Il coraggio di Obama sulla moschea a Ground Zero
di Andrea Riccardi (Corriere della Sera, 15 agosto 2010)
In questo nostro tempo secolarizzato i luoghi di preghiera fanno talvolta discutere. A New York è stato approvato il progetto d’una moschea e un centro islamico a due passi da Ground Zero (ieri è arrivato l’appoggio del presidente Obama). C’è chi grida alla profanazione dell’11 Settembre, anche se tra i parenti dei caduti non c’è unanimità. Questa reazione rivela una forte convinzione: quel terribile attentato è dovuto all’islam in senso globale. L’opposizione alla moschea a Lower Manhattan evidenzia un problema della storia dei primi dieci anni del XXI secolo. La sfida islamica all’Occidente è stata l’elemento caratterizzante di questo periodo o si tratta di una semplificazione, nonostante le gravi difficoltà tra l’Occidente e i musulmani? Con un po’ di distacco cronologico dall’11 Settembre, è una discussione tutta da riprendere.
In America però, a novembre, ci sono le elezioni di metà mandato. Sempre difficili per un presidente. Un politico è portato a seguire gli umori e le paure d’un elettorato spaesato nel mondo globale. È un problema generale, non solo americano. Invece il sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha approvato il progetto della moschea, ricordando come aprire una sinagoga e una chiesa cattolica proprio a Manhattan fu una difficile conquista della libertà religiosa, due secoli fa. Il presidente Obama non si è tenuto fuori. È intervenuto non tanto per simpatia verso l’islam, di cui è spesso accusato. Al Cairo, nel giugno 2009, aveva affermato «America e islam non devono essere in competizione». Parole giudicate politically correct, in un mondo memore dello scontro di civiltà.
Ieri, il presidente ha parlato da grande leader occidentale: «Siamo negli Stati Uniti e il nostro impegno a favore della libertà di culto deve essere inalterabile». Lo ha sottolineato con orgoglio: «Questa è l’America!». Ha lanciato una sfida ai terroristi, assassini dei musulmani, contestando loro di rappresentare l’islam. «Freedom» è stata la parola chiave del discorso: «I nostri nemici non rispettano la libertà religiosa». Negli Stati Uniti, la libertà è amica della religione, qualunque essa sia. Ne favorisce e ne protegge l’espressione concreta, come la costruzione di un tempio. Obama rifiuta che la libertà religiosa sia sacrificata alla paura a pochi passi da dove sta crescendo la Freedom Tower, un santuario della memoria e del dolore.
Ma le questioni dei luoghi di culto sono sempre complicate. In tanta polemica, si affacciano i cristiani ortodossi con una richiesta. La loro chiesa è stata distrutta dal crollo del World Trade Center e nessuno se ne occupa. Perché in fondo questa è New York: una grande pluralità di luoghi di preghiera in un mondo in cui la religione è vita concreta. La religione è anche preghiera. E la preghiera, prima di tutto, è invocazione a Dio e non odio. Del resto attorno a Ground Zero, come si vede nella vicina e piccola chiesa episcopaliana, c’è un gran bisogno di preghiera di fronte al male compiuto, al ricordo del dolore e all’incertezza del futuro.