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LA COSTITUZIONE DEL PENSIERO E IL PENSIERO DELLA COSTITUZIONE. PER LA CRITICA DELL’ECONOMIA E DELLA TEOLOGIA POLITICA DI "MAMMONA" E DI "MAMMASANTISSIMA" - E DEL SUO "SUPERUOMO".

L’ARCHIVIO DEGLI ERRORI: L’ "IO SONO" DI KANT E L’ "IO SONO" DELL’"UOMO SUPREMO" DEI "VISIONARI" DELLA TEOLOGIA POLITICA ATEA E DEVOTA. Note per una rilettura della "Critica della Ragion pura" (e non solo) - di Federico La Sala

Kant vede molto bene cosa c’è alla base dei sogni dei visionari e dei metafisici di tutti i tipi e di tutti i tempi! (....) Emanuel Swedenborg, il padre di tutto l’idealismo tedesco e del romanticismo dell’Assoluto! (...)
domenica 20 settembre 2015
(...) "non si cesserà mai di discutere, sino a che non si penetrerà entro la vera causa dell’illusione, da cui anche l’uomo più razionale può essere ingannato [...] mi è sembrato necessario indagare dettagliatamente, sino alle sue fonti prime, tutta questa costruzione - sebbene vana - della ragione speculativa [...] mi è sembrato allora consigliabile redigere dettagliatamente gli atti di questo processo, e depositarli nell’archivio della ragione umana, per prevenire futuri errori di una (...)

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> L’ARCHIVIO DEGLI ERRORI: L’ "IO SONO" DI KANT E L’ "IO SONO" DELL’"UOMO SUPREMO" DEI "VISONARI" ---- Ignazio di Loyola e gli esercizi d’immaginazione (di Pietro Citati)

giovedì 12 giugno 2014

Ieri come oggi, sulle orme del Maestro

Ignazio di Loyola, esercizi d’immaginazione per tornare a vivere la realtà di Cristo

di Pietro Citati (Corriere della Sera, 12.06.2014)

Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù, aveva un’immensa immaginazione, e la coltivava e la faceva coltivare dai padri gesuiti, quando essi eseguivano gli esercizi spirituali, il cuore dell’insegnamento praticato nella Compagnia.

Imponeva loro di fissare con la mente i grandi e minimi aspetti dell’immaginario cristiano: la nascita di Gesù, la sua infanzia, il battesimo, la tentazione, la passione, la crocifissione, la sepoltura, la resurrezione. I gesuiti dovevano rovistare con un’intensità implacabile ciò che portavano dentro il cuore: niente doveva sfuggire loro, nemmeno un sasso o una pianta o un filo d’erba dei sentieri che Gesù aveva percorso; nemmeno una parola che egli aveva pronunciato nelle sinagoghe o lungo il mare.

«Bisognava considerare da lontano la strada da Betania a Gerusalemme, se ampia o stretta, se piana o montuosa»: guardare la tavola a cui Gesù era seduto, i piatti, le bottiglie, i bicchieri. Così la mente dei gesuiti scendeva dentro se stessa; e apprendeva l’insegnamento che Gesù Cristo aveva depositato nel paesaggio che aveva percorso, o nella stanza dove era vissuto.

Quante volte Dio, o Gesù, o lo Spirito era apparso alla mente dei padri gesuiti! La natura di Dio era un dono: pronto a illuminare e perfezionare con i raggi della sua grazia il cuore dei padri. Era disposta a effondersi, sempre più generosa e più vasta; e a ricevere ciò che dagli uomini saliva verso di lui:
-  «Prendi, Signore, e ricevi/ tutta la mia libertà,/ la mia memoria,/ il mio intelletto,/ e tutta la mia volontà/ tutto ciò che ho e posseggo;/ tu me lo hai dato,/ a te, Signore, lo ridono;/ tutto è tuo».

Dio confortava, consolava, addolciva con una gioia inesauribile. «Ridete, figliolo, Ignazio disse a un novizio, e siate allegri nel Signore, poiché un religioso non ha nessun motivo per essere triste e ne ha mille per gioire».

Quando si voltavano indietro, i padri gesuiti cercavano di ritrovare la natura della propria anima: ciò che essa aveva di autentico, di originario, di puramente spirituale. L’emozione era grandiosa. Ma, al tempo stesso, essi trovavano in sé molte cose diverse: tumulti, peccati, passioni, disordini, sventure; gli effetti che la caduta aveva prodotto su ciascuno di loro. Così condannavano i disordini, le passioni e i capricci. Rafforzavano la volontà della ragione: certi che la ragione, sebbene nata dopo il peccato originale, sarebbe riuscita a salvarli dal peccato. Non temevano di appoggiarsi ad essa e alla sua sostanza umana: anzi cercavano di renderla più robusta e affinata, più solida e complicata.

Qualche volta i padri gesuiti si sentivano soffocare. La vita morale, sia pure virtuosa, costringeva la loro anima; gli altri esseri umani opponevano limiti e negazioni al loro slancio amoroso. Avevano bisogno di spazio. In alcuni testi cristiani trovarono l’invito a una severissima e strettissima condizione ascetica. Ma, proprio in Sant’Ignazio, scoprirono l’invito ad abolire ogni ascetismo e ogni strettezza. Come lui, i padri gesuiti amavano il cosmo: ammiravano tutte le creature, le stelle, le comete, le erbe e gli animali; visitavano le più lontane regioni del mondo; non rifiutavano i piaceri del corpo; e si ergevano sopra i cieli, ascoltando il palpito della creazione.

La Compagnia di Gesù esigeva dai padri attività estremamente complicate: essi dovevano, per esempio, lavorare come economi e amministratori. Sebbene ordini più spirituali condannassero queste attività pratiche, i padri gesuiti le difendevano con cautela e tenacia. Si rendevano conto che il rapporto quotidiano con la realtà allargava la loro mente, rendeva più sinuosa la loro intelligenza e la loro fantasia.

Come Sant’Ignazio, avevano altri timori: l’astrazione dello spirito puro, la follia della mente abbandonata a se stessa. Gli Esercizi spirituali erano strettamente legati al tempo del giorno, della settimana, del mese, dell’anno. La vita di ogni gesuita obbediva al tempo. Un certo esercizio doveva essere compiuto all’alba di ogni giorno: allora bisognava guardarsi con diligenza da un particolare peccato; dopo pranzo un altro esercizio ricordava loro quante volte erano caduti in quel peccato.

Tutti i padri gesuiti conoscevano il tempo proprio di ciascuno di loro: l’ordine temporale conteneva una grande e nascosta sapienza, che essi non avrebbero mai finito di apprendere. Solo coincidendo col tempo, solo facendolo battere regolarmente sugli orologi del cuore, essi tenevano aperta l’anima, e permettevano a Gesù Cristo e allo Spirito Santo di penetrare dentro di essa.

Chi compiva gli Esercizi spirituali correva un rischio: quello degli scrupoli; vale a dire i peccati immaginari, ricordi di peccati passati, dubbi, incertezze, insoddisfazioni, disgusti, torture dell’intelligenza. Da soli, i padri gesuiti non riuscivano a liberarsi dagli scrupoli; e rimanevano invischiati nei relitti della propria anima. Non restava loro che pregare a lungo Gesù e lo Spirito Santo, aprendo l’anima alla sovrabbondante grazia di Dio.


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