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CRISI COSTITUZIONALE (1994-2010). NEL 1994 UN CITTADINO REGISTRA IL NOME DEL SUO PARTITO E COMINCIA A FARE IL "PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA" DEL "POPOLO DELLA LIBERTA’": "FORZA ITALIA" (2010)!!!

PANTAGRUEL IN PARLAMENTO. LA COSTITUZIONE, BERLUSCONI, BOSSI, E FINI. Il Presidente della Camera è "inamovibile". Una nota "storica" di Michele Ainis

Nel 1994, con il successo elettorale di Silvio Berlusconi, la seconda Repubblica riceve il suo battesimo, e a quel punto la nuova maggioranza occupa tutti i posti in tavola, compresa la poltrona di Montecitorio. (...)
mercoledì 8 settembre 2010 di Federico La Sala
[...] già da Crispi in poi il presidente della Camera non vota, per marcare la propria distanza dal governo. Diventa un organo imparziale, nel quale si rispecchia l’intera assemblea. E siccome il Parlamento ha una funzione di controllo sull’esecutivo, il suo presidente finisce giocoforza per esercitarsi in un ruolo dialettico, anche a costo d’alzare un po’ la voce. Da qui le rampogne di Ingrao contro il governo Andreotti (gennaio 1977), quelle di Nilde Iotti contro il governo De Mita (marzo (...)

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> PANTAGRUEL IN PARLAMENTO. ---- LA COSTITUZIONE DI ARCORE. Bersani dà l’altolà a Berlusconi e Bossi: «Quando avremo la Costituzione di Arcore potranno chiedere le dimissioni del presidente della Camera» (di Simone Collini)..

mercoledì 8 settembre 2010


-  Il segretario democratico dà l’altolà a Berlusconi e Bossi: «Quando avremo la Costituzione di Arcore potranno chiedere le dimissioni del presidente della Camera». Al lavoro per la riforma elettorale.

-  Bersani: «Non c’è ancora la Costituzione di Arcore»
-  Risposta a Vendola

-  Il leader Pd dà l’altolà al premier e a Bossi. «Il voto? Non ci spaventa, non siamo impreparati»
-  Al lavoro per la legge elettorale. «Anche con Fini: lui resta a destra ma è un interlocutore» Risposta a Vendola: «Prepararci al voto? Il Pd è pronto, ma la crisi è tutta di Berlusconi»

-  di Simone Collini (l’Unità, 08.09.2010)

Bersani si aspetta ancora «pericolosi colpi di coda» da parte di un Berlusconi in difficoltà ma ancora tutt’altro che sconfitto. E la pretesa delle dimissioni di Fini e l’annuncio di una richiesta di incontro al Quirinale per perorare la causa confermano i timori del leader del Pd. «Berlusconi e Bossi non hanno a disposizione le istituzioni, e questo devono metterselo in testa», è l’altolà che lancia. «Quando avremo la Costituzione di Arcore allora potranno chiedere le dimissioni del presidente della Camera», ironizza. Ma le ultime ventiquattro ore per Bersani dicono che c’è poco da scherzare e che la crisi politica aperta nel centrodestra difficilmente potrà trascinarsi per molto. Così, se fino a qualche settimana fa insisteva sulla necessità di dar vita a un governo tecnico, ora il segretario del Pd ci tiene a sottolineare che i Democratici sono «pronti», se si andrà alle urne in primavera.

PD PRONTO AL VOTO

L’unica cosa che si esclude, al Nazareno, è uno show down immediato che porti ad elezioni in autunno. Per il resto, Bersani dice che se anche si dovesse andare al voto tra sei mesi, il Pd non è affatto «impreparato». Una risposta a Vendola, che chiede di tenere al più presto le primarie del centrosinistra, ma non solo. «Davanti a eventuali elezioni anticipate siamo pronti. Se si arrivasse al voto deve essere però chiaro che questo avrebbe un padre e una madre, e cioè Berlusconi e la sua crisi. Dopodiché, noi non siamo né preoccupati né spaventati».

IL NODO DELLA LEGGE ELETTORALE

Non è però il ritorno anticipato alle urne lo scenario auspicato dal leader Pd. Con questa legge elettorale rischia infatti di ricrearsi una situazione di paralisi, visto che l’intenzione del leader Udc di andare da solo potrebbe consentire a Pdl e Lega di conquistare il premio di maggioranza alla Camera (basta un voto in più per avere il 55% dei seggi) e invece potrebbe impedire un’analoga maggioranza al Senato (dove il premio viene assegnato su base regionale).

Per questo Bersani continua a lavorare per verificare se sia possibile dar vita in Parlamento a una maggioranza in grado di cambiare la legge elettorale. Il leader del Pd vuole coinvolgere anche Fini perché, dice, «la modifica non possiamo farla da soli ma con chi è disponibile» e perché il presidente della Camera viene giudicato «un interlocutore per le regole del gioco». Fini, dice Bersani anche dopo averlo ascoltato al Tg di Mentana, «è un esponente del centrodestra e fa parte di questo litigio che sta avvenendo nel centrodestra».

Però dice anche «non mi è dispiaciuto», quando gli viene richiesto un commento sul passaggio di Fini a Mirabello sulla necessità di cambiare la legge elettorale. «Abbiamo bisogno di dare ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, e dobbiamo privilegiare questo aspetto, senza scoraggiare il bipolarismo», dice Bersani. Che alla domanda se abbia sentito Fini dopo Mirabello risponde con un secco «no». E a quella successiva se lo incontrerà nei prossimi giorni, risponde con un sorriso: «Vedremo».

Il problema è che sul tipo di modello con cui sostituire il “porcellum” la discussione è in alto mare. L’Udc punta al proporzionale alla tedesca o al “provincellum” (sistema utilizzato per le Province, ma senza premio di maggioranza). Due ipotesi bocciate dal costituzionalista veltroniano Ceccanti, solo per rimanere in casa Pd («il tedesco è peggiorativo rispetto all’attuale legge e il provincellum è il sistema abrogato col referendum del ‘93»). Quanto poi al finiano Urso, il viceministro dalla Festa del Pd di Torino ha definito l’uninominale «la soluzione migliore».


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