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SCIENZA, RELIGIONE, E POLITICA. "C’è una fondamentale differenza tra la religione, che è basata sull’autorità, e la scienza, che è basata su osservazione e ragionamento" (S. Hawking).

KANT, NEWTON, E POPE. Note (di avvio) per una rilettura della “Storia universale della natura e teoria del cielo” - di Federico La Sala

lunedì 27 settembre 2010 di Federico La Sala
[...] Il messaggio è abbastanza chiaro. Chi scrive, parla da uomo a uomo e da sovrano a sovrano e invita (se stesso e) il suo stimato “Signore / Federico / Re di Prussia” ad andare avanti e oltre sulla strada della scienza (Newton) e della saggezza (Pope) - con Newton e con Pope, senza separarli e senza assoggettare l’uno all’altro! L’indicazione di Galilei (se pure mai citato) è tra le righe ed è al fondamento del discorso di Kant: non confondiamo i “due” (...)

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> KANT, NEWTON, E POPE. Note (di avvio) per una rilettura della “Storia universale della natura e teoria del cielo” --- IL "DIO BOSONE": UN EQUIVOCO. Non è nella natura che si scopre il divino (di Gianni Vattimo).

giovedì 5 luglio 2012

Ma non è nella natura che si scopre il divino

di Gianni Vattimo (La Stampa, 05.07.2012)

Sarà pur vero che l’evento - solo cosi lo si può chiamare - che ha rotto la quiete uniforme del «tutto» prima della nascita delle cose ha avuto un peso decisivo nel prodursi di quella differenziazione di particelle da cui e’ cominciato, per ciò che ne sappiamo, il corso dell’evoluzione di cui, bene o male che sia, noi siamo per ora il punto di arrivo

. Ma parlare del bosone di Higgs come se fosse Dio è davvero un po’ troppo. Non perché si tratti di una bestemmia («Dio bosone» è sicuramente un’espressione che fino a oggi non era venuta ancora in mente a nessun ateo blasfemo, per quanto dotto e accanito). Semmai, esprime un atteggiamento mentale che non ha più quasi alcun ascolto presso teologi, filosofi, uomini di fede. Riflette infatti la convinzione che Dio si possa in qualche modo scoprire in questo o quell’ aspetto della natura. Ma da quando Gagarin, spedito nel cosmo con la navicella, ovviamente atea, dell’Urss ha potuto esplorare il cielo senza trovare Dio, questa aspettativa «positivista» ha perso ogni senso, se mai ne ha avuto uno.

Le cinque vie classiche di San Tommaso - quelle che «dimostravano» l’esistenza di Dio a partire dal mondo, di cui Dio sarebbe la causa prima o il motore ultimo - erano bensì molto più sofisticate dell’ ingenuo ateismo di Krusciov; ma anche loro hanno resistito poco all’affermarsi progressivo del convenzionalismo scientifico moderno. Ormai attribuiamo solo all’uomo primitivo - quello per il quale il tuono o il fulmine sono opera di un qualche soggetto supremo l’idea che il mondo materiale debba essere stato prodotto da una volontà originaria ritenuta onnipotente. San Tommaso stesso osservava che dal punto di vista di Aristotele sarebbe stato molto più razionale pensare al mondo come eterno. Se no come avrebbe potuto, una volontà perfetta e sottratta al divenire, e cioè immutabile, decidere, a un certo punto, di crearlo? Il racconto della creazione è un contenuto della fede, cui si crede (chi ci crede) come a un mito fondatore della nostra esistenza individuale e sociale che accettiamo perché sentiamo che senza di esso perderebbe ogni senso ciò che pensiamo e facciamo. Ma quanto a parlarne in termini di scienza fisica non ci prova ormai più nessuno.

Se anche dobbiamo pensare che il bosone di Higgs non c’entra niente con Dio, è però vero che scoperte come quella di oggi hanno un potente riflesso sulla nostra vita, sulla visione del mondo, dunque anche sulla nostra religiosità. E’ una specie di effetto che possiamo solo chiamare «neutralizzante» rispetto alla nostra storia vissuta. Come confrontare i pochi millenni della storia della specie umana con gli sterminati orizzonti delle ere geologiche, del formarsi del cosmo fisico e, appunto, con i minuti seguiti al big bang. La scienza moderna, del resto, si è formata anche e soprattutto criticando il racconto della Genesi, anzitutto contestando il geocentrismo biblico (ricordate il Galileo di Brecht, che ispira a molti l’idea che tutto ormai sia permesso).

E ciò non solo per la sconsiderata volontà delle autorità religiose di difendere una cosmologia «rivelata» che veniva progressivamente dissolvendosi; ma anche e soprattutto perché, effettivamente, non era e non è facile pensare alla nostra storia umana in termini di storia della salvezza o anche solo, in termini laici, come storia della civilizzazione, e insieme alla nostra posizione nel cosmo, un battito d’ali di farfalla destinato a durare un attimo e a essere inghiottito dal silenzio cosmico.

L’ostinazione con cui la Chiesa ha sempre tentato di contrastare la cosmologia moderna e il suo spirito illuministico riflette la preoccupazione, non così irragionevole, di conservare un senso alla storia umana - e dunque all’etica, alla politica, alla società - di contro al senso nichilistico, leopardiano, suscitato dal sentimento dell’infinito cosmico. Non c’è un’uscita consolante e pacificante da questo dilemma. Noi siamo - storicamente - quell’umanità che ha anche scoperto, se cosi è, il bosone di Higgs; ma questa scoperta è un momento della nostra storia. Non è una constatazione risolutiva, ma è con questa condizione duplice, librata tra storia e natura che dobbiamo fare i conti.


L’intuizione di un ragazzo prodigio e quell’equivoco sull’Onnipotente di Giulio Giorello (Corriere della Sera, o5.07.20’12)

«Dimmi come ti muovi, e ti dirò chi sei», recita un vecchio adagio. Immaginate una sorta di oceano, ove le particelle che costituiscono il nostro universo, muovendosi contro corrente, sono ritardate alcune più di altre dal contatto con le acque: è per questo che le più «lente» ci appaiono di massa maggiore! Ma all’inizio erano tutte uguali, cioè tutte dotate di una «leggerezza» incredibile, proprio perché l’interazione con quel mare invisibile non era ancora incominciata. Ma è stato sufficiente che l’universo si raffreddasse per rompere la simmetria originaria.

Oggi la teoria detta «elettrodebole», perché tratta delle forze che si esercitano tra quelle leggerissime particelle che sono i neutrini, e incorpora la teoria elettromagnetica, contempla una famiglia di particelle composta dal fotone (cioè il quanto di luce descritto da Einstein nel 1905) che è rimasto di massa nulla e altre tre particelle che sono invece dotate di notevole massa. È un po’ come fossero delle biglie che cadono l’una in un bicchiere d’acqua e le altre in uno pieno di denso sciroppo: queste ultime appaiono di massa maggiore. La cosa è generalizzabile anche alle altre famiglie delle particelle «elementari». Tutta colpa di una ancor più elusiva particella, che genera quello «oceano» che i fisici chiamano «campo» (analogamente a come il fotone è responsabile del campo elettromagnetico).

Decenni fa era solo una congettura di vari fisici; e solo uno, il britannico Peter Higgs, aveva espresso (1964) la convinzione dell’esistenza di una «nuova particella». Sarebbe diventata nota come «bosone di Higgs», anche se questo non significava affatto l’accettazione da parte di tutta la comunità scientifica; per di più, presso il grande pubblico, doveva diventare celebre sotto il nome fuorviante di «particella Dio», trovato da Leon Lederman (1993), e poi storpiato in «particella di Dio», come se questa fosse stata lo strumento utilizzato dall’Onnipotente quando aveva cominciato a differenziare i vari tipi di materia e di forza!

Il vero responsabile era stato però il curatore del testo di Lederman, che interpretando i desiderata della casa editrice aveva attribuito al Signore (God in inglese) un interesse particolare per quella «particella maledetta»: goddamn particle, come aveva scritto inizialmente l’autore, alludendo alla difficoltà della sua individuazione. Higgs, che si definiva ateo, non aveva gradito l’intera faccenda, ritenendo che fisica e fede fossero «campi» che non dovessero sovrapporsi, e che ricorrere alla divinità per colmare le lacune della ricerca significasse «pronunciare invano il nome di Dio».

Le risposte andavano individuate non nelle pieghe della teologia, ma tramite i grandi apparati della sperimentazione. Oggi i responsabili del Cern (tra cui spiccano vari fisici italiani), darebbero sostanzialmente ragione all’audacia dell’ex ragazzo prodigio del Kings College di Londra: la tanto sospirata «osservazione» del bosone che porta il suo nome potrebbe aggiustare non pochi difetti della concezione corrente delle particelle elementari (il cosiddetto «Modello standard») e ci regalerà orizzonti conoscitivi «più ampi e sconfinati», per dirla con una delle locuzioni care al filosofo Karl Popper.


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