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EBRAISMO E DEMOCRAZIA. PER LA PACE E PER IL DIALOGO, QUELLO VERO, PER "NEGARE A HITLER LA VITTORIA POSTUMA" (Emil L. Fackenheim, "Tiqqun. Riparare il mondo")

ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO DI ADOLF EICHMANN. FARE CHIAREZZA: RESTITUIRE L’ONORE A KANT E RICONCILIARSI CON FREUD. Alcune note - di Federico La Sala

A EMIL L. FACKENHEIM. (...) il merito di aver ri-proposto la domanda decisiva: “come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?”
sabato 2 agosto 2014
[...] La prima volta che Eichmann mostrò di rendersi vagamente conto che il suo caso era un po’ diverso da quello del soldato che esegue ordini criminosi per natura e per intenti, fu durante l’istruttoria, quando improvvisamente dichiarò con gran foga di aver sempre vissuto secondo i principî dell’etica kantiana, e in particolare conformemente a una definizione kantiana del dovere.
L’affermazione era veramente enorme, e anche incomprensibile, poiché l’etica di Kant si fonda soprattutto (...)

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> ISRAELE ---- OCCASIONE DA NON PERDERE. L’Europa lacerata sullo Stato palestinese all’assemblea Onu (di Luigi Offredu)

giovedì 15 settembre 2011

Il 20 il dibattito sul riconoscimento

L’Europa lacerata sullo Stato palestinese all’assemblea Onu

di Luigi Offeddu (Corriere della Sera, 15.09.2011)

BRUXELLES - Fra 5 giorni la Disunione Europea, come qualcuno la chiama beffardamente da anni, sarà chiamata a confermare o smentire questo suo nomignolo, in un palazzo di vetro a New York. Nella mattina del 20 settembre il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon aprirà infatti formalmente il dossier con la richiesta presentata dall’Anp, l’Autorità nazionale palestinese, per il riconoscimento di uno Stato sovrano di Palestina.

Se la risposta venisse demandata direttamente ai 193 Stati che siedono nell’Assemblea generale dell’Onu (non è sicuro, lungo il percorso potrebbe impantanarsi nel Consiglio di sicurezza, dove gli Stati Uniti farebbero quasi certamente valere il loro diritto di veto) allora una fra le decisioni più laceranti e drammatiche dai tempi della Seconda guerra mondiale potrebbe giocarsi su un pugno di voti: i due terzi dell’assemblea, 129, quelli necessari per approvare una risoluzione a maggioranza. E fra i voti più incerti di tutti, ci sono proprio quelli dei 27 Paesi europei. Perché sono fra le 125 e le 140 - si procede a spanne, tutti sono oggi impegnati al silenzio ufficiale - le nazioni che avrebbero già deciso, in un senso o nell’altro. Si va da Israele e dagli Usa, nella trincea del no, a quasi tutta la fetta africana e asiatica del pianeta, nella trincea del sì: pronta se non altro ad assegnare alla Palestina un ruolo di Paese osservatore non membro dell’Onu, senza diritto di voto, come il Vaticano. Questo sarebbe l’unico responso dell’assemblea che aggirerebbe in partenza il parere del Consiglio di sicurezza, e dunque le forche caudine del veto americano. E l’Europa? Fermamente concorde nel disaccordo, appunto. Con un unico principio condiviso: «Una terra, due Stati, attraverso negoziati arabo-israeliani». Ma la Palestina sovrana, e subito, con riconoscimento unilaterale da parte dell’Onu?

Risposte in ordine sparso. Spagna, Francia, Lussemburgo («La Ue non può dar nulla ai palestinesi, almeno dia loro la dignità»), Grecia, Irlanda, Svezia e altri (come la Norvegia, al di fuori della Ue) sarebbero per il sì. Germania, Italia, Olanda, Bulgaria, Repubblica Ceca e altri per il no. La Polonia sarebbe in posizione attendista. Ieri Franco Frattini, il ministro degli Esteri italiano, ha detto che davanti al ricorso palestinese bisogna «evitare una divisione della Ue», cioè «ricercare una piattaforma comune» e «facilitare le iniziative che favoriscono la ripresa urgente del dialogo». Ma ha poi aggiunto che anche l’Italia non ha ancora assunto una «posizione formale in sedi ufficiali». La scommessa è quella di ricompattare tutti, in 5 giorni. «Tutti» vuol dire anche il capo, cioè il ministro degli Esteri della Ue Catherine Ashton, che viene accreditata come filo-palestinese. E che per questo è mal guardata da quei Paesi che accettano il ragionamento proposto dal ministro delle Finanze israeliano Yuval Steinitz: chi offre sostegno a una Palestina sovrana, è motivato anche da antiche pulsioni antisemite. Le discussioni continuano, la Disunione Europea si prepara al nuovo esame.


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