinata a pesare sulla tregua e in generale sui rapporti fra Israele e il governo palestinese. Per rappresaglia rispetto alla decisione dell’Assemblea generale dell’Onu, Tel Aviv infatti ha annunciato il blocco del trasferimento delle tasse raccolte da Israele per l’Autorità nazionale palestinese. Si tratta di 460 milioni di shekels (circa 92 milioni di euro), che dovevano essere trasferiti questo mese all’Anp. La risoluzione è stata approvata dalla riunione domenicale del governo israeliano, che ha inoltre precisato che non avvierà nessun negoziato sulla base del riconoscimento dei territori di Cisgiordania, Gerusalemme Est e Striscia di Gaza in un unico stato palestinese.
Ogni mese, sulla base dei Protocolli stabiliti a Parigi nel 1994, Israele trasferisce decine di milioni di euro derivanti dalle tasse destinate ai mercati palestinesi e fatte passare dai porti israeliani. Il ministro delle finanze israeliano, Yuval Steinitz, ha spiegato invece che il governo utilizzerà gli introiti della nuova tassa per pagare il debito degli stessi palestinesi con Israel Electric Corp., per le forniture di energia, ed altri organismi israeliani.
Si tratta del secondo atto di rappresaglia, dopo l’annuncio della costruzione di tremila nuove case negli insediamenti dei coloni. Su questo punto è tornato oggi il premier Benyamin Netanyahu, rincarando la dose: "Israele continuerà a costruire a Gerusalemme - ha detto il premier - e in ogni luogo della mappa degli interessi strategici dello stato di Israele". Secondo l’agenzia Ynet, Netanyahu ha anche sottolineato che "la mossa unilaterale dell’Autorità palestinese all’Onu è un’impudente violazione degli accordi firmati": "Uno stato palestinese - afferma il capo del governo - non sarà stabilito senza un connesso accordo sulla sicurezza dei cittadini israeliani e prima che l’Autorità palestinese riconosca Israele come stato del popolo ebraico e dichiari la fine del conflitto".
Mazen: "Riconciliare le fazioni palestinesi". In un clima sempre più teso, Abu Mazen ricorda quanto sia necessaria una riconciliazione nazionale. "La riconciliazione nazionale è necessaria per raggiungere la liberazione dell’occupazione israeliana", ha detto Mazen nel suo discorso alla folla davanti la Muqata. "Nei prossimi giorni - ha aggiunto - verranno fatti dei passi per la riunificazione di tutte le altre fazioni fazioni palestinesi".
Intanto l’annuncio dei nuovi insediamenti nei Territori ha provocato reazioni preoccupate da parte della comunità internazionale. Il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha esortato Israele a retrocedere dai suoi piani per la costruzione di 3.000 nuovi alloggi a Gerusalemme Est e in Cisgiordania, in quanto rappresentano un "ostacolo alla pace". "L’Ue ha ripetutamente affermato che l’espansione degli insediamenti è illegale secondo il diritto internazionale", ha detto Ashton che ha chiesto al governo israeliano di "mostrare il suo impegno per una ripresa dei negoziati di pace non perseguendo questo progetto".
L’annuncio dei nuovi alloggi negli insediamenti è "uno schiaffo in faccia" al presidente americano Barack Obama. Lo ha detto l’ex primo ministro israeliano Ehud Olmert, parlando a Washington al Saban Forum, un centro di dibattito sul Medio Oriente. Olmert ha affermato che il governo americano ha dato prova di amicizia a Israele votando contro il riconoscimento della Palestina. E Israele ha mostrato la sua "gratitudine" a Obama con lo "schiaffo" dei nuovi insediamenti.
* la Repubblica, 02 dicembre 2012