Inviare un messaggio

In risposta a:
CRITICA DELLA RAGIONE ATEISTICA: AL DI LA’ DEI FONDAMENTALISMI LAICI E RELIGIOSI. PER UNA SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA ...

L’ATEISMO, UN PROBLEMA NON UN DESTINO. Ripubblicato il libro di Augusto Del Noce. Parte della "postfazione" di Massimo Cacciari e una nota di Armando Torno - a cura di Federico La Sala

Ritorna in libreria, edito da Il Mulino, "Il problema dell’ateismo" di Augusto Del Noce, filosofo del quale ricorre quest’anno il centenario.
venerdì 18 giugno 2010 di Federico La Sala
[...] Se la filosofia moderna è «segnata» fin dalle sue origini dall’esito ateistico, è evidente come la sua
storia debba essere tracciata in connessione stretta con la teologia (p. 75), a differenza di ciò che
avviene in quelle «storie» che si muovono dal tacito, e inindagato, presupposto del «progresso» atheos
del pensiero occidentale. L’ateismo non potrebbe definirsi, infatti, se non in opposizione a
elementi essenziali della tradizione teologica. Per Del Noce ciò non comporta affatto (...)

In risposta a:

> L’ATEISMO, UN PROBLEMA NON UN DESTINO. --- Augusto del Noce: Il vicolo cieco del marxismo (- e non solo). Dal cristianesimo di sinistra alla sintonia con Cl (di Paolo Gheda)

mercoledì 1 febbraio 2012

Il vicolo cieco del marxismo

Augusto Del Noce denunciò l’approdo nichilista delle ideologie che promettono il paradiso in terra

di Paolo Gheda (Corriere della Sera, 01.02.2012)

Se nell’attuale società post ideologica ha ancora un senso chiamare in causa il pensiero nella formulazione di un progetto politico, la riflessione di Augusto Del Noce, nel suo radicalismo, si potrà amare o detestare, ma non potrà lasciare indifferenti in un mondo assetato di scampoli di verità.

Di lui si sono spesso enfatizzati criticamente i passaggi attraverso diversi fronti culturali, a partire dal Sessantotto, l’ingresso nel mondo accademico con la cattedra romana, il successivo avvicinamento a Comunione e Liberazione e, infine, la stagione parlamentare. Eppure, tali accostamenti potrebbero considerarsi quali articolazioni esperienziali di una visione che, in realtà, si presentava negli anni Cinquanta in sostanza già compiuta.

La sua riflessione è stata infatti attraversata da una domanda di senso ultimo, nel costante confronto con la concezione gramsciana dell’intellettuale organico, procedendo dalla convinzione che l’onesta sequela di una «filosofia cristiana» debba necessariamente condurre alla «politicità» del cristianesimo in quanto tale. La sfida di Del Noce è consistita proprio nell’individuare una via nuova per affermare nella storia, e attraverso la modernità, la verità del cattolicesimo da lui interiormente creduta; un percorso che però a suo avviso non sarebbe dovuto cadere né in atteggiamenti di carattere antiquario-tradizionalista, né all’opposto arrendersi al paradigma razionalista-positivista - allora predominante - accettando di ridurre la fede alla funzione storica descritta dal pensiero materialista. Vi fu in lui la convinzione che il cattolicesimo sia per sua natura chiamato a una testimonianza politica diretta, evitando però di scivolare negli atteggiamenti difensivi del conservatorismo religioso, come pure di contro a seguire una politica solo nominalmente cristiana, che nella enunciazione dei propri principi e nella realizzazione della propria agenda prescinda dalla dimensione trascendente del credere.

L’approccio politico di Del Noce resta comunque quello di un filosofo, come dimostra la sua intensa riflessione volta a recuperare la «radice» del reale, verificando la coerenza delle due strade da lui intese come radicalmente contrapposte, quella immanentistica e quella trascendentalistica: un’indagine che non fu comunque mai fine a se stessa, perché si dirigeva primariamente sulla morale, traducendosi così in un richiamo all’esercizio responsabile del governo.

Il «progetto» del cristianesimo, del resto, era avvertito da Del Noce come opposto a quello della rivoluzione francese: l’esito di quest’ultima starebbe tutto nel tentativo di «fondere» filosofia e politica all’interno della storia, seguendo una parabola che collega Rousseau a Marx; al culmine di questo ribaltamento valoriale si collocherebbe l’elevazione operata da Hegel del pensiero umano a nuovo assoluto, un «Dio sulla terra», per giungere infine alla totale dissoluzione del soggetto profilatasi nell’orizzonte nietzschiano.

L’ateismo intrinsecamente presente in questa posizione sarebbe emerso proprio dalla negazione delle radici cristiane dell’Occidente, opponendovi la lotta di classe teorizzata da Marx, in cui il pensatore cattolico leggeva peraltro una trasposizione ideologica della Redenzione evangelica; in tale prospettiva, l’umanità sarebbe stata liberata dalla storia e nella storia, cancellando l’idea di un Dio creatore, e lasciando però l’uomo solitario e disperato nell’universo.

Nella critica al materialismo storico sta forse il momento più profondo della riflessione delnociana, quando egli afferma che la rivoluzione, culmine di tale processo, sarebbe stata destinata inevitabilmente al fallimento per via di una radicale contraddizione interna. Se il movimento rivoluzionario, nella sua dimensione negativa, aveva tentato di storicizzare il cristianesimo spogliando le sue identità primarie - la famiglia, la proprietà, lo Stato - di ogni valore assoluto, considerandole cioè destinate a essere trasformate e negate dal divenire storico, tale spinta relativizzante sarebbe stata destinata a ritorcersi contro se stessa. Infatti la rivoluzione necessitava di offrire un contributo positivo alla società per potersi affermare, promettendo la realizzazione nella storia di quel «paradiso» che la religione colloca nell’aldilà atemporale, ma tale positività si sarebbe ultimamente dissolta, secondo Del Noce, di fronte alla carica nichilistica rivoluzionaria che nella sua assolutezza avrebbe annullato ogni propria istanza costruttiva, vanificando pertanto la sua «utilità» sociale.

Contro questo profondo «nemico» ideologico, l’immanentismo, Del Noce fu convinto assertore della tesi che proprio l’intelligenza debba guidare l’uomo a superare la sfera dei sensi per riconoscere una verità più larga, quella trascendenza già evocata da Pascal e prospettata in termini di provvidenza storica da Vico. Se allora il suicidio della rivoluzione può considerarsi l’idea centrale del pensatore cattolico è proprio in quanto, lungi dal limitarsi a costituire una riflessione teorica, tale interpretazione lo spinse a rivalutare il significato del cattolicesimo politico e a «discendere in campo» per sostenere la decisività del contributo dei credenti al governo del Paese.

Nelle definizioni di comodo che spesso attraversano l’odierna cultura italiana, Del Noce viene ancor oggi sommariamente inquadrato tra i massimi esponenti dell’«ala destra» del pensiero cattolico. E lo stesso si potrebbe dire, in ambito ecclesiastico, del cardinale Giuseppe Siri: singolarmente, entrambi morirono nel 1989, proprio quando un sistema di contrapposizioni tra due modelli antitetici di interpretazione della società - capitalismo-socialismo - si stava sgretolando come i mattoni del muro di Berlino. Ma a prescindere da ogni riduzione tranchant del suo pensiero, coloro che oggi si impegnano per restituire una posizione influente, magari unitaria, al cattolicesimo politico non potranno eludere la sfida di Del Noce, un intellettuale che fu «organico» solo alla sua fede.


Dal cristianesimo di sinistra alla sintonia con Cl *

Domani va in edicola con il «Corriere della Sera» il volume Il suicidio della rivoluzione, che raccoglie alcuni scritti del filosofo Augusto Del Noce (1910-1989) con prefazione di Ernesto Galli della Loggia. In particolare la raccolta comprende una serie di articoli sulla situazione politica italiana dell’immediato dopoguerra e il capitolo finale del libro di Del Noce intitolato appunto Il suicidio della rivoluzione, uscito nel 1978. Si tratta della quattordicesima uscita della collana «Laicicattolici. I maestri del pensiero democratico», in vendita ogni giovedì con il «Corriere» al prezzo di 1,50 più il costo del quotidiano. Vicino in gioventù alla sinistra cristiana, da cui sarebbe sorto il movimento dei cattolici comunisti, Del Noce se ne distaccò per avviare una riflessione incentrata sul problema della secolarizzazione e dell’ateismo. Si schierò negli anni Settanta contro la legge sul divorzio e giunse alla conclusione che il neoilluminismo borghese individualista avrebbe contagiato anche i comunisti, fino a togliere a quel partito tutta la sua carica rivoluzionaria. Si avvicinò quindi al movimento di Comunione e Liberazione, del quale apprezzava soprattutto il forte richiamo all’identità religiosa cattolica e la risolutezza nell’affermarla in ogni contesto. La collana si conclude la prossima settimana con la quindicesima uscita: si tratta del libro Passaggi di Vittorio Foa, con prefazione di Corrado Stajano, in edicola con il «Corriere della Sera» giovedì 9 febbraio.

* Corriere della Sera, 01.02.2012


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: