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EBRAISMO E DEMOCRAZIA. PER LA PACE E PER IL DIALOGO, QUELLO VERO, PER "NEGARE A HITLER LA VITTORIA POSTUMA" (Emil L. Fackenheim, "Tiqqun. Riparare il mondo")

ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO DI ADOLF EICHMANN. FARE CHIAREZZA: RESTITUIRE L’ONORE A KANT E RICONCILIARSI CON FREUD. Alcune note - di Federico La Sala

A EMIL L. FACKENHEIM. (...) il merito di aver ri-proposto la domanda decisiva: “come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?”
sabato 2 agosto 2014
[...] La prima volta che Eichmann mostrò di rendersi vagamente conto che il suo caso era un po’ diverso da quello del soldato che esegue ordini criminosi per natura e per intenti, fu durante l’istruttoria, quando improvvisamente dichiarò con gran foga di aver sempre vissuto secondo i principî dell’etica kantiana, e in particolare conformemente a una definizione kantiana del dovere.
L’affermazione era veramente enorme, e anche incomprensibile, poiché l’etica di Kant si fonda soprattutto (...)

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> ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO --- IL MURO DEL PIANTO E LA PREGHIERA DI UOMINI E DONNE. Dietro lo scontro culturale la lotta fra due idee di Israele.

sabato 11 maggio 2013

Vincono le donne del Muro: preghiere sotto scorta

di U.D.G. (l’Unità, 11.05.2013)

Donne contro al «Muro della discordia». Diverse centinaia di donne ebree «haredi» (timorate) hanno manifestato ieri davanti al Muro del Pianto per impedire alle «Donne del Muro» di pregare come gli uomini, così come previsto da una decisione di una Corte di Gerusalemme. Secondo i media, le fedeli ortodosse che hanno risposto all’appello diffuso dai rabbini della congregazione come Ovadia Yosefa e altri hanno lanciato spazzatura e acqua contro le donne emancipate intenzionate ad avvicinarsi al Muro per pregare indossando indumenti sacri riservati dalla tradizione ai maschi. È intervenuta la polizia per dividere i due gruppi e si sono verificati alcuni scontri. I rabbini del movimento riformato, del quale fanno parte «Le Donne del Muro» hanno sostenuto che i rabbini ortodossi nonostante questi avessero chiesto una protesta senza alcuna violenza con i fatti avvenuti ieri hanno «dissacrato la santità del posto».

SFIDA LAICA

Le femministe hanno cercato di avvicinarsi al luogo più sacro dell’ebraismo: chiedono di poter pregare come gli uomini, indossando i tallit (lo scialle da preghiera), i tefillin (scatolette di cuoio legate con le cinghie, contengono versetti sacri) e di poter recitare la Torah ad alta voce (t’fila in ebraico vuol dire preghiera). Sono le quattro «T» simbolo della protesta che gli haredim leggono come una sola parola: tradimento dell’ortodossia.

Secondo il portavoce della polizia Micky Rosenfeld, mille ultraortodossi sono stati allontanati dalla manifestazione delle «Women of the Wall», che ogni mese si danno appuntamento al Kotel (Muro del Pianto o Muro occidentale) per la rituale preghiera, ma questa volta legalmente. Gli ultraortodossi hanno tentato di forzare il passaggio, alcuni insultando i poliziotti, altri attaccando le attiviste. I dimostranti hanno lanciato bottiglie d’acqua, sacchi di immondizia, sedie di plastica o uova, sia sugli agenti, che sulle donne. La polizia ha arrestato cinque ultraortodossi con l’accusa di aver creato «disordine pubblico».

Ad aprile, un tribunale ha concesso alle donne di pregare davanti al Muro e di indossare il talled, uno scialle riservato agli uomini. Circa 400 le attiviste che si sono presentate ieri: «Siamo orgogliose e felici di avere pregato in tutta libertà e in pace», ha spiegato una responsabile, ringraziando la polizia per l’aiuto.

«È un momento storico», afferma una portavoce delle Donne del Muro, Shira Pruce, aggiungendo che «la polizia ha fatto un lavoro meraviglioso proteggendo le donne per permettere loro di pregare liberamente al Muro occidentale. Questa è la giustizia». La polizia, ha riferito la portavoce, ha poi accompagnato le donne in autobus, i quali sono stati colpiti con pietre da manifestanti mentre stavano lasciando la Città vecchia di Gerusalemme.

Shmuel Rabinowitz, un rabbino che in passato aveva definito le iniziative delle donne come «una provocazione», ha cercato di allentare le tensioni. «Nessuno in Israele vuole che ci sia una disputa al Muro occidentale», ha detto in un’intervista alla radio dell’esercito.

Il Muro, il luogo più sacro dell’ebraismo, è attualmente diviso in sezioni separate per uomini e donne. Ad aprile le autorità israeliane avevano proposto di creare una nuova sezione, in cui uomini e donne potrebbero pregare insieme. La proposta dovrà essere approvata dal governo.


Dietro lo scontro culturale la lotta fra due idee di Israele

I “fondamentalisti della Torah” fuori dal governo per la prima volta da 30 anni

di Francesca Paci (La Stampa, 11.05.2013)

      • Il ruolo della donna è regolato dalla «Tzanua» il concetto di modestia nei costumi
        -  Il gruppo delle «Donne del Muro» durante la preghiera al Muro del Pianto
        -  Si ispirano a un ebraismo «liberal» che si è sviluppano specie negli Stati Uniti
        -  Gli ortodossi sono solo il 10% ma vorrebbero imporre norme come i posti separati sui bus

Farà prima Natan Sharansky a sintonizzare le preghiere delle Women of the Wall sulle frequenze dei rabbini ultraortodossi o Tzipi Livni a rilanciare il dialogo con i palestinesi? I bookmakers israeliani puntano sulla ministra della giustizia, perché delle due mission impossible del premier Netanyahu quella assegnata al presidente dell’Agenzia ebraica tira in ballo equilibri precari assai precedenti al 1948.

La battaglia per il Muro del Pianto racconta lo scontro più ampio in corso tra la Start Up Nation proiettata verso il futuro e gli haredim, i fondamentalisti della Torah, che pur rappresentando solo il 10% della popolazione partecipano da trent’anni alle coalizioni di governo assicurandosi una buona fetta del budget tra esonero dalla leva e scuole religiose. Ma se la maggioranza degli israeliani affronta il ruolo politico di Dio al momento del voto, che quest’anno si è risolto in una disfatta per i rabbini massimalisti rimasti fuori dal gabinetto, le Women of the Wall preferiscono la prima linea, il mitico Tempio di Gerusalemme, quella porta del cielo così angusta per loro nonostante l’ebraismo sia una religione che si trasmette di madre in figlio.

La bestia nera dell’emancipazione femminile si chiama Tzanua (che in ebraico sta per modestia), un dogma più che un’auspicata virtù muliebre impresso sui cartelli intimidatori agli incroci di Mea Shearim, enclave ultraortodossa di Gerusalemme. Regola numero uno vestire di scuro, bandire i pantaloni (fascianti) e le maglie col collo a V (rivelatrici di sinuose profondità), indicare il proprio status di maritata coprendo i capelli (con cappello, foulard o parrucca) indossare calze spesse e, a voler strafare, privilegiare le scarpe chiuse. E pazienza se il lungo mare dell’iper liberale Tel Aviv pullula di bikini essenziali come neppure Copacabana: anche lì, dove coppie di militari omosessuali si abbracciano tenendo il mitra in spalla, s’è fatta spazio una spiaggia per religiosi doc con una staccionata protettiva intorno e le bagnanti rilassate nei loro austeri costumi-abiti, castigati al pari dei burqini islamici ma realizzati in sottili tessuti high tech a prova di annegamento.

Anche i rabbini più oltranzisti ammettono che alcuni divieti sono presi forse un po’ troppo alla lettera, specialmente in un paese futurista al punto che non riesce più a chiamare un taxi senza l’applicazione iPhone. L’integerrimo Moshe Feinstein per esempio, ha sempre esecrato ogni promiscuità tra i sessi (compresa la stretta di mano) facendo eccezione però per i luoghi di lavoro, i treni o l’affollatissima metropolitana di New York, situazioni limite perché considerate «contatto fisico non intenzionale».

Ciò non ha impedito che una decina di anni fa una compagnia di trasporti privata di Tel Aviv inaugurasse gli autobus con i posti separati nel sobborgo ultraortodosso di B’nai Brak mettendo il governo di fronte al fatto compiuto e le donne ribelli come la soldatessa diciottenne Doron Matalon alla stregua di una Rosa Parks israeliana costretta ad appellarsi alla Corte Suprema. Da allora si sono moltiplicate le proteste ma anche i pullman della discordia e i marciapiedi per soli uomini.

Il problema, come provano le ambizioni «ecclesiastiche» delle Women of the Wall (che vorrebbero pregare più devotamente), non è la religione di per se ma le consuetudini religiose. Soprattutto quando il brand «modestia», come qualsiasi brand identitario nell’indistinta era global, può diventare un business. «Gli autobus separati sono una grandiosa opportunità di fare soldi con gli haredim» racconta la scrittrice ebrea ortodossa Naomi Ragen, riferendo proprio la riflessione di un haredim. Basta vedere la quantità di siti che commercializzano casti abiti femminili khoser ( o quelli per single osservanti).

L’ultima parola? La sfida è donna, al Muro del Pianto come nelle cabine del Ye’elat Chen Salon, dove, in un sottoscala a dir poco nascosto, le gerosolimitane più ortodosse (e le musulmane che discretamente arrivano dalla zona araba della città) si fanno belle per il marito ma soprattutto per loro stesse.


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