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CRISI POLITICA E "SACRA FAMIGLIA [UNITA]"!!! NON SOLO LA TEOLOGIA (E LA FILOSOFIA), MA NEMMENO LA SOCIOLOGIA SA DISTINGUERE TRA FAMIGLIA DEMOCRATICA E FAMIGLIA DI "MAMMASANTISSIMA" E DI "MAMMONA"...

"FAMILISMO AMORALE" E SOCIETÀ. LA FAMIGLIA CHE UCCIDE: IL LATO OSCURO DELLA FAMIGLIA. Una nota di Chiara Saraceno - a cura di Federico La Sala

(...) l’enfasi un po’ asfissiante sulla famiglia come panacea universale rende più muti e ciechi quando le cose non vanno (...)
giovedì 12 agosto 2010
[...] questa cecità al lato oscuro della famiglia, alle piccole o grandi
violenze che si producono al suo interno non solo quando c’è trascuratezza o abbandono, ma quando
l’intimità diviene mancanza - o non riconoscimento - di confini tra le persone e il senso di
appartenenza diventa pretesa di possesso, lascia particolarmente indifese le vittime di violenze
famigliari. Per vergogna, indicibilità, speranza che le cose cambino, malinteso senso di pudore, esse
spesso faticano a denunciarle e (...)

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> "FAMILISMO AMORALE" E SOCIETA’. --- FAMIGLIA ITALIANA.«Vecchi miti e nuove realtà». L’intimità vince sul contratto. Intervista a Claudia Mancina, a cura di Maria Serena Palieri

venerdì 30 marzo 2012

La famiglia

L’intimità vince sul contratto

intervista a Claudia Mancina,

a cura di Maria Serena Palieri (l’Unità, 30 marzo 2012)

Una trentina d’anni fa, di fronte al mutare della società italiana, una battaglia concettuale importante fu quella di passare dall’idea di «famiglia» (padre e madre uniti da un vincolo più o meno sacro, e figli) a quello di «famiglie». Ne erano complici i primi effetti di massa della legge sul divorzio, il femminismo e il nascere del movimento gay. Sul piano teorico, il pensiero delle donne ma anche gli insegnamenti universitari di Storia della Famiglia, nati negli anni 70. Ora si presenta in libreria per Donzelli un volumetto scritto a più mani (a cura di Claudia Mancina e Mario Ricciardi, saggi di Giuditta Brunelli, Letizia Mencarini, Ruggero Paladini), Famiglia italiana.

Ritorna il singolare. Ma è il frutto di un cammino al contrario: un viaggio filosofico, demografico, giuridico ed economico dentro la grande varietà di convivenze attualmente esistente. Cercando il quid comune. C’è? E - guardando la stretta fotografia dell’oggi - cosa unisce la coppia omosessuale che chiede di poter adottare un figlio, il nucleo dove il 47˚ marito italiano, da gennaio, «sbrocca» e uccide la moglie, e il genitore single con il suo bambino? Ne parliamo con Claudia Mancina: docente di Etica alla Sapienza di Roma e membro del Comitato nazionale di Bioetica.

«Vecchi miti e nuove realtà» è il sottotitolo. Quali sono i luoghi comuni e le novità nella famiglia italiana?

«Il primo diffuso luogo comune è che la famiglia sia in declino, prossima alla dissoluzione. Il secondo che, a minacciarla, siano le nuove convivenze. Entrambi si fondano su un’idea di famiglia tradizionale che viene assolutizzata. Si, quel modello di famiglia è in crisi. Ma non è in crisi la famiglia in sé. In realtà, e questo lo mostra anche la ricerca demografica di Letizia Mencarini, le nuove forme di convivenza aiutano la famiglia, mutandola, a riaffermare la propria vitalità».

Cosa fa, allora, di un’unione tra individui una «famiglia»?

«Il titolo usa la parola volutamente al singolare. Le forme sono tante, ma c’è qualcosa che rende una famiglia tale. È l’intimità. In una società sempre più estroflessa e nella quale la dimensione privata è sempre più labile, la distinzione tra privato e pubblico perde riconoscibilità. Pero ci sono delle relazioni che vengono vissute in una sfera distinta da quella sociale. E qui, nella famiglia, che si sviluppa una relazione sessuale di particolare rilievo, finché dura. Ed è qui che ha luogo l’educazione dei bambini, se ci sono. Nella storia del 900 ci sono stati vari tentativi di spostare l’educazione dei figli fuori da essa. In alcuni casi perché veniva vista come autoritaria e patogena, vedi la teoria della Scuola di Francoforte, vedi la realtà dei kibbutz. Ma su questo piano la famiglia e uscita vincitrice. Benché piena di tensioni emotive essa dimostra di essere il luogo migliore per l’educazione delle nuove generazioni, proprio per la dimensione dell’intimità che la caratterizza. E se intimità e affetto sono ciò che la contraddistingue non vedo differenze se la coppia è gay oppure etero ma solo convivente».

Una novità sicura - lo certifica anche la ricerca demografica - è la durata sempre minore dei nuclei tradizionali. Ciò non depone a favore degli apocalittici?

«È un elemento di trasformazione. La famiglia tradizionale si fondava sulla divisione dei ruoli tra uomo e donna e aspirava a una durata “eterna”. L’ingresso delle donne nel mercato del lavoro ha scardinato questa divisione tra un “fuori”, dove agiscono gli uomini, e un “dentro”, il regno femminile. La dipendenza economica delle donne è diminuita o scomparsa. E l’autonomia sessuale, prima tutta a favore degli uomini, si è riequilibrata. In più c’è la dialettica dell’amore romantico. Dal 700 quella che gli storici chiamano famiglia “intima” si fonda su questa idea, non più su quella di un contratto. L’amore romantico finisce per mangiar se stesso: lo accettiamo solo a quell’intensità, quando essa finisce lo abbandoniamo. L’amore monogamico si rovescia in una continua ricerca dell’amore “vero”...».

È la tesi di Pascal Bruckner, filosofo e sociologo francese, nel suo ultimo saggio «Il matrimonio d’amore ha fallito?», uscito per Guanda. Siamo così innamorati dell’amore che appena impallidisce lo rottamiamo...

«Pero le famiglie, dopo separazioni e divorzi, si riformano. Sono forme complicate, anche difficili, attraverso cui la famiglia riafferma la propria permanenza. Attraverso il cambiamento, dura».

Tutto questo vale solo per l’Italia o per l’Occidente nel suo complesso?

«E vero per l’Occidente. L’Italia, però, si sta rapidamente riallineando. La nostra specificità rimangono la vicinanza coi parenti e la lunga permanenza dei figli in casa. Due tratti molto meridionali».

Anche il tasso di uxoricidi è un tratto molto nostro. Nel 2006 furono uccise 112 donne da mariti o compagni. Nel 2012 siamo già a 47 in meno di tre mesi. Perché?

«Dobbiamo metterlo sul conto delle famiglie? Piuttosto del rapporto uomo-donna. La rottura dei ruoli ha avuto conseguenze anche negative: il doppio lavoro per le donne, una fragilità patologica per gli uomini. La donna non appare più controllabile, né decifrabile».

Ma se siamo ancora il Paese dove la famiglia regge non è un paradosso la nostra natalità in picchiata?

«Lo è rispetto a un discorso pubblico che evoca di continuo la famiglia e non fa nulla. E dire che non è un fatto di mistica della natalità. L’invecchiamento della popolazione crea il problema delle pensioni. Aiutare le famiglie aiuterebbe le donne, i più giovani, incrementerebbe la mobilità sociale. Ma c’è un altro fatto: il crollo della mortalità infantile ha favorito il culto del figlio unico, massimo due, oggetto di un amore ossessivo di genitori e nonni. Qui c’è un problema sociologico ma anche morale. L’idea che è venuta meno è che i bambini vadano educati, non solo protetti in modo parossistico, tale da produrre disastri».

Perché in Italia un discorso laico su questi temi è così difficile?

«Il dibattito da noi è sempre ideologizzato. Da tutte le parti. Eppure ci sono realtà con cui dovremo venire a patti. Il movimento omosessuale in tutto il mondo democratico ha un impatto enorme e guadagna consensi nella popolazione. Non bisogna arroccarsi. Se ci fossimo arroccati non avremmo dato il voto alle donne né avremmo riconosciuto i diritti dei minori».


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