Inviare un messaggio

In risposta a:
RIPENSARE L’EUROPA. PER IL "RISCHIARAMENTO" ("AUFKLARUNG") NECESSARIO. ANCORA NON SAPPIAMO DISTINGUERE L’UNO DI PLATONE DALL’UNO DI KANT, E L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT DALL’IMPERATIVO DI HEIDEGGER E DI EICHMANN !!!

FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA. Un breve saggio di Federico La Sala, con prefazione di Riccardo Pozzo.

In questa lezione incontriamo un altro Kant (...) Foucault scopre in Kant il contemporaneo che trasforma la filosofia esoterica in una critica del presente che replica alla provocazione del momento storico (...)
venerdì 22 marzo 2024
Foto. Frontespizio dell’opera di Thomas Hobbes Leviatano.
SIGMUND FREUD E LA LEZIONE DI IMMANUEL KANT: L’UOMO MOSE’, L’ UOMO SUPREMO, E LA BANALITÀ DEL MALE. I SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA ATEA E DEVOTA E LA RIVOLUZIONE COPERNICANA. NOTE PER UNA RI-LETTURA
QUESTO L’INDICE (il testo completo è allegato - qui in fondo - in pdf):
I
PRIMA PARTE:
SIGMUND FREUD, I DIRITTI UMANI, E IL PROBLEMA DELL’ (...)

In risposta a:

> FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. -- «Other Knowledge». Imparare a costruire una relazione etica e politica tra i viventi. Un’intervista con Gayatri C. Spivak (di Francesca Maffioli)

sabato 25 giugno 2016


Cultura

I margini infuocati del mondo

Gayatri Chakravorty Spivak. Un’intervista con la teorica femminista indiana, presenza fondamentale dei postcolonial e subaltern studies. Disapprendere il proprio privilegio significa imparare a costruire una relazione etica e politica tra i viventi

di Francesca Maffioli (il manifesto, 23.06.2016)

Contestare l’occupazione da parte dell’Occidente e della filosofia occidentale riguardo la posizione di Soggetto cardine del discorso è sempre stato un punto fondamentale dell’analisi di Gayatri Chakravorty Spivak. Così anche in un recente incontro pubblico tenutosi presso la sede dell’University of Paris, e titolato emblematicamente Il presente in dissolvenza, la filosofa e femminista ha sottolineato la presa di parola da parte dei «soggetti subalterni», secondo una logica di decostruzione di questa dinamica gerarchizzata e ignorante della diversità.

Il soggetto che le interessa è sessuato, femminile, messo a margine da un sistema di valori centralizzato, in cui l’Occidente è sovrano e l’altra esiste in quanto oggetto da analizzare, da rappresentare e da controllare, anche nel momento della locuzione.

Quando alla «subalterna» è concessa la parola si tratta, infatti, di una parola che mima le aspettative del Soggetto che le ha permesso la libertà di espressione. La finalità della presa di parola del «soggetto subalterno donna», in comunicazione con il soggetto femminista occidentale, dovrebbe passare, secondo Spivak, dal superamento e dalla decostruzione dei rapporti gerarchici e dalla (ri)costruzione di un dialogo tra agenti parlanti. Si tratta di articolare un’agentività che implica un’egemonia non convenzionale, oltre i sistemi simbolici prestabiliti - in uno spazio dove la comunicazione si costituisce in quanto atto performativo.

Quanto, disporci all’ascolto di un «Other Knowledge», può renderci aperti a spazi di comunicazione che consentano di cogliere le opportunità per un dialogo con le voci marginalizzate? In che misura mettere in discussione la credibilità e la significatività di categorie teoretiche apprese agevolerebbe i requisiti per instaurare una comunicazione che ci volga alla comprensione dell’altra e dell’altro, della subalterna e del subalterno?

Abbiamo incontrato Gayatri Chakravorty Spivak per porle qualche domanda a riguardo.

Il suo monito «unlearn one’s privilege as one’s loss», ovvero «disimparare il proprio privilegio perché è una perdita», l’ha portata a riconsiderare il privilegio, anche di carattere gnoseologico, per (auto)instillare il dubbio critico e stabilire un rapporto etico con l’altro e l’altra - nell’obiettivo cioè di apprendere ad ascoltare le voci marginalizzate. Crede che oggi sia ancora valido?

Voglio partire dalla mia esperienza biografica, dalla storia della mia condizione di soggetto privilegiato in un contesto esplicitamente e sfacciatamente non-egualitario: il sistema delle caste hindu. Questo sistema, apparentemente imprescindibile, i ruoli sociali occupati dalla mia stessa famiglia di origine, costituiscono l’esemplificazione di privilegi millenari profondamente radicati. Ciò per dire che vi è una radicata struttura di potere in cui sono consapevole di essere attualmente collocata, riguardo per esempio il mio ruolo accademico negli Stati Uniti. Questa breve premessa che introduce ai privilegi che ho conosciuto, vuole essere però funzionale a ciò che intendo quando convoco il senso del disapprendere. Disimparare il privilegio significa allora costruire la risposta a un modello teorico a partire dalla mia esperienza di donna privilegiata, cresciuta in una famiglia facoltosa, in un sistema di diseguaglianze non celate.

La decostruzione dei propri privilegi può allora condurre ad una comunicazione autentica e a farci attori ed attrici di una pratica dialogica relazionale, definibile come relazionalità etica?

Il disapprendimento dei propri privilegi non significa la loro decostruzione. Sarebbe stata una posizione eccessivamente narcisistica da parte mia quella dell’insistenza, negli anni, verso il non riconoscimento e l’inconsapevolezza dei miei privilegi. Sarebbe stato come ripiegarsi nella negazione, riconoscere solo come perdita il privilegio di essere nata in una famiglia facente parte della casta dei brahmani (la casta sacerdotale, la prima delle quattro caste della società induista, ndr). A partire da un esatto momento della mia vita ho smesso di considerare i miei privilegi come perdita: ho trasformato questa presa di coscienza in un vettore di chance per la ricerca, in una pratica di utilizzo volta al dialogo con i soggetti meno ascoltati, i soggetti per cui l’identità e la parola sono forcluse. La necessità di «unlearn one’s privilege as one’s loss» deve essere rivista, completata secondo il fluire trasformativo del mio pensiero, che nel tempo ha subito delle evoluzioni. Devo confessare che questa considerazione l’avevo concepita precocemente, ben prima di entrare nel cuore dei temi che poi ho trattato nella mia attività di ricerca. In altre parole, credo sia fondamentale focalizzarsi sui privilegi, ma invece di disapprenderli, o prima ancora di imparare a disapprenderli, è necessario vedere dove essi si situano, riconoscerli e «to use them»: vedere e usare un privilegio in maniera funzionale, per volgersi a nuove pratiche di apprendimento e di comunicazione.

I riferimenti a questi interrogativi, come lei ce li descrive, sono suggeriti anche dalle intuizioni dalla filosofa e femminista postcoloniale Sara Ahmed che nel suo «Declarations of Whiteness: The Non-Performativity of Anti-Racism» sostiene come le stesse culture dell’apprendimento siano modellate esattamente sul privilegio...

Disapprendere il privilegio deve infatti trasformarsi in «learning to learn by below». Imparare a imparare dal basso, disattendendo le aspettative e le risposte che ci saremmo aspettati di ricevere e modificando i meccanismi di apprendimento, diventa un processo attivo per minare i meccanismi di dominazione e di controllo. Ammettere il privilegio significa cambiare la propria prospettiva d’osservazione, rappresenta il tentativo di ruotare l’angolo d’apprendimento attraverso cui ci hanno insegnato si debba guardare; significa andare oltre la tradizione che ha limitato le opportunità per una conoscenza alternativa. La prima fase per mettersi in ascolto dell’altro, per consentire che alle nostre orecchie la sua parola non sia muta, è dunque il riconoscimento critico del proprio privilegio.

* BIOGRAFIA E RICEZIONE - Al centro del dibattito internazionale e fuori commercio in Italia

Dal 2007, Gayatri Chakravorty Spivak, insegna alla Columbia University e fa parte dell’Institute for Comparative Literature and Society. Teorica della letteratura e critica femminista, è riconosciuta come una delle figure di spicco degli studi post-coloniali.
-  Si deve al suo contributo in quanto traduttrice l’introduzione della filosofia contemporanea francese - e in particolare di Jacques Derrida - nell’accademia statunitense. Ha partecipato alla fondazione a Dehli nel 1982 della rivista «Subaltern Studies» e nel 1988 ha codiretto la pubblicazione del celebre Selected Subaltern Studies.
-  Si deve a Spivak inoltre la pubblicazione di uno degli articoli fondatori degli studi post-coloniali, intitolato «Can the Subaltern Speak» del 1983: la filosofa ha contribuito infatti a rilanciare il termine di «subalterno» che Ranajit Guha aveva ripreso direttamente dalla concezione marxiana di Gramsci, per riconfigurarlo nella prospettiva della voce della donna subalterna e non in quella della storia raccontata dagli altri, il patriarcato o gli stati coloniali.
-  Tra le sue opere più note si ricordano: «A Critique of Postcolonial Reason: Toward a History of the Vanishing Present» (1999), «Death of a Discipline» (2003) e «An Aesthetic Education in the Era of Globalization» (2012).
-  In Italia, grazie alle traduzioni e le cure di Ambra Pirri, Angela D’Ottavio, Patrizia Calefato, Vita Fortunati, Lucia Gunella, Sandro Mezzadra e altri, alcuni suoi titoli, molti dei quali ormai fuori commercio, sono stati pubblicati per le case editrici Meltemi e ombre corte.
-  Il 6 giugno l’University of Paris, l’Institut Humanités et Sciences de Paris (Université Paris Diderot) e il CIPh (Collège International de Philosophie) hanno organizzato una giornata dedicata alla filosofa: «Pensée post-coloniale et genre. Rencontre autour de Gayatri Chakravorty Spivak». Il titolo della sua conferenza è stato «The Vanishing Present».


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: