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EBRAISMO E DEMOCRAZIA. PER LA PACE E PER IL DIALOGO, QUELLO VERO, PER "NEGARE A HITLER LA VITTORIA POSTUMA" (Emil L. Fackenheim, "Tiqqun. Riparare il mondo")

ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO DI ADOLF EICHMANN. FARE CHIAREZZA: RESTITUIRE L’ONORE A KANT E RICONCILIARSI CON FREUD. Alcune note - di Federico La Sala

A EMIL L. FACKENHEIM. (...) il merito di aver ri-proposto la domanda decisiva: “come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?”
sabato 2 agosto 2014
[...] La prima volta che Eichmann mostrò di rendersi vagamente conto che il suo caso era un po’ diverso da quello del soldato che esegue ordini criminosi per natura e per intenti, fu durante l’istruttoria, quando improvvisamente dichiarò con gran foga di aver sempre vissuto secondo i principî dell’etica kantiana, e in particolare conformemente a una definizione kantiana del dovere.
L’affermazione era veramente enorme, e anche incomprensibile, poiché l’etica di Kant si fonda soprattutto (...)

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> ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO. RESTITUIRE L’ONORE A KANT E RICONCILIARSI CON FREUD --- NEL NOME DI MOSE’ (di Roberto Saviano).

domenica 7 maggio 2017


Nel nome di Mosé

È un prete, vive in Svizzera e lo chiamano così. Ogni giorno divide le acque per i rifugiati. Salvando vite. E invitandoci a restare umani

      • Padre Mussie Zerai

Ascoltare parole e approfondire. Non lasciarle macinare dal vortice. Nella trama delle parole scelte c’è l’interpretazione del mondo stesso. Quando il vicepresidente della Camera ha usato la parola “taxi” riferita alle imbarcazioni che salvano vite, ha descritto con una parola che sa di comodità una situazione di disperazione.

Poi ha cercato di recuperare distinguendo tra «ong buone e ong cattive». E poi la frase di rito, facile da dire e facile da applaudire: «Che la magistratura faccia il suo corso», pietra tombale su ogni ragionamento. Lo scopo è stato raggiunto e le ong diventano “complici” di malviventi difficilmente identificabili (un capro espiatorio serve e da qualche parte va trovato). Le espressioni da cui vengono accompagnate ormai sono: «improvvisamente proliferate», «finanziate da chi ha interesse a destabilizzare l’Europa» e a usarle è chi sa che non sono proliferate all’improvviso e che sono altri i fattori che destabilizzano l’Europa. Ad esempio la crisi economica, che non è scaturita dall’arrivo di migranti. Ma quanto è più facile dire: state male perché siete invasi, piuttosto che: continuate a stare male perché il nuovo che avanza è uguale al vecchio. Dietro le polemiche sulle ong nessuna volontà di fare chiarezza, ma solo razzismo, quello acchiappavoti e quello di chi ha completamente abdicato al ragionamento.

Vi racconto la storia di un uomo che dal 2003 salva vite. È un prete cattolico di origini eritree che oggi vive in Svizzera. Si chiama Mussie Zerai: Mosé lo chiamano i migranti, perché in qualche modo divide le acque per far arrivare i naufraghi sulla terraferma. Nel 2003 Gabriele Del Grande gli chiese di tradurre le testimonianze di alcuni rifugiati eritrei che erano in un centro di detenzione in Libia dopo aver tentato di migrare verso l’Europa.

Padre Zerai rimase scioccato dalle storie dei suoi connazionali che gli raccontarono la vita in quella prigione, tanto che prese l’impegno di denunciare la situazione e lasciò il suo numero di cellulare ai prigionieri. Nei giorni che seguirono quell’incontro iniziò a ricevere telefonate da migranti che erano in mezzo al mare, che chiedevano aiuto. Come era possibile che chiamassero lui? Semplice. Qualcuno aveva inciso il suo numero su una parete del carcere in Libia con sotto scritto: «In caso di emergenza chiamate questo numero». Lo aveva letto una donna, che se l’era trascritto sulle mani e dalle mani lo aveva trascritto sui legni di un barcone durante il suo viaggio dalla Libia verso Lampedusa.

I migranti, in genere, scrivono il numero dei familiari sui vestiti, in modo che si sappia a chi restituire la salma in caso finisse male, lei invece aveva scritto il numero di Padre Mosé, perché fosse visibile in caso di emergenza. Da quel giorno il cellulare di Padre Zerai non ha più smesso di squillare. A chiamarlo sono indifferentemente cattolici, musulmani, ortodossi, a cui è stato detto che Padre Zerai è capace di far comparire una scialuppa di salvataggio in mezzo al mare. Succede questo: quando le cose si mettono male in mare, chiamano padre Mosé e lui cerca di organizzarne il salvataggio, comunicando alla Guardia Costiera italiana più informazioni possibili per andare a prestare soccorso. Secondo le autorità italiane il cellulare di Padre Zerai ha permesso di salvare finora almeno 5 mila vita umane.

E poi c’è Nawal Soufi, chiamata la vedetta del Mediterraneo. Nawal Soufi è nata in Marocco, vive a Catania ed è diventata un punto di riferimento per chi fugge verso l’Italia. «Tutti hanno il mio numero, ne ho salvati a migliaia», dice. Il suo contatto passa tra chi fugge dalla guerra tentando l’approdo sulle coste europee. I profughi l’hanno soprannominata Lady SOS perché la chiamano dai barconi in difficoltà per dare le loro coordinate prima di affondare. E lei lancia l’allarme telefonando alla Guardia Costiera con un cellulare vecchio di 10 anni «perché almeno la batteria dura 4 giorni e posso essere sempre reperibile». Presta gratis questo servizio da oltre due anni ed è stata anche denunciata per aver facilitato l’immigrazione illegale (per la Bossi-Fini la solidarietà è un crimine). Nawal è in Italia da quando aveva un mese, studia Scienze Politiche e parla perfettamente italiano, la sua storia l’ha raccontata Daniele Bella nel libro “Nawal, l’angelo dei profughi”.

Immagino Padre Zerai e Nawal Soufi chiedere al telefono: «Mi scusi, non sarà mica uno scafista, perché nel caso sa che le dico, potete pure morire tutti».

* L’ESPRESSO, 07.05.2017


Saviano: “Mosè per me era un amico immaginario, un alleato, un supereroe”

di Gisella Ruccia *

“Non ho mai visto Mosè come una una severa figura, la più importante dell’ebraismo, ma l’ho visto quasi come un alleato, una di quelle figure a cui parlare come un amico immaginario“. Sono le parole di Roberto Saviano ai microfoni di “Sorgente di vita”, il programma di Rai Due curato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dedicato alla cultura ebraica.

Lo scrittore, che ha aperto quest’anno il Festival internazionale della letteratura e cultura ebraica di Roma, racconta il suo amore e la sua ammirazione per l’ebraismo. “La cultura ebraica non mi ha semplicemente attratto, ma formato” - afferma - “Gli scrittori ebrei mi hanno insegnato a non disperare, a cercare sempre una via d’uscita”.

E rivela: “I racconti biblici di mio nonno per me sono stati fondamentali. Quando ero bambino, Mosè era davvero un supereroe. Accanto a Batman, Superman, Spiderman, l’Uomo Tigre, c’era Mosè. Lui era il balbuziente che guida un intero popolo, sbaglia di continuo, viene punito sempre per il minimo errore”. Saviano aggiunge: “Ci penso spesso a Mosè e penso spesso a me bambino che guardava a Mosè come qualcuno che, anche se sbagliava, sapeva che poteva farcela e poteva farcela a trovare un senso alle cose”

di Gisella Ruccia

* The Huffington, 31 luglio 2013 (ripresa parziale - con video).


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