di Luca Kocci (il manifesto, 13 gennaio 2013)
Contro natura, disumana, contraria ad ogni evidenza antropologica. Sono gli aggettivi che le gerarchie ecclesiastiche e gli organi di stampa cattolici hanno usato per definire la sentenza della Corte di Cassazione che l’altro ieri ha confermato l’affidamento alla madre - ora legata sentimentalmente e convivente con un’altra donna - del figlio piccolo, negando che vivere all’interno di una coppia omosessuale sarebbe stato «dannoso» per «l’equilibrato sviluppo» del bambino.
L’affidamento e «l’adozione dei bambini da parte degli omosessuali porta il bambino ad essere una sorta di merce», ha detto ieri ai microfoni di Radio Vaticana monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia e «padre spirituale» della Comunità di Sant’Egidio del ministro Riccardi, «il bambino deve nascere e crescere all’interno di quella che, da che mondo è mondo, è la via ordinaria, cioè con un padre e una madre». Talvolta questo contesto può frantumarsi, aggiunge il «ministro della famiglia» del Vaticano - che nella Curia romana è considerato un "progressista" -, ma «inficiare questo principio è pericolosissimo per il bambino e per l’intera società». «Suggerisco a monsignor Paglia di leggersi un po’ di letteratura scientifica e di rendersi conto di persona di come crescono i bambini nelle famiglie gay», gli risponde l’ex presidente dell’Arcigay Aurelio Mancuso, fondatore della rete per i diritti civili Equality Italia.
«Sentenza pericolosa», titolava ieri Avvenire, affidando il commento al giurista Carlo Cardia, già paladino dell’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche, che parla di «essenziale diversità e complementarietà tra il padre e la madre» che introducono il bambino «nel più vasto orizzonte degli affetti, dei sentimenti, delle relazioni, dandogli sicurezza, solidità, capacità di realizzarsi pienamente». Invece la sentenza della Cassazione «considera il bambino come soggetto manipolabile, attraverso sperimentazioni che sono fuori della realtà naturale, biologica e psichica».
Un bambino, prosegue, «privato artificiosamente della doppia genitorialità, vede venir meno la dimensione umana e affettiva necessaria per la crescita e il suo armonico sviluppo», si intravede «un profilo disumanizzante» che «comporta il declassamento dei suoi diritti». «Evidentemente Avvenire, pur di non dar ragione a due donne che vogliono educare in libertà il loro figlio, preferiva il genitore islamico che aveva abbandonato il bambino», commenta Franco Grillini.
Netta anche la condanna dell’Osservatore romano: riconosce che un bambino può crescere anche con uno o senza genitori, però aggiunge che non bisogna «creare queste situazioni soltanto perché in alcuni casi non si provocano danni». E comunque, scrive il quotidiano del papa, il nodo resta l’omosessualità: «L’umano è il maschile e il femminile», non possono negarlo nemmeno le coppie omosessuali, che però escludono dalla relazione questa polarità con una scelta «autoreferenziale». Per cui «la peculiarità della genitorialità come espressione del matrimonio eterosessuale deve essere ribadita»: «È dimensione costitutiva della condizione umana». Schematico don Antonio Mazzi: «La Cassazione va contro natura».
Mentre è articolato il ragionamento di Gianni Geraci, portavoce del Guado, uno dei primi gruppi italiani di omosessuali credenti: «Quello che è un valore, ovvero una famiglia con un padre e una madre, non può essere considerato l’unico valore, anche perché l’esperienza ci mostra che talvolta quel nucleo si rompe, o non si realizza, ma il bambino cresce ugualmente sereno», spiega al manifesto. «Piuttosto che condurre inutili e dannose battaglie ideologiche, bisogna pensare soprattutto al bene dei minori. Per questo è urgente una legge che consenta l’adozione anche da parte di un single. Sarà poi una sua scelta, e un suo diritto, decidere con chi educarlo».
Don Franco Barbero, della comunità di base di Pinerolo, sul suo blog racconta la storia di Morena, «figlia felice di due lesbiche»: «È fidanzata. Una bella e gioiosa giovane donna. Quando la incontro, la vedo felice come una ragazza cresciuta in un contesto d’amore. Ha persino convertito dall’omofobia il suo fidanzato. È il più bel commento alla sentenza della Cassazione».