’NDRANGHETA. SIGNIFICATO DELLA PAROLA
Polsi: nessuno vuole mancare
alla processione della ’ndrangheta
Nonostante i 300 arresti di luglio. Il vescovo di Locri: «Qui ci divide il cammino con chi ha scelto l’illegalità» *
POLSI (Reggio Calabria) - Lui sa che lo stanno ascoltando, che le «famiglie» di San Luca, Africo, Platì, sono venute anche quest’anno, malgrado la decimazione (300 arresti) dell’operazione Crimine di luglio. Addirittura i giovani del San Luca calcio, quelli che l’anno scorso scesero in campo col lutto al braccio dopo la morte del boss ‘Ntoni Gambazza, hanno preteso di portare loro la Croce in processione. Per farsi vedere da tutti. Perché questa da sempre è anche una storia di simboli.
VESCOVO - Il vescovo di Locri, Giuseppe Fiorini Morosini, sa che i figli della faida sono di nuovo lì davanti a lui come ogni anno, come ogni 2 settembre mischiati alla folla di Polsi, che batte le mani e canta «Evviva Maria» dietro alla statua della Madonna della Montagna. Perciò è a loro che ora parla direttamente: «Cari fratelli che avete scelto la strada dell’illegalità per costruirvi la vita, le vostre ricchezze, il vostro potere, il vostro onore, non c’è nulla che possiamo condividere. I nostri cammini non si congiungono a Polsi, se mai si dividono ancora di più». Così li mette davanti a un bivio: «Convertitevi o andatevene». Il vescovo è duro: «Non possiamo chiudere gli occhi sulla realtà calabrese», ammonisce. «Usura, droga, intimidazioni, sopraffazioni, violenza e non sarà Roma a risolvere i nostri problemi se non saremo noi a rialzare la testa...».
PAROLA MANCANTE - Ma l’omelia è incompleta, c’è una parola che manca sempre: ‘ndrangheta. Il monsignore non la pronuncerà mai. Il 2 settembre dell’anno scorso, proprio qui a Polsi, nel cuore dell’Aspromonte, mentre si svolgeva la festa solenne al suono dei tamburelli, degli organetti e delle zampogne, in mezzo alle salsicce arrostite e ai banchi di souvenir coi cd della ‘ndrangheta e le canzoni delle «tarantelle malandrine», i boss delle famiglie nominarono il loro «capo crimine», Domenico Oppedisano, lo elessero a presidente del cda delle cosche calabresi. Ma c’erano pure i carabinieri del Ros, quel giorno, con le loro telecamere e i microfoni nascosti sul piazzale. Gli uomini del colonnello Valerio Giardina ascoltarono tutto, filmarono tutto e il 13 luglio scorso è scattato il blitz. Operazione Crimine, l’hanno chiamata. Tra qualche settimana, dopo aver visionato i nuovi filmati girati giovedì, gli investigatori potranno dire se anche questa volta in fondo alla conca brulla s’è svolto un summit di mafia.
RIPARTIRE - «Polsi luogo di pietà semplice e devota», chiosa il vescovo Morosini nell’omelia. «Polsi diventato luogo violato e profanato da conterranei e fratelli di fede che hanno tradito la fede vera, pretendendo assurdamente di ricevere dalla Vergine Maria la benedizione sui loro patti illegali, sulla spartizione di un potere ingiusto. Ma ora tutti insieme dobbiamo ripartire». Ripartire da Polsi. «Il prossimo 29 settembre, giorno di San Michele Arcangelo, il nostro patrono, faremo qui la festa della Polizia», annuncia il questore di Reggio, Carmelo Casabona. Poiché questa da sempre è anche una storia di simboli.
Fabrizio Caccia
* Corriere della Sera, 02 settembre 2010(ultima modifica: 03 settembre 2010)