Inviare un messaggio

In risposta a:
EBRAISMO E DEMOCRAZIA. PER LA PACE E PER IL DIALOGO, QUELLO VERO, PER "NEGARE A HITLER LA VITTORIA POSTUMA" (Emil L. Fackenheim, "Tiqqun. Riparare il mondo")

ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO DI ADOLF EICHMANN. FARE CHIAREZZA: RESTITUIRE L’ONORE A KANT E RICONCILIARSI CON FREUD. Alcune note - di Federico La Sala

A EMIL L. FACKENHEIM. (...) il merito di aver ri-proposto la domanda decisiva: “come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?”
sabato 2 agosto 2014
[...] La prima volta che Eichmann mostrò di rendersi vagamente conto che il suo caso era un po’ diverso da quello del soldato che esegue ordini criminosi per natura e per intenti, fu durante l’istruttoria, quando improvvisamente dichiarò con gran foga di aver sempre vissuto secondo i principî dell’etica kantiana, e in particolare conformemente a una definizione kantiana del dovere.
L’affermazione era veramente enorme, e anche incomprensibile, poiché l’etica di Kant si fonda soprattutto (...)

In risposta a:

> ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO DI ADOLF EICHMANN. ---- IL SERVITORE DELLO STATO!!! (di Francesco Merlo - La menzogna di Stato).

venerdì 18 giugno 2010

NUOVO GOVERNO. FEDELTA’ ALLA REPUBBLICA E ALLA COSTITUZIONE. Giuramento di Berlusconi, Bossi e tutti gli altri Ministri. In Parlamento un solo partito e un solo urlo: "Forza Italia"!!!


La menzogna di Stato

di Francesco Merlo (la Repubblica, 18.06.2010)

Gianni De Gennaro non è un uomo qualunque, è da moltissimi anni un pezzo importante dello Stato italiano, ha alle spalle una carriera di poliziotto modello. Ma proprio per questo la sentenza che lo condanna non dovrebbe spingere nessuno a recitare le solite tragicommedie del garantismo e del giustizialismo alle quali purtroppo stiamo invece assistendo.

Un servitore dello Stato, un ex capo della Polizia oggi Signore dei servizi segreti, non può apparire come un manipolatore di testimoni, non può permettersi una condanna anche se non definitiva, non può consentire che la gente pensi a lui come a un bugiardo. Ha ovviamente diritto alla presunzione di innocenza ma ha il dovere di liberare lo Stato dalla fosca ombra che lo sovrasta. Non sappiamo cosa De Gennaro deciderà, ma abbiamo fiducia nella sua coscienza, nel suo spirito di servizio, nel suo alto senso dello Stato che, mai come oggi, coincide con la sua dignità di insospettabile.

E però, più inquietante della sentenza c’è la solidarietà meccanica, ideologica, quasi fosse "di partito", del ministro dell’Interno Maroni e del ministro della Giustizia Alfano. Le loro dichiarazioni a caldo, istintive e assolutorie finiscono con l’apparire come una prova involontaria della giustezza della sentenza: come si può essere solidali con un condannato di questa portata? Che fine ha fatto quell’idea rigorosa di Stato che un tempo dai suoi servitori esigeva zelo, dedizione, efficienza e pulizia assoluta? Neppure De Gennaro è, secondo noi, solidale con se stesso come Maroni e Alfano lo sono con lui. E se fosse stato direttore del Tg1 o del Tg5 di sicuro De Gennaro avrebbe evidenziato nei titoli la notizia che invece Minzolini e Mimun hanno nascosto. Come si fa a non capire che delegittimare o malcelare una sentenza così rilevante finisce con il rafforzarla, con il fornire ulteriori argomenti alla colpevolezza?

Insomma, più grave della sentenza c’è la complicità politica con il reo, l’idea che la politica possa annullare le ragioni della giustizia. Di sicuro non è bello lo scontato crucifige ideologico dei soliti nemici di De Gennaro e della polizia, ma si tratta in fondo di pezzi di un’opposizione d’antan e tribunizia di pochissimo peso istituzionale. Ben più indecente è l’amicizia ammiccante di Maroni e di Alfano. E in tv ci ha colpito il silenzio del procuratore antimafia Piero Grasso che, seduto per caso tra Alfano e Maroni che difendevano il condannato, esibiva una impassibilità che somigliava - ci è parso - allo sconcerto trattenuto, allo scandalo dissimulato. Cosa avrebbe detto Piero Grasso se fosse stato lui il condannato, magari pure ingiustamente? Come reagisce un Servitore della Cosa Pubblica se il suo operato vulnera l’istituzione che rappresenta? Difende se stesso anche a costo di offendere lo Stato? Tratta se stesso come un uomo qualunque quando invece è un pezzo di Stato?

Ma voglio essere ancora più chiaro. A noi piacciono i capi che coprono i loro uomini, capiamo le ragioni psicologiche e anche professionali, specie di un poliziotto che ha vissuto i giorni pesanti di Genova, dove però le violenze cieche, di strada, sono purtroppo risultate alla fine meno cruente delle violenze di Stato, quelle costruite a freddo contro degli inermi. De Gennaro insomma lo capiamo senza giustificarlo. Ha le attenuanti del capo che si compromette in favore dei suoi. C’è una nobiltà nella ignobiltà che ha commesso.

Ma la solidarietà dei ministri degli Interni e della Giustizia sconfessa l’operato dei giudici in maniera sconsiderata, solo perché De Gennaro è uno dei loro, uno come loro. Il messaggio che arriva agli italiani è che la corporazione, la cricca, la casta e l’amicizia rendono innocente anche un reo condannato. L’impunità è la peggiore delle sporcizie di Stato.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: