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EVANGELO, COSTITUZIONE, E TEOLOGIA POLITICA DELL’ "UOMO SUPREMO" LAICO E DEVOTO.

MINISTRI E CHIERICHETTI (E CHIERICHETTE). "FAMIGLIA CRISTIANA" E "CEI" CRITICANO LA LOGICA DEL "DOMINUS ASSOLUTO" DEL GOVERNO ITALIANO, MA NON DEL "DOMINUS JESUS" DEL GOVERNO VATICANO. Orazio La Rocca e Giancarlo Zizola sul tema - a cura di Federico La Sala

(...) Il sogno luterano del "sacerdozio comune dei fedeli" - ripreso anche dal Vaticano II - deve limitarsi per ora a camminare con i piedi dei chierichetti. E con prudenza anche delle chierichette.
domenica 8 agosto 2010 di Federico La Sala
[...] Una
concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in servitori. Semplici esecutori dei
voleri del capo. Quali che siano. Poco importa che il Paese vada allo sfascio. Non si ammettono
repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il dominus assoluto» [...]
[...] Chierichetti dunque, e ancora subalterni a una prospettiva strumentale di selezione del clero.
L’ipotesi dell’ordinazione della donna, già acquisita nella Comunione anglicana, continua a essere (...)

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> MINISTRI E CHIERICHETTI (E CHIERICHETTE). ----- Il disastro etico è sotto gli occhi di tutti. EDITORIALE DI FAMIGLIA CRISTIANA" (5 aGOSTO 2010 d. C.).

giovedì 5 agosto 2010

La morale "fai da te"

editoriale

"Famiglia Cristiana", 5 agosto 2010

La questione morale agita il dibattito politico dal lontano 1981, da quando cioè - undici anni prima di Mani pulite - l’allora segretario del Pci, Enrico Berlinguer, ne parlò per primo. La Seconda Repubblica nacque giurando di non intascar tangenti, di rispettare il bene pubblico, di debellare malaffare e criminalità. Bastano tre cifre, invece, per dirci a che punto siamo arrivati. Nel nostro Paese, in un anno, l’evasione fiscale sottrae all’erario 156 miliardi di euro, le mafie fatturano da 120 a 140 miliardi e la corruzione brucia altri 50 miliardi, se non di più.

Il disastro etico è sotto gli occhi di tutti. Quel che stupisce è la rassegnazione generale. La mancata indignazione della gente comune. Un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l’intera società. Prevale la “morale fai da te”: è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il “bene comune” è uscito di scena, espressione ormai desueta. La stessa verità oggettiva è piegata a criteri di utilità, interessi e convenienza.

Se è vero, come ha detto il presidente del Senato Renato Schifani, che «la legalità è un imperativo categorico per tutti, e in primo luogo per i politici, e nessuno ha l’esclusiva», è altrettanto indubbio che c’è, anche ad alti livelli, un’allergia alla legalità e al rispetto delle norme democratiche che regolano la convivenza civile. Lo sbandierato garantismo, soprattutto a favore dei potenti, è troppo spesso pretesa di impunità totale. Nonostante la gravità delle imputazioni. L’appello alla legittimazione del voto popolare non è lasciapassare all’illegalità.

Ci si accanisce, invece, contro chi invoca più rispetto delle regole e degli interessi generali. Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in “servitori”. Semplici esecutori dei voleri del capo. Quali che siano.

Poco importa che il Paese vada allo sfascio. Non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il “dominus” assoluto.

Che ne sarà del Paese, dopo la rottura avvenuta tra Berlusconi e Fini? La scossa sarà salutare solo se si tornerà a fare “vera” politica. Quella, cioè, che ha a cuore i concreti problemi delle famiglie: dalla disoccupazione giovanile alla crescente povertà. Bisogna avere l’umiltà e la pazienza di ricominciare. Magari con uomini nuovi, di indiscusso prestigio personale e morale. Soprattutto se si aspira alle più alte cariche dello Stato. Giustamente, i vescovi parlano di «emergenza educativa». Preoccupati, tra l’altro, dalla difficoltà di trasmettere alle nuove generazioni valori, comportamenti e stili di vita eticamente fondati.

Contro l’impotenza morale del Paese, il presidente Napolitano ha invocato i «validi anticorpi» di cui ancora dispone la nostra democrazia e la collettività. Famiglia, scuola e, soprattutto, mondo ecclesiale sono i primi a essere chiamati a dare esempi di coerenza e a combattere il male con più forza. Anche di questo si dibatterà a Reggio Calabria, dal 14 al 17 ottobre, nella 46ª edizione delle Settimane sociali dei cattolici italiani. Dei 900 delegati, 200 sono giovani. Una scelta. Un investimento. Un piccolo segnale di speranza.


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