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RIPENSARE L’EUROPA. PER IL "RISCHIARAMENTO" ("AUFKLARUNG") NECESSARIO. ANCORA NON SAPPIAMO DISTINGUERE L’UNO DI PLATONE DALL’UNO DI KANT, E L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT DALL’IMPERATIVO DI HEIDEGGER E DI EICHMANN !!!

FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA. Un breve saggio di Federico La Sala, con prefazione di Riccardo Pozzo.

In questa lezione incontriamo un altro Kant (...) Foucault scopre in Kant il contemporaneo che trasforma la filosofia esoterica in una critica del presente che replica alla provocazione del momento storico (...)
mercoledì 17 aprile 2024
Foto. Frontespizio dell’opera di Thomas Hobbes Leviatano.
SIGMUND FREUD E LA LEZIONE DI IMMANUEL KANT: L’UOMO MOSE’, L’ UOMO SUPREMO, E LA BANALITÀ DEL MALE. I SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA ATEA E DEVOTA E LA RIVOLUZIONE COPERNICANA. NOTE PER UNA RI-LETTURA
QUESTO L’INDICE (il testo completo è allegato - qui in fondo - in pdf):
I
PRIMA PARTE:
SIGMUND FREUD, I DIRITTI UMANI, E IL PROBLEMA DELL’ (...)

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> FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. --- Dobbiamo inventare l’Illuminismo del 2019. Una laurea magistrale per formare una classe dirigente proiettata nel futuro. Quattro partecipanti all’iniziativa discutono

domenica 19 maggio 2019

A confronto Due atenei milanesi, Statale e San Raffele, hanno promosso una laurea magistrale per formare una classe dirigente proiettata nel futuro. Quattro partecipanti all’iniziativa discutono il rapporto tra filosofia e scienze sociali

Dobbiamo inventare l’Illuminismo del 2019

conversazione di Maurizio Ferrera con Francesco Guala, Roberto Mordacci e di Francesca Mordacci (Corriere della Sera, La Lettura, 19.05.2019)

La scienza moderna ha scoperto che la natura è governata da leggi che la rendono in larga misura controllabile e prevedibile. Le scienze sociali novecentesche hanno a loro volta messo in luce le molte regolarità che caratterizzano la sfera politica, economica e sociale, nonché i meccanismi che le generano. Lo Stato di diritto - diventato poi liberale e democratico - ha stabilizzato i processi di interazione e di decisione collettiva. In questo contesto, l’immagine del tempo è radicalmente cambiata. In particolare, il futuro non appare più dominato dal caso, dal destino o dalla provvidenza. È diventato la dimensione del possibile: una fase temporale vincolata, certo, dal passato, ma più o meno liberamente plasmata nel presente, in base ai nostri scopi e valori.
-  Insegnare ai giovani come «governare il futuro» è uno dei principali obiettivi di una nuova laurea magistrale promossa da due atenei milanesi: la Statale e l’Università Vita-Salute del San Raffaele. Abbiamo affrontato le tematiche al centro dell’iniziativa con tre studiosi di filosofia: Francesco Guala insegna Economia politica e si occupa di scienze sociali; Roberto Mordacci, preside al San Raffaele, è uno specialista di Filosofia morale e bioetica; Francesca Pasquali è docente di Filosofia politica.

MAURIZIO FERRERA - In un recente discorso, Emmanuel Macron ha lanciato un ambizioso percorso di riforme, nato da un «gran dibattito nazionale» che ha coinvolto più di due milioni di cittadini. Dibattito democratico e progetto di cambiamento: siamo gli eredi dell’Illuminismo, ha ricordato il presidente. Un richiamo che ben si presta a riflettere su come governare il futuro...

ROBERTO MORDACCI - Certamente. Fu l’Illuminismo a elaborare l’idea moderna di storia come orientata verso uno scopo. È l’idea di progresso scientifico ma anche morale e politico: vite meno infelici, istituzioni più giuste. La grande crisi attuale viene dalla sfiducia in questa possibilità, favorita dalla moda postmodernista della «fine» del sapere, della morale e dunque della storia. Ma il progresso è una responsabilità, non una necessità: esiste se lo facciamo accadere.

FRANCESCO GUALA - Un’impresa doverosa, ma non facile. Grazie alle scienze cognitive e sociali oggi siamo più consapevoli delle difficoltà che tutti noi, cittadini ed esperti, incontriamo quando cerchiamo di rappresentare e controllare i processi di cambiamento. La percezione esagerata del rischio, l’incapacità di pensare scenari alternativi a quelli dominanti sono ostacoli enormi, che possono impedirci di trovare soluzioni razionali e condivise. Ma Illuminismo vuol dire anche ottimismo: la riflessione filosofica e scientifica ci fornisce strumenti formidabili che non esistevano solamente qualche decennio or sono. Proprio perché sappiamo quali sono i nostri limiti, abbiamo più chance di superarli.

FRANCESCA PASQUALI - Come eredi dell’Illuminismo, riconosciamo che, non essendoci fini stabiliti da autorità esterne, il futuro è aperto e ognuno ha il diritto di contribuire a definirne la direzione. Per evitare fraintendimenti piuttosto diffusi, si deve chiarire però che questo non implica attribuire a tutte le opinioni la stessa validità. Al contrario, proprio perché non ci sono autorità esterne cui affidarci, per orientare il futuro verso il meglio dobbiamo sottomettere al vaglio della ragione le nostre opinioni, scartando quelle non fondate su solide argomentazioni o evidenze empiriche affidabili.

MAURIZIO FERRERA - Le nuove tecnologie, e più in generale quella che il filosofo Luciano Floridi chiama l’Infosfera, stanno rapidamente cambiando i modi di produrre, lavorare, comunicare, organizzare la vita associata, persino incrementare le nostre abilità naturali. Può davvero aprirsi la possibilità di un grande balzo in avanti dello sviluppo umano. L’Infosfera (e in particolare il progresso dell’intelligenza artificiale) solleva però anche enormi problemi di natura etica e sociale. Quali sono secondo voi le principali sfide e le strategie per affrontarle?

FRANCESCO GUALA - Sulle sfide c’è l’imbarazzo della scelta. Ne scelgo una che mina al cuore i fondamenti della democrazia: la necessità e insieme la difficoltà di vivere insieme nella diversità di pensiero. Si tratta di una sfida perenne, ovviamente, ma la tecnologia negli ultimi dieci anni ha enormemente facilitato la creazione di comunità alternative e «chiuse» - dai terrapiattisti ai no-vax - restringendo a sua volta lo spazio intermedio dove si stipulano i compromessi essenziali per il vivere comune. I gruppi che contrasteranno questo processo di isolamento e frammentazione potranno formare le coalizioni vincenti della politica del futuro.

FRANCESCA PASQUALI - Se gli scenari prevedibili in base agli sviluppi dell’intelligenza artificiale e del potenziamento biologico - macchine intelligenti, individui sempre più resistenti alle malattie - sono perlomeno possibili, si tratta di capire se e come aggiornare il nostro resoconto circa le caratteristiche distintive degli esseri umani, che fa da sfondo alla riflessione morale. È sensato individuare la nostra specificità in certe facoltà cognitive, che forse condivideremo con le macchine, o in certe caratteristiche biologiche, che forse potremo modificare? Si tratta anche di valutare se simili scenari siano desiderabili e se vi siano soluzioni, magari distanti dalle nostre pratiche attuali, per bilanciarne al meglio vantaggi e svantaggi.

ROBERTO MORDACCI - In passato, le tecnologie generavano paure per la loro potenza distruttiva. Per questo Hans Jonas invocava responsabilità. Quelle attuali vivono di controllo e velocità. Chi ha accesso ai Big Data e quale potere acquisisce controllandoli? Quanta rapidità siamo in grado di gestire negli scambi di informazione? Abbiamo bisogno di un’etica per l’età digitale, che ne sappia affrontare la legge fondamentale, ovvero l’accelerazione costante e inarrestabile.

MAURIZIO FERRERA - Al di là delle oscillazioni e delle crisi cicliche dell’economia capitalistica, le società avanzate hanno oggi il potenziale di raggiungere sempre più alti livelli di «prosperità»: una nozione che evoca benessere quantitativo e qualitativo, pluralità e disponibilità (sperabilmente «equa») di chance di vita sempre più ampie e articolate. Il percorso è tuttavia irto di ostacoli: pensiamo alla sostenibilità ambientale e demografica, alla pressione migratoria, al logoramento dei legami di solidarietà, al rischio di ripiegamenti nazionalistici e di rigetto dei progetti di integrazione, in particolare in Europa. Quali sono le condizioni più propizie affinché il potenziale oggi esistente si possa realizzare in forme e modi «aperti, inclusivi, sostenibili»?

ROBERTO MORDACCI - Le condizioni essenziali dello sviluppo sono chiare: gli «obiettivi di sviluppo sostenibile» fissati dall’Onu mostrano che è il coordinamento la chiave di una crescita equilibrata. La minaccia alla vita viene dall’iniquità, dal conflitto sociale e dall’isolamento, che generano inquinamento, distruzione delle risorse, squilibri, discriminazioni e guerre. Nel mondo globalizzato, o si cresce insieme o si muore isolati.

FRANCESCO GUALA - L’etica economica si fonda su due princìpi universali: il principio secondo il quale chi produce un bene o un servizio ha diritto di goderne i principali benefici; e quello dell’uguaglianza, che si applica ogniqualvolta non è possibile identificare chiaramente chi ha prodotto il bene in questione. Questi due princìpi funzionano bene in comunità relativamente piccole e coese, nelle quali i rapporti di forza sono relativamente equilibrati. Quando si creano enormi disuguaglianze invece entrano in crisi. Credo che la redistribuzione oggi vada pensata in un’ottica nuova - politica invece che etica - proprio perché siamo in una situazione di questo genere. In pratica, significa che i «vincitori» di oggi devono smettere di porsi la domanda «è giusto redistribuire?» e chiedersi invece quale sistema di redistribuzione potrà salvare il patto sociale.

MAURIZIO FERRERA - Su scala globale il mondo resta attraversato da aspri conflitti e guerre locali, che minacciano pace e sicurezza, anche attraverso il terrorismo. Le radici di questi conflitti sono di natura sia «materiale» (diseguaglianze, accesso alle risorse e così via) sia «ideale» (cultura e religione). L’Europa è oggi l’area più pacificata, civilizzata e sviluppata del pianeta, ma questo esito è il risultato di secoli di guerre e scontri fra popoli. Non è detto che la via europea sia praticabile e replicabile a livello globale. E non è neppure detto che le dinamiche conflittuali che caratterizzano oggi il mondo possano gradualmente comporsi: potrebbero invece deflagrare nel famoso «scontro di civiltà» preconizzato da Samuel Huntington. L’ideale kantiano di una pace perpetua, sorretta da un ethos universale di civismo e assetti federali sul piano planetario, vi sembra oggi più vicino o più lontano?

FRANCESCA PASQUALI - Immanuel Kant è chiaro: una pace perpetua è possibile solo tra repubbliche, in cui le decisioni si fondano sul consenso dei cittadini che, consapevoli dei costi, rifiutano la guerra. Se è così, la tendenza attuale non è incoraggiante: i regimi autoritari non sono in diminuzione e, anzi, alcuni sono attori chiave a livello internazionale. Questo è un motivo in più per capire come mai regimi autoritari mantengano una notevole centralità e domandarsi come fare i conti con tali regimi senza contraddire i princìpi democratici.

ROBERTO MORDACCI - La tendenza odierna verso la barbarie è fortissima. Lo spettro dell’autoritarismo, dell’odio etnico e della regressione si aggira minaccioso per l’Europa e non solo. La pace perpetua va ripensata da capo, come fece lo stesso Kant nel proprio tempo. Ogni epoca deve vivere il suo Illuminismo, non ripetere quello passato. È ora che lo facciamo anche noi, prima che sia troppo tardi.

FRANCESCO GUALA - L’ideale kantiano della pace perpetua è un modello che deve guidare sempre il nostro agire politico. Ma non sono particolarmente ottimista riguardo alla progressiva integrazione degli Stati nazionali in entità federali planetarie. La difficoltà che sta incontrando il progetto europeo sono significative a questo proposito: dei popoli già profondamente integrati culturalmente ed economicamente non riescono a compiere il salto decisivo verso un assetto federale. D’altronde credo che lo «scontro di civiltà» sia uno spauracchio politico semplicistico utile a spaventare le persone, molto meno ad analizzare la realtà. È più probabile che la violenza si sviluppi in focolai relativamente marginali, dove le grandi nazioni non hanno l’interesse o la forza di intervenire.

MAURIZIO FERRERA - Torniamo ai giovani, che almeno dal punto di vista socio-demografico costituiscono il 100 per cento del nostro futuro. Quali sono le competenze che essi dovrebbero padroneggiare grazie agli studi universitari per apprendere dal passato, interpretare il presente e dare il proprio contributo, anche in ambito lavorativo, per costruire e governare il mondo di domani?

FRANCESCO GUALA - Sicuramente la capacità di integrare gli strumenti e le conoscenze provenienti da diverse discipline - economia, politica, filosofia. Ma anche la capacità di esprimere una sintesi in modo chiaro, comprensibile, e non conflittuale. Vorrei sottolineare quest’ultimo punto - non conflittuale - perché è forse il più difficile. Andare controcorrente non è difficile: basta dire il contrario di quello che dicono gli altri! Quello che è davvero difficile è trovare nuove soluzioni e convincere chi non la pensa come noi, spesso con ottime ragioni. Tornando a quanto detto prima, le nuove tecnologie non ci aiutano da questo punto di vista. Ma è appunto il motivo per cui è essenziale provarci, formando una generazione di giovani che siano in grado di farlo meglio di noi.

FRANCESCA PASQUALI - Serve una preparazione multidisciplinare che, producendo anticorpi contro specialismi fini a sé stessi, consenta di acquisire una prospettiva di ampio respiro e strumenti analitici, descrittivi e filosofici, per capire e valutare i rapidi cambiamenti politici e sociali e immaginare modalità di intervento efficaci e appropriate in termini valoriali.

ROBERTO MORDACCI - Sono d’accordo: preparazione multidisciplinare e capacità di «visione». Solo il futuro dà senso al passato e alla frammentazione presente. L’avvenire non è degli specialisti: per risolvere i problemi occorre sempre una visione complessiva. Per questo la filosofia ha un ruolo decisivo, purché si mescoli alle scienze sociali, alla ricerca e all’evoluzione delle imprese. Queste ultime stanno cambiando il capitalismo, sono più attente ai valori, ma hanno bisogno di giovani capaci di strategie vincenti sul piano sociale e politico, non solo economico.


Sul tema, nel sito, si cfr.:

L’ILLUMINISMO, OGGI. LIBERARE IL CIELO. Cristianesimo, democrazia e necessità di "una seconda rivoluzione copernicana"

Federico La Sala


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