Continuando Spinoza per proseguire a scoprire il mondo
Un libro di Massimo Adinolfi riporta l’attenzione sul grande filosofo e sulla sua analisi
di Vincenzio Vitiello (l’Unità, 10.03.2013)
L’INTERESSE PER SPINOZA È IN COSTANTE CRESCITA: NE TESTIMONIANO LE RECENTI EDIZIONI ITALIANE DELL’OPERA OMNIA, QUELLA DI FILIPPO MIGNINI per Mondadori, e l’altra, con originale a fronte, di Andrea Sangiacomo, presso Bompiani; i fascicoli speciali del Pensiero (2011/1) e di Teoria (2012/2) dedicati appunto al filosofo olandese; i libri di Sini (Archivio Spinoza) e di de Giovanni (Hegel Spinoza. Dialogo sul moderno), di cui ci siamo occupati su questo giornale alcune settimane orsono, e più recentemente il saggio di Massimo Adinolfi, dall’impegnativo titolo: Continuare Spinoza . Un’esercitazione filosofica (Editori Internazionali Riuniti, 2012).
Un libro, questo, fuori degli schemi della cultura filosofica tradizionale. Adinolfi, infatti, non «analizza» Spinoza, non lo spiega, né lo «contestualizza»: lo continua. Fa filosofia con Spinoza. La sua «scrittura» è pienamente conforme all’esercizio: il libro non ha note, né divisioni in capitoli e paragrafi.
Certo discute le principali interpretazioni che del pensiero del filosofo olandese sono state date da filosofi e da storici, ma nella forma di un dialogo ininterrotto, meglio ancora di un transito continuo da pensiero a pensiero, senza pause come in un unico respiro; e senza ritorni, dacché riflettere per Adinolfi non è piegarsi sul già fatto, al contrario è andare-innanzi, proseguire.
Il pensiero come vita. Ove il primato spetta alla vita, non al pensiero. Di qui la critica radicale d’ogni logicismo e gnoseologismo: ciò da cui muove la filosofia non è il pensiero, ma il mondo. E mondo è ciò che Spinoza chiama «sostanza», che non attende il pensiero che la dimostri, perché è la dimostrazione che sta nella sostanza-mondo, e ne dipende.
Questo il senso della definizione spinoziana del pensiero quale attributo della sostanza. Attributo al pari del corpo (o estensione) pur esso espressione del mondo. Qui l’ordo e la connexio tra idee (pensiero) e cose (corpo), non indica un parallelismo tra due, ma l’esporsi della sostanza-mondo in forme diverse, che non sono due, più che una, essendo l’idea pensiero del corpo, nel senso soggettivo ed oggettivo del genitivo, e quindi il corpo espressione «materiale», estesa del pensiero.
Palese l’influenza della interpretazione spinoziana di Sini, che si mostra anche nell’insistenza di Adinolfi nell’affermare il carattere di evento della sostanza. Continuare Spinoza ha anche questo significato: togliere alla sostanza ogni e qualsiasi stabilità, fissità. Sostanza è movimento, divenire, transito. Dio, la sostanza spinoziana, è solo nei modi, nelle affezioni, e cioè: non genericamente nel mondo, bensì negli enti.
Ché mondo non è il contenitore degli enti, ma l’eterno transitare negli enti, eterni pur essi in e per questo transitare. In e per questo farsi ente del mondo, farsi cose della sostanza. Eterno è l’ente nel flusso della vita, nel flusso eracliteo della Lebenswelt, del mondo della vita.
Continuare Spinoza è quindi continuare a pensare, e continuare a pensare è continuare a vivere. In ciò il conatus di Spinoza: la volontà e la potenza di essere, di ek-sistere dell’ente nel mondo, del mondo nell’ente. Spinoza - afferma Adinolfi - ribalta il rapporto essenza-esistenza: è l’esistenza la base, il fondamento dell’essenza. «Viva chi vita crea!» - possiamo ripetere con Goethe a commmento di queste pagine personalissime, in cui avverti la potenza del pensiero di Spinoza.
E tuttavia a libro chiuso vien fatto di dire: propter philosophiam, philosophandi perdere causas. Come sempre nelle filosofie «arcontiche» - quelle che, a partire da Aristotele, s’afferrano a quel «primo» che non cade nel dubbio perché è ciò che ogni dubbio sostiene, che si sottrae al domandare perché è all’origine di ogni domanda -, anche in questa impegnata ed impegnativa esercitazione filosofica alla fine tutto si salva, tranne la filosofia. Tranne la domanda sul mondo. Perché sarà pur vero che la domanda sorge nel mondo, ma in filosofia ciò che anzitutto è in questione, è il luogo della domanda.
Un circolo non virtuoso, questo tra domanda e mondo, anzi vizioso, viziosissimo, perché nell’atto stesso di sottrarsi alla domanda il mondo ricade in essa, e nel punto in cui è oggetto di domanda vi si sottrae.
In questo circolo, volens nolens, è anche Adinolfi, quando distingue il pensiero dell’essere dall’essere del pensiero (l’essenza formale dell’idea dal suo contenuto obiettivo: p. 235 e ss.). Chi o che cosa opera questa distinzione? E dove? La ri-flessione torna ad imporsi. Torna ad imporsi il pensiero sempre in lotta con sé, diviso: inizio anche quando rifiuta d’esserlo.