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L’ITALIA DEI "DUE PAPI" E LA TEOLOGIA POLITICA LUCIFERINA. L’ideologia della gerarchia cattolico-costantiniana di "Dio" come "Uomo supremo" e l’art. 7 della Costituzione un buco nero che distrugge l’Italia e la Chiesa

"ORCODio", URBI ET ORBI. LA "NUOVA" TEOLOGIA DEI "DUE PAPI" E LA "NUOVA" EVANGELIZZAZIONE DI RINO FISICHELLA - QUELLA DELLA CHIESA CHE RUSSA!!! Una nota di Marco Politi, con contestualizzazione - a c. di Federico La Sala

(...) RINO FISICHELLA è abbastanza giovane dal punto di vista ecclesiastico (è nato nel 1951 ed è stato ordinato nel 1976) ma può ricordare abbastanza bene che questo stile in Parlamento era sconosciuto persino nei momenti più aspri di scontro tra democristiani e comunisti (...)
venerdì 8 ottobre 2010 di Federico La Sala
[...] Monsignor Fisichella non è uno sprovveduto. Ha percorso con determinazione i gradini di una carriera ecclesiastica brillante. Vescovo ausiliare di Roma a quarantasette anni, magnifico rettore della Pontificia università Lateranense a cinquantuno, e nel frattempo anche cappellano di Montecitorio e poi presidente dell’Accademia pontificia per la Vita nel 2008. Fino alla nomina papale, avvenuta
quest’anno, a presidente di un dicastero nuovo di zecca, creato quasi apposta per lui: il (...)

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> "ORCODio", URBI ET ORBI. LA "NUOVA" TEOLOGIA DEI "DUE PAPI" --- E’ TORNATO PRIAPO. Un neopaganesimo che monsignor Fisichella durerà fatica a contestualizzare (di Filippo Ceccarelli).

sabato 16 aprile 2011


-  Il bacio del dio Priapo
-  l’ultimo rito delle notti di Arcore

-  "L’Omino con il pene grosso" viene offerto alle ospiti della villa di Berlusconi: così il mito incrocia il bunga bunga

-  di FILIPPO CECCARELLI *

E INSOMMA, per farla breve: è tornato Priapo. Ma sul serio, e dalle risultanze giudiziarie si capisce che è tornato sulla cresta dell’onda di un neopaganesimo che monsignor Fisichella durerà fatica a contestualizzare. E’ tornato dalle parti di villa San Martino, l’inconfondibile dio, in forma di statuetta a riscaldare l’atmosfera per il bunga bunga. Una giovanissima ha raccontato ai Pm che durante le simpatiche seratine di Arcore, appena dopo la solita scarica di barzellette sconce, il presidente del Consiglio dei ministri si faceva portare - purtroppo non è detto da chi - un involucro della grandezza di una bottiglia d’acqua da mezzo litro e, oplà, sorpresa, meraviglia, tintinnio di risate olgettine, ecco che dall’arcano tabernacolo è spuntata fuori una statuetta di un "omino con il pene grosso" l’ha definito la ragazza. Di più: "Un pene visibilmente sproporzionato".

E insomma, non ci sono dubbi: è lui, e quel coso lì nella mitologia ellenico arcaica, non ancora arcoriana, è detto "itifallo"; e il suo legittimo proprietario, un vecchio basso e tarchiato la cui incerta genealogia oscilla fra Dioniso, Pan e una mezza dozzina di divinità prosperate nella notte dei tempi con i significativi patronimici tipo "l’Eretto" o "Colui che colpisce", ecco, non può essere che Priapo, il dio che passò il tempo a corrompere le donne della città di Lampsaco insegnando loro ogni sorta di turpitudine, ma che gli antichi finirono per riconoscere come custode delle vigne e dei giardini, a volte ridotto al rango di spaventapasseri, ma soprattutto dispensatore di fertilità nonché protettore di quella particolare forma di malocchio che punta a debilitare la virilità a colpi di invecchiamento, impotenza, cilecche.

Il trasloco di questo specialissimo culto dall’Ellesponto alla Brianza berlusconiana trova nei verbali della Procura una descrizione adeguatamente vivida. Nel senso che a un dato momento il Cavaliere consegnava l’idoletto nelle mani delle sue graziose ospiti che se lo passavano l’un l’altra dopo averne baciato la macroscopica protuberanza. Sembra che alcune, per non lasciare nulla d’intentato, se lo strusciassero anche sulle sise - e a questo punto un giornalista politico, pure avvezzo agli scialbi rituali della Prima e della Seconda Repubblica, si sentirebbe anche un po’ in imbarazzo a proseguire nella sua linea interpretativa, oltretutto necessariamente guardona. Sennonché, con l’insperato soccorso del Dizionario dell’erotismo di Ernest Borneman (Rizzoli, 1984) si intuisce che tale cerimonia è assimilabile a una "falloforia", o se si vuole a una "fallogogia", comunque una sorta di processione augurale, nondimeno scherzosa considerato l’oggetto portato in giro per celebrare la forza generatrice della natura. E vabbè.

Resta da aggiungere che Emilio Fede nega di aver visto statuette falliche, "e comunque - ha specificato - non sarebbe reato". Certo che no. Ma intanto è sorprendente la facilità con cui da qualche tempo la vita pubblica va a sbattere sulla mitologia e i suoi derivati. C’è questo anziano presidente le cui voglie incessanti hanno fatto richiamare creature come quelle dei satiri. Ci sono queste giovanissime ragazze da cui egli "è preso", come dicono al telefono le ninfe della Dimora Olgettina. L’ex scenografo del craxismo, Filippo Panseca, ha dedicato un intero ciclo pittorico agli amori, per così dire, e alle incessanti mitologie orgiastiche berlusconiane. Rispetto alle quali di recente Famiglia cristiana ha evocato addirittura la Nemesi, anch’essa una divinità, figlia della Notte e adeguatamente dotata di spada per ristabilire l’equilibrio sbomballato dall’arroganza e dagli eccessi dei mortali.

Il problema odierno, semmai, è che questi ultimi vengono addirittura rivendicati e incoraggiati dal potere. Come dimostra, pure qui con cospicui agganci mitici, il simbolico dono di un toro, sia pure Swaroski, da parte dei maggiorenti del Pdl lombardo al Cavaliere con annesso attestato di efficacia genitale ("due palle così"), al quale il premier ha reagito con maestoso autocompiacimento: "Mi pare un paragone appropriato". Come pure il restauro del blocco scultoreo di Venere e Marte in prestito a Palazzo Chigi, che Berlusconi ha personalmente ordinato impegnando i migliori restauratori a ricostruire il pisello del dio guerriero per la non modica spesa di 70 mila euri. Chissà cosa ne avrebbe scritto Carlo Emilio Gadda che in Eros e Priapo demolì dalle fondamenta il mussolinismo dimostrando la terribile pericolosità di certe smaniose follie. E a rileggerlo davvero sembra che parli di oggi, "il Gran Tauro", appunto, "la Fava Unica", "il Cetriolo Immagine", "la fulgurata protuberanza di chella sua proboscide fallica e grifomorfa in dimensione suina". L’idoletto del bunga bunga che mette una mano in tasca e recita l’anagramma del suo nome: Silvio Berlusconi, "l’unico boss virile".

* la Repubblica, 15 aprile 2011: http://www.repubblica.it/politica/2011/04/15/news/bacio_priapo-14954489/


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