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Costituzione, Politica e Cultura.. Uscire dalla "logica" del "paradosso del mentitore" istituzionalizzata

L’ITALIA "CONFUSA E AGITATA" E OFFESA!!! PRIMA DELLE ELEZIONI, RIMUOVERE LA TRAPPOLA DEL LOGO DEL PARTITO DI BERLUSCONI. Caro Presidente della Repubblica ... una domanda: ma può un Partito usare come Nome e Bandiera di "parte" il Nome e la Bandiera di TUTTO il Popolo Italiano?!? Una lettera aperta del 2004 di Federico La Sala.

LA PAROLA RUBATA. Un omaggio agli intellettuali: Sigmund Freud, Gregory Bateson, Paul Watzlawick, Jacques Lacan, Elvio Fachinelli.
martedì 5 febbraio 2008 di Emiliano Morrone
[...] La situazione politica ormai non è più riconducibile all’interno del ’gioco’ democratico e a un vivace e normale confronto fra i due poli, quello della maggioranza e quello della minoranza. Da tempo, purtroppo, siamo già fuori dall’orizzonte democratico! Il gioco è truccato! Cerchiamo di fermare il ’gioco’ e di ristabilire le regole della nostra Costituzione, della nostra Legge e della nostra Giustizia. Ristabiliamo e rifondiamo le regole della democrazia. E siccome la cosa non (...)

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> L’ITALIA "CONFUSA E AGITATA" E OFFESA!!! .... Italia Terra dei tori... o dei bestioni? (di Gian Enrico Manzoni).

lunedì 14 aprile 2008

NUOVE IPOTESI SULL’ETIMOLOGIA DEL NOME DEL NOSTRO PAESE

Italia Terra dei tori... o dei bestioni?

La tradizione lega il nostro etnonimo all’antica parola per «toro» («Vitulus», «Italòs») usata da Latini, Umbri e Greci. Ma si affacciano alternative: per alcuni, il significato è tutt’altro (Italia sarebbe la terra «fumante», «l’infuocata»); per altri, la parola vorrebbe sì dire «toro», ma nella lingua degli Etruschi. Che ci chiamavano così per dileggio

di Gian Enrico Manzoni (Avvenire, 13.04.2008)

« L’ Italia non è solo un nome», titolava un editoriale giornalistico dei giorni scorsi, relativo alla presenza del nome dell’Italia nei programmi della campagna elettorale. In effetti, se si tratta solo di un nome che viene evocato di necessità, senza una reale convinzione della ricerca del bene comune, è solo un appello a valori ripetuti e sbandierati, ma non condivisi. Però l’Italia è anche un nome, e il glottologo si interroga sulla sua origine e il suo significato. Diciamo subito che l’origine della parola è avvolta da molti dubbi, e le conclusioni cui i linguisti sono giunti non sono univoche.

Esiste un’etimologia tradizionale, da tempo diffusa, ma accanto a quella vengono avanzate spesso nuove, divergenti (e qualche volta bizzarre) ipotesi. La spiegazione tradizionale connette il nome della nostra penisola al latino vitulus e all’umbro vitlu, che significavano ’vitello’, così come il greco italòs, che voleva dire ’toro’. La lettera v­iniziale è presto caduta, con un fenomeno che è ben noto anche alla lingua greca, per cui alla fine gli Itali e la loro terra, cioè l’Italia, deriverebbero il nome dai vituli, i vitelli.

In base a tale spiegazione l’Italia è la terra dei vitelli o dei tori, perché secondo gli antichi studiosi come Timeo, Varrone, Gellio e Festo nel nostro territorio questi animali venivano allevati in grande abbondanza. Come si diceva, però, sono state avanzate in epoche diverse nuove spiegazioni, anche del tutto alternative a questa: per esempio Domenico Silvestri una decina di anni or sono ha proposto di collegare il nome dell’Italia alla radice aithal­che significava ’fumante, infuocata’. Da Aithal-ia si sarebbe passati gradualmente alla forma Italia, e la spiegazione del nome risiederebbe nelle numerose fornaci di metalli un tempo esistenti nella Magna Grecia; oppure, sosteneva lo studioso, il nome deriverebbe dalla pratica della debbiatura, cioè di bruciare il terreno per poi disboscarlo e predisporlo a una nuova semina. Per l’uno o l’altro dei motivi, o per la somma di entrambi, l’Italia sarebbe la terra fumante, dove si brucia.

In data più recente il linguista Massimo Pittau è ritornato sulla questione, smentendo sia l’ipotesi di Silvestri sia altre nel frattempo avanzate e recuperando la tradizionale etimologia. Ma introducendo nella spiegazione anche un elemento linguistico nuovo, cioè la componente etrusca. L’etrusco è per molti di noi ancora una lingua misteriosa, alternativa a quelle indoeuropee del territorio italico; invece le connessioni lessicali sono frequenti, come è logico che sia accaduto tra parlanti vicini, con frequenti scambi commerciali e sociali tra un territorio e l’altro.

Pensiamo per esempio al nome di Roma, la cui etimologia da tempo viene ricostruita, non certo (come voleva la leggenda) sul nome di Romolo, il mitico fondatore, ma su Rumon, il nome etrusco del Tevere. Pittau ha dei dubbi sull’origine dai vitelli ( vitlu) degli Umbri e dai vituli dei Latini, per via della vocale -u- dei loro nomi, mentre gli Itali e l’Italia hanno la - a-.

Egli valorizza invece la testimonianza dello scrittore greco Apollodoro, che attesta che Pitalòs, il toro, non era parola greca, come sempre si è creduto, ma tirrenica, cioè etrusca. Anche i Sardi primitivi, la cui lingua era forse imparentata con l’etrusco, chiamavano prima dell’arrivo dei Romani bittalu il vitello e il toro: era una parola del tutto collegata con l’italòs degli Etruschi e, con qualche modifica fonetica, anche con il vitlu e il vitulus, che contenevano chiaramente la stessa radice.

Da queste forme, in particolare da quelle etrusche e protosarde, deriverebbero dunque sia l’etnico Itali sia il corònimo (cioè il nome del territorio) Italia. In termini culturali, non deve stupire il fatto che siano stati gli Etruschi a dare il nome di Itali agli antichi abitanti della nostra penisola e di Italia alla loro terra: essi erano a stretto contatto con i popoli della Gallia, del Piceno, dell’Umbria, del Lazio, della Campania, e la loro superiorità economica e culturale favorì l’acculturazione degli Italici vicini.

Se è vera questa ipotesi, che appare certamente convincente, l’Italia era la terra degli italòi, cioè dei tori. Ma vale ancora la giustificazione già data prima, ovvero dell’abbondanza degli allevamenti di bovini? Qui le ipotesi divergono, perché Pittau suggerisce che si potrebbe trattare anche di una forma di dileggio: chiamare tori, come sinonimo di bestioni, i popoli vicini nasceva probabilmente da una volontà di offesa, soprattutto perché espressa da chi si sentiva superiore socialmente e culturalmente. Ma forse non è necessario rincorrere la connotazione negativa ed è meglio attenerci a quanto dicevano gli antichi sulla diffusione di tori e vitelli nei territori dell’antica Italia: che immaginiamo perciò verde di pascoli e ricca di mandrie.


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