MOSTRA DEL CINEMA VENEZIA 2014
L’INTERVISTA
Alla Mostra Munzi e le "Anime nere": standing ovation e tredici minuti di applausi
di CHIARA UGOLINI, inviata a Venezia (la Repubblica, 29 agosto 2014)
Successo alla proiezione per il pubblico di "Anime nere", primo film italiano in concorso. Il regista parla del film: "Qui ho visto un Sud che non conoscevo, che si sente dimenticato e non riesce a riconoscersi come parte d’Italia. La questione meridionale è ancora aperta. Il Sud come corpo estraneo è un dispiacere"
VENEZIA - Grande successo per il primo film italiano in concorso, Anime nere di Francesco Munzi. Accolto positivamente al mattino, alla proiezione per la stampa, in serata è stato salutato dal pubblico con una standing ovation e tredici minuti di applausi. È un viaggio nel cuore dell’’ndrangheta, nel buco nero della Calabria, luogo stigmatizzato dagli esperti come uno dei centri più mafiosi di Italia: Africo. Il film che il regista romano (Saimir, Il resto della notte) ha tratto, liberamente, dal libro di Gioacchino Criaco, è la storia di tre fratelli cresciuti nell’odio per l’uomo che ha ammazzato il padre, un pastore dell’Aspromonte che si era fatto coinvolgere in un sequestro di persona. I tre uomini hanno reagito in modo diverso al dolore e conducono esistenze parallele: il più anziano (Fabrizio Ferracane) è rimasto al paese e per sopravvivere si stringe alla terra e agli animali, il più giovane (Marco Leonardi) è un trafficante internazionale di droga, il mediano, milanese adottivo (Peppino Mazzotta, l’ispettore Fazio di Montalbano), dalle apparenze borghesi, è imprenditore grazie ai soldi sporchi del secondo. Ma il figlio del primo, un ventenne senza identità, metterà in crisi tutti gli equilibri scatenando una faida fra clan.
Girato in un luogo difficile, stretto tra un mare bellissimo ma non frequentato né dai turisti né dagli abitanti locali e una montagna selvaggia, l’Aspromonte, il film tenta di trovare la strada per quell’altrove chiuso in se stesso. Un posto che fino a pochi anni fa era collegato al mondo solo attraverso una mulattiera, in cui era difficile penetrare e che invece il regista ha abitato coinvolgendo la popolazione locale e trasformandola in attori, comparse, autisti, carpentieri. Dando lavoro dove non c’è.
Alla Mostra di Venezia è il tempo di "Anime nere", il primo film italiano in concorso, diretto da Francesco Munzi. È un viaggio ad Africo, nel cuore della ’ndrangheta, buco nero della Calabria, uno dei luoghi più mafiosi di Italia. Il regista romano ha tratto il suo film, liberamente, dal libro di Gioacchino Criaco. Racconta la storia di tre fratelli cresciuti nell’odio per l’uomo che ha ammazzato il padre, un pastore dell’Aspromonte coinvolto in un sequestro di persona. I tre uomini hanno reagito in modo diverso al dolore e conducono esistenze parallele: in "Anime nere" hanno i volti di Fabrizio Ferracane, Marco Leonardi e Peppino Mazzotta
Francesco Munzi, come è capitato ad Africo?
"Ci sono capitato leggendo un romanzo che ha lo stesso titolo del film, un libro che mi ha subito conquistato. Appena l’ho chiuso, prima ancora di pensare ad una sceneggiatura, ho voluto andare a vedere con i miei occhi e a sentire con le mie orecchie le storie delle persone che vivono nel luogo del romanzo".
È arrivato ad Africo carico di paure e pregiudizi rispetto a questa terra, poi girandoci il film cosa è cambiato?
"Africo è uno dei tre paesi della Locride che ha una fama molto negativa creata da libri e quotidiani. La cronaca che riguarda questi paesi è una storia di sequestri, omicidi, traffico di droga, ’ndrangheta insomma. Sono arrivato in quel luogo misterioso carico di suggestioni negative con l’interrogativo: chissà se riuscirò a girare qui il film o dovrò ricostruire Africo in un altro luogo. Questo mio pregiudizio si è sfatato non perché io abbia cambiato la storia di questo paese ma perché ho potuto ribaltare l’idea che Africo fosse un ghetto impenetrabile. Noi non solo ci siamo entrati ma abbiamo fatto un film in totale tranquillità coinvolgendo gli abitanti in un’esperienza che per loro è stata assolutamente positiva".
Oggi il paese aspetta il film, cosa ne penserà?
"Beh, magari non tutti ma molti africesi aspettano questo film perché se ne parla da tanto tempo. E anch’io aspetto con ansia di vedere la loro reazione, per me è molto importante che il film trovi il loro consenso".
Non si sfugge al paese d’origine, alle proprie origini, ancor più se sei di Africo, Aspromonte... "Anime nere" di Francesco Munzi, in corsa per l’Italia al Festival di Venezia, racconta in una prospettiva originale la matrice di certa cultura criminale legata al territorio e, soprattutto, alla famiglia, alla tragedia, alle divinità della natura... Ecco il trailer del film, tratto dal libro di Gioacchino Criaco e interpretato da Fabrizio Ferracane, Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Giuseppe Fumo, Barbora Bobulova
Con Anime nere lei ha scelto di raccontare una storia di mafia, di criminalità organizzata, concentrandosi sui rapporti familiari, sui legami di sangue (mentre nel libro di Criaco i protagonisti erano tre amici). Perché?
"A me interessava mettere in scena questo paese perché è un luogo che si conosce poco. L’Aspromonte calabrese è un luogo sconosciuto ma fondamentale perché è legato strettamente alla storia criminale del nostro paese, dal traffico di droga ai sequestri di persona. Però al di là del luogo mi interessava concentrarmi sui personaggi, sulle loro emozioni, sui sentimenti. L’idea era quindi cercare di raccontare una famiglia criminale negli aspetti privati, drammatici; nel momento in cui si ripropone un’antica faida, andare ad esplorare cosa succede all’interno di questa famiglia".
Da Africo si vede meglio l’Italia. Cosa intendeva?
"Intendevo innanzitutto che ad Africo, come in altre parti della Calabria, ho visto un Sud che non conoscevo, un Sud che si sente ancora una parte distaccata del paese, che non si riconosce nell’interezza dell’Italia e questo mi ha fatto capire che la questione meridionale è ancora aperta. Il Sud come corpo estraneo è un dispiacere, ma è un dolore che non si può ignorare. D’altro canto in Aspromonte, un luogo piccolo e difficile da raggiungere, si sono svolte e si svolgono ancora vicende che riguardano non solo l’Italia ma il mondo intero. All’interno di paesini piccolissimi vengono gestite enormi quantità di droga che arrivano dal Sud America, dall’Olanda. Questo ci dà l’idea di come il piccolo sia legato al grande".
Il suo è il primo film italiano in corsa per il Leone d’oro. Più pressione o più eccitazione?
"Una pressione che produce adrenalina... ma fa parte del gioco. Sono felice di essere il primo regista italiano in corsa, mi piace buttarmi per primo".