PEDOFILIA
Corte Usa non si pronuncia sull’immunità
Nessun ostacolo per processo al Vaticano
Il ricorso alla Corte era stato presentato dalla Santa Sede invocando il diritto all’immunità
degli Stati sovrani, su cui anche l’amministrazione Obama si era pronunciata a favore *
WASHIGTON - Il Vaticano è civilmente responsabile degli atti di un prete accusato di abusi su minori dopo che la Corte Suprema Usa ha rifiutato di pronunciarsi sul diritto all’immunità della Santa Sede. Nell’ultimo giorno in sessione, scegliendo di non esprimersi sul ricorso del Vaticano nel caso di un prete pedofilo dell’Oregon, la Corte conferma la decisione di una Corte d’appello di togliere l’immunità alla Santa Sede; questa decisione aveva spinto il Vaticano a fare appello alla Corte suprema, che rifiutandosi di affrontare il caso ha reso definitiva la decisione della Corte d’appello. Prima che un rappresentante del Vaticano possa essere chiamato a testimoniare, il tribunale dovrà decidere se il Vaticano stesso possa essere considerato "datore di lavoro" del sacerdote abusatore.
All’origine del caso la denuncia di una vittima, che rimane anonima, contro un prete irlandese, il reverendo Andrew Ronan - ora deceduto - che nel ’65, a Portland, nell’Oregon, lo avrebbe molestato. Il sacerdote prima di arrivare negli Stati Uniti era già stato coinvolto in altri casi di pedofilia in Irlanda e a Chicago. La vittima accusa il Vaticano di non avere ridotto allo stato laicale il sacerdote, o di non averlo quantomeno punito o allontanato.
La Corte ha deciso di non fermare l’azione legale in cui la Santa Sede è accusata di aver ripetutamente trasferito il prete da città a città nonostante ripetuti casi di molestie sessuali su minori. L’azione legale considera il Vaticano corresponsabile dei suoi abusi perché lo ha spostato dall’Irlanda a Chicago e poi a Portland nonostante fosse a conoscenza delle accuse contro di lui.
In primavera, quando il Vaticano aveva presentato ricorso, la Corte Suprema aveva chiesto il parere del governo Usa, il cui parere era che la Santa Sede godeva di immunità anche in questo caso e che i suoi leader, compreso il papa, non potevano essere interrogati. Il diritto all’immunità che spetta agli Stati sovrani, su cui si era espressa favorevolmente l’amministrazione Obama, era stato respinto nel corso di vari gradi di giudizio e da ultimo dalla Corte d’Appello di Sacramento.
"Ringraziamo i giudici per il coraggio con cui hanno lasciato che l’azione legale vada avanti", ha detto Jeff Anderson, l’avvocato che accusa il Vaticano. "L’azione della Corte è una risposta alle preghiere di migliaia di sopravvissuti alle molestie sessuali dei preti che finalmente avranno una chance di avere giustizia, la possibilità di chiudere le ferite", ha aggiunto.
L’avvocato del Vaticano, Jeffrey Lena, avrebbe invece preferito risolvere la questione a livello della Corte Suprema, "ma la decisione di oggi non significa che eravamo in errore nella interpretazione della legge". Lena ha ricordato che su questo punto l’amministrazione Obama aveva dato ragione alla Santa Sede: "I giudici di Washington hanno valutato che il caso non meritava di essere esaminato al loro livello per ora".
* la Repubblica, 28 giugno 2010