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EVANGELO E TEOLOGIA POLITICA DEL "MENTITORE". PER IL "RISCHIARAMENTO" ("AUFKLARUNG") NECESSARIO, CHE GIA’ DANTE SOLLECITAVA ...

KANT E SAN PAOLO. COME IL BUON GIUDIZIO ("SECUNDA PETRI") VIENE (E VENNE) RIDOTTO IN STATO DI MINORITA’ DAL GIUDIZIO FALSO E BUGIARDO ("SECUNDA PAULI"). Una pagina di Kant e una nota di Federico La Sala

sabato 18 gennaio 2014
Foto. Frontespizio dell’opera di Thomas Hobbes Leviatano.
[...] un medico, un giudice, o un uomo politico, può avere in capo molte belle regole patologiche, giuridiche o politiche, al punto da poter diventare egli stesso un profondo insegnante in proposito, e tuttavia cade facilmente in errore nell’applicazione di esse, o perché manca di capacità naturale di giudizio (...) o anche per il fatto che egli non è stato sufficientemente addestrato per questo giudizio, mediante esempi e pratica (...)

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> KANT E SAN PAOLO. --- E una realtà religiosa che è un duplicato ca­povolto della realtà effettiva (di Ernesto Balducci - da "Il Mandorlo e il Fuoco").

sabato 23 novembre 2013

La Sapienza della Croce

di Ernesto Balducci *

«Mi ha colpito, oggi, la diversità dei due brani della Scrit­tura che avete ascoltato. Il primo è l’inno di gloria a Dio, elevato da Paolo alla regalità di Gesù, per mezzo del quale tutte le cose sono state riconciliate e che re­gna su tutte le potenze del cielo e della terra. Questa esaltazione piena di fede ci costringe a fissare lo sguar­do ben al di la delle cose visibili, ben al di là dell’espe­rienza vissuta, in un’armonia di cui non vediamo riscon­tri nell’esperienza. La fede, in questo momento, ci sra­dica, per cosi dire, dalla condizione carnale in cui vivia­mo e ci colloca in un mondo che non conosciamo.

L’altro brano, quello del Vangelo secondo Luca, ci parla della stesso Gesù, ma dove sono qui, la gloria e la potenza? E dov’è 1’armonia? Dov’è il dominio di Lui su tutte le creature? Abbiarno, al contrario, una de­marcazione nettissima fra la realtà di questo mondo che lo deride, lo insulta, lo provoca e la sua realtà di uo­mo inerme e impotente a salvarsi. Quando Egli parla del Suo Regno, ne fa primo cittadino un delinquente appeso accanto a Lui.

Il pericolo grande della fede - ora ce ne accorgiamo più di ieri - è che diventi un principio immaginativo che ci fa vivere un’armonia del tutto illusoria e momentanea: quella - ad esempio - dell’assemblea eucaristica che stiamo vivendo dove tra poco ci daremo il segno della pace. Godiamo per un momento di una pace che pe­rò non ha corrispondenza effettiva nella vita che viviamo. Tutti voi, più o meno, venite infatti da una vita di conflitti, e ci rientrate. E allora nasce dentro di noi una frattura che, tutto sommato, è comoda. Nella vita quo­tidiana, nella nostra asprezza feriale, viviamo, come si deve, i conflitti: siamo furbi contro i furbi, violenti contro i violenti, adottando, per poter sopravvivere, la legge delle competizioni.

Però la nostra coscienza non è tranquilla e allora abbia­mo la comoda opportunità di ritrovarci di tanto in tanto a parlare di un mondo finalmente sottoposto a Dio. Di un mondo fraterno, libero, pacifico. Poi si spengono le luci e rientriamo nella vita di sempre, in cui siamo selvaggi come gli altri, in cui il Vangelo non significa nulla, se non un pio desiderio, una pia aspirazione che riesce a lubrificare diremo cosi - gli attriti insopportabili della vita quotidiana.

Nasce da qui una realtà religiosa che è un duplicato ca­povolto della realtà effettiva.

Questa frattura è feconda di conseguenze negative. In­fatti, anche l’idea di Cristo Re è stata utilizzata, larga­mente, per negare il significato dei conflitti che stiamo vivendo e per dedurre, della dignità di Cristo, chi sa quali prerogative che ci toccherebbero in questo mondo. Abbiamo presentato credenziali divine per avere succes­so nelle diplomazie, nei luoghi del potere; ci siamo de­finiti società perfetta, che può contrattare, quindi, in un piedistallo di superiorità, con le società di questo mondo».

* Ernesto Balducci Il Mandorlo e il Fuoco; Vol. 3 - Borla 1979 - pp.378-379)


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