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EROS E CIVILTA’ ....

MA CHI ERA IL MARCHESE DE SADE (1740-1814)? Un filosofo rivoluzionario che predisse Freud. Una nota di Renato Barilli - a cura di Federico La Sala

« Sì, sono un libertino, lo riconosco: ho concepito tutto ciò che si può concepire in questo ambito, ma non ho certamente fatto tutto ciò che ho concepito e non lo farò certamente mai. Sono un libertino, ma non sono un criminale né un assassino.»(Marchese de Sade, Lettera alla moglie, 20 febbraio 1791)
martedì 29 giugno 2010
[...] non c’è Marx nelle elucubrazioni del Divino marchese, ma un Freud anticipato di quasi un secolo, con una perentorietà e un estremismo che poi non ritroveremo nel padre della psicoanalisi. Freud verrà per diagnosticare la presenza insopprimibile del continente oscuro dell’Es, dell’eros, della libido, ma pure ad ammonire che la civiltà consiste nel trovare un giusto equilibrio, tra quelle spinte e le censure, che pure ci devono essere, se si vogliono alimentare gli alti costi del (...)

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> MA CHI ERA IL MARCHESE DE SADE (1740-1814)? --- A due secoli dalla sua morte. De Sade e le tenebre dell’Illuminismo (di Daniele Abbiati)

domenica 12 ottobre 2014

De Sade e le tenebre dell’Illuminismo

Lo scrittore più scandaloso nacque come filosofo ultrarazionalista. Un negatore delle leggi e dei peccati

di Daniele Abbiati ( Il Giornale, 12/10/2014)

Non fa male parlare di de Sade. Non è sadico intrattenersi, alla debita distanza di due secoli dalla sua morte, con l’uomo-aggettivo più violentato della Storia. Incominciarono quando aveva un solo giorno di vita, il 3 giugno 1740, deturpandogli due nomi su tre: i suoi genitori lo volevano Luis-Aldonse-Donatien, e il parroco di Saint-Sulpice (Sulpice suona assai bene accanto a supplice , supplizio...), con il concorso di colpa di due domestici gli impose Donatien-Alphonse-François.

E finirono il 2 dicembre 1814, nell’ospizio-manicomio di Charenton, sottovalutando l’aggravarsi della congestione polmonare che lo portò dritto all’inferno all’età di 74 anni e mezzo giusti giusti. A Charenton era già stato rinchiuso il 4 luglio 1789, dieci giorni prima della presa della Bastiglia. Le altre tappe del suo Tour de France carcerario furono: Vincennes, Pierre Encise, Miolans, la Bastiglia, Madelonnettes, Saint Lazare, Picpus, le prigioni Napoleoniche e Bicêtre. La maglia gialla dell’ignominia e della perversione non gliela toglie nessuno.

Tuttavia non fa male parlare del diabolico Divin marchese, anche perché di carne al fuoco (ahi! ahi! brucia) ce n’è tanta. Come detto, il 2 dicembre saranno 200 anni dalla sua dipartita, insalutato ospite sul «mucchietto di fango» della Terra, come la chiamava lui, e le celebrazioni scalpitano sottotraccia sia nell’universo pornofilo internettiano, sia in quello accademico editoriale: ne vedremo delle belle.

Poi martedì prossimo apre al Musée d’Orsay della Parigi che fu sua la grande mostra «Sade. Attaquer le soleil», vasta e fluviale circumnavigazione di un’aberrazione diventata mito attraverso le opere dei vari Goya, Géricault, Ingres, Rops, Rodin, Picasso, e con la lenta penetrazione sotterranea, prima, durante e dopo la Rivoluzione, dei suoi romanzi e racconti che sarebbe una licenza poetica definire licenziosi.

«Il carattere violento di alcune opere e documenti può urtare la sensibilità dei visitatori», ammonisce il sito del museo, gettando un ulteriore pizzico di zolfo sotto l’ardente graticola della pruderie . Una pruderie peraltro alimentata da un video promozionale elegante ma decisamente hot firmato da David Freymond e Florent Michel in cui una moltitudine di giovani corpi dei quattro sessi si avvinghiano in un apparente disordine fino a formare la scritta DE SADE.

Da ricordare inoltre che sempre a Parigi e lì nei pressi, al Museo delle Lettere e dei Manoscritti di boulevard Saint-Germain, è esposto il pezzo più pregiato della produzione sadiana, cioè il manoscritto originale di Le 120 giornate di Sodoma o la Scuola del libertinaggio , vergato durante il soggiorno alla Bastiglia su un rotolo di carta lungo 12 metri e largo 11,5 centimetri.

Il presidente e proprietario del museo, Gérard Lhéritier, ha scucito la bellezza di 7 milioni di euro per sbaragliare la concorrenza della Biblioteca Nazionale di Francia, riportando così in patria il trofeo di caccia che era finito, dopo alterne vicende, in Svizzera, acquistato dal miliardario Gérard Nordmann, possessore di una colossale Biblioteca Erotica.

Ultima, per ora, noterella made in France , è l’omaggio trasversale, dal Figaro a Libération , tributato a Jean-Jacques Pauvert, l’editore che iniziò diciannovenne a coltivare il culto di de Sade, alimentandolo per tutta la vita, fra l’altro con la monumentale biografia in tre volumi Sade vivant , morto il 27 settembre scorso.

Lungi da noi, e da chiunque altro sia in grado di intendere e di volere, la volontà di santificare il Nostro. Piuttosto, una volta applicate le attenuanti generiche a chi trascorse più o meno trent’anni al gabbio sotto accuse pesantissime come violenza sessuale e avvelenamento e altre più... opinabili come sodomia e condotta immorale, sarà il caso di leggere la sua parabola come uno fra i tanti possibili esiti della temperie culturale detta dei Lumi. La ragione razionalizza ogni cosa, peccati e reati compresi, soprattutto quando affonda le proprie radici nella potenza della Natura, la quale sa essere soavemente pastorale come terribilmente ctonia, sotterranea e ancestrale.

E per capire da dove partì de Sade, ecco il volumetto Strenne filosofiche (La vita felice, pagg. 166, euro 11,50) che riunisce tre scritti molto razionali palesemente influenzati da d’Holbach e de La Mettrie, risalenti al primo periodo di cattività a Vincennes, magari da porre in parallelo, più che con i suoi libri più sulfurei e v.m. 18, con le Storielle (Elliot, pagg. 62, euro 8,50), sapidi racconti (a)morali che ci offrono un de Sade light .

Mentre non sono proprio «leggerissimi» I crimini dell’amore sul tema dell’incesto editi da L’ombra di Roma che usciranno a ridosso del bicentenario. Li ha ritradotti, rinfrescandoli e aggiornandone la prosa, Filippo D’Angelo, autore del romanzo La fine dell’altro mondo (minimum fax, 2012). «La revisione delle versioni italiane - spiega D’Angelo - è necessaria poiché troppe sono vetuste e sovente scorrette e non rendono un buon servizio all’autore. De Sade merita di essere recuperato anche in questa chiave di attualizzazione».

Già che ci siamo, procuriamoci infine Florville e Courval o della fatalità (Elliot) e il saggio Sade di Maurice Heine (Castelvecchi). Perché non fa male parlare di de Sade e leggerlo. Ricordando che anche i Lumi, sotto sotto, ebbero le loro tenebre.


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