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Costituzione, Politica e Cultura.. Uscire dalla "logica" del "paradosso del mentitore" istituzionalizzata

L’ITALIA "CONFUSA E AGITATA" E OFFESA!!! PRIMA DELLE ELEZIONI, RIMUOVERE LA TRAPPOLA DEL LOGO DEL PARTITO DI BERLUSCONI. Caro Presidente della Repubblica ... una domanda: ma può un Partito usare come Nome e Bandiera di "parte" il Nome e la Bandiera di TUTTO il Popolo Italiano?!? Una lettera aperta del 2004 di Federico La Sala.

LA PAROLA RUBATA. Un omaggio agli intellettuali: Sigmund Freud, Gregory Bateson, Paul Watzlawick, Jacques Lacan, Elvio Fachinelli.
martedì 5 febbraio 2008 di Emiliano Morrone
[...] La situazione politica ormai non è più riconducibile all’interno del ’gioco’ democratico e a un vivace e normale confronto fra i due poli, quello della maggioranza e quello della minoranza. Da tempo, purtroppo, siamo già fuori dall’orizzonte democratico! Il gioco è truccato! Cerchiamo di fermare il ’gioco’ e di ristabilire le regole della nostra Costituzione, della nostra Legge e della nostra Giustizia. Ristabiliamo e rifondiamo le regole della democrazia. E siccome la cosa non (...)

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> CULTURA E POLITICA. LA REPUBBLICA E "LA PAROLA RUBATA": ITALIA. Caro Presidente della Repubblica ... una domanda: ma può un Partito usare come Nome e Bandiera di "parte" il Nome e la Bandiera di TUTTO il Popolo Italiano?!? Una lettera aperta del 2004 di Federico La Sala.

venerdì 29 giugno 2007

FORZA ITALIA, o "FORZA ITALIA" ....... ?!!! (fls)


Il discorso di Veltroni confrontato da un esperto con quelli "omologhi" di Berlusconi e Prodi

-  La lunghezza del testo alleggerita da citazioni. Due soli "peccati": flat tax e housing sociale
-  La media di parole per periodo è stata di 21, ancora meno delle 28 del leader forzista

Frasi brevi e pochi "io" ecco i jolly del Lingotto

di TULLIO DE MAURO (la Repubblica, 29 GIUGNO 2007)

La vita politica ha bisogno delle parole. Lo sappiamo da tempi remoti. Meno noto è che la parola fiorisce dove più intensa è la vita democratica. Tale era la tesi, ben argomentata, del poco noto antico Anonimo autore del "Sublime". Guardare alle parole usate in momenti decisivi della nostra vicenda politica può non essere solo un esercizio di analisi linguistica fine a se stessa. All’indomani del discorso di Walter Veltroni, è opportuno metterlo a confronto con i discorsi fatti in occasioni analoghe da chi lo ha preceduto sulla strada della leadership.

«Ho scelto di scendere in campo»: così il 26 gennaio 1994 Silvio Berlusconi annunziò il suo ingresso nella vita politica e la formazione di un "Polo delle libertà" e del movimento di Forza Italia. Fu un discorso breve, circa 1300 parole, nemmeno tre cartelle. Non vi si trovano citazioni di nomi propri, di persone precise, con l’eccezione del richiamo al padre e al suo insegnamento. Pochissime le parole che possano risultare mal comprensibili a una parte della popolazione, forse "retaggio" e "cartello delle sinistre", forse "liberaldemocratico" e la distinzione tra "liberale" e "liberista". I 45 periodi sono generalmente assai brevi, la media è di 28 parole per periodo, poco oltre le soglia di 25 parole, considerata ottima per la comprensibilità. Proprio nei periodi più lunghi si concentra l’espressione del "sogno" politico dell’autore. Su 45 periodi 20 contengono un autoriferimento, esibiscono la prima persona (talvolta plurale, "di maestà"). Parole più di altre frequenti sono "famiglia", "libertà" e "libero", "ragionevole" e "comunismo".

Tra i discorsi di Romano Prodi, specialmente significativo è quello pronunziato a Napoli il 17 giugno 1995, durante il "viaggio delle cento città". Si citano alcuni nomi in positivo (De Gasperi, Adenauer, Schuman) e in negativo si cita Berlusconi. Il testo è più lungo del precedente: 170 periodi. Sono numerosi i periodi brevi, brevissimi: "La politica è scelta", "Bisogna voltare pagina", "La civiltà televisiva vive alla giornata", "In Italia siamo oppressi dallo Stato", "Lo possiamo fare". La prima persona è meno frequente che nel testo di Berlusconi: si trova tuttavia in circa un sesto dei periodi. Prevalgono parole di base e comuni, ma c’è qualche vocabolo più specifico della politica: "localismo", "parodia del thatcherismo". Domanda irriverente: quest’ultima, questa "parodia del thatcherismo", che sarà stata per i due terzi di popolazione che non leggono giornali? Parrebbe una cosa brutta, secondo l’autore, perché la "offre la destra". Ma più esattamente?

Il discorso pronunciato da Walter Veltroni mercoledì a Torino è dei tre il più lungo: 11400 parole circa e 534 periodi. Nonostante non manchino periodi ampi, la media di parole per periodo è assai bassa: circa 21, dunque molto sotto la soglia di 25 parole per periodo. Come gli altri due oratori, anche Veltroni cerca di dare incisività al suo discorso e, stando ai numeri, pare riuscirci di più. Sono numerosi i riferimenti positivi a persone e guide politiche. Due autorevoli commentatori su La7 hanno detto a caldo che Veltroni aveva lasciato da parte il ricordo di nomi propri. Non sembra esatto. Le persone rammentate in positivo con nome e cognome sono, se ho ben contato, diciotto, e alcune ricorrono più volte (Prodi, Napolitano, Draghi). Vanno aggiunti alcuni riferimenti non nominativi, ma precisi: alla nostra Costituzione, al Partito democratico Usa, al Partito del Congresso indiano, ai sindacati confederali. Mancano riferimenti nominativi in negativo, scelta non casuale, ma ragionata. Le citazioni portanti sono diverse, da Vittorio Foa a Gustavo Zagrebelsky, alla bella lettera della giovane romana, la generosa "nuova italiana". C’è anche qualche citazione nascosta: "farsi carico" tra virgolette è senza dubbio una corretta evocazione dell’"I care" dei giovani nordamericani riportato su un muro dell’aula di don Milani a Barbiana.

Veltroni non si sottrae all’onere di usare la prima persona, spesso, però, per sottolineare un dubbio. Ma gli autoriferimenti, se ho ben contato, si trovano in meno di un decimo dei periodi. Assai meno, dunque, che negli altri due testi. Veltroni è portato a parlare delle cose e di altre persone e di sé dice meno degli altri due oratori. Parlando di cose in modo circostanziato, anche di cose controverse e spinose, come Veltroni fa, è inevitabile usare parole tecniche, assai specifiche. In generale queste vengono sì introdotte, ma subito spiegate, per esempio nei paragrafi sull’ambiente o in quelli sul fisco. C’è qualche eccezione negativa. Qualcuno, anche nel popolo ulivista, si chiederà che cosa siano la "flat tax" (che a Veltroni non piace) e lo "housing sociale" (che Veltroni auspica). I vocabolari per ora non aiutano. Altre parole tecniche, invece, nel contesto sono ben chiarite, da "soggettività femminile" o "mobilità sociale" a "delocalizzazione". Ci sono parole che ricorrono con rilievo: "pari opportunità", "equità", "eguaglianza", "sobrio" e "sobrietà", "ascolto", "scelta", "decisione". Sono parole che tutti capiscono e cui il discorso affida il suo senso.


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