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ESTETICA (E NON SOLO) E DEMOCRAZIA. PER LA CRITICA DELLA FACOLTÀ DI GIUDIZIO E DELLA CREATIVITÀ DELL’ "UOMO SUPREMO" (KANT).

CREATIVITÀ: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETÀ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. Una sollecitazione a svegliarsi dal sonno dogmatico. Una nota di Federico La Sala

(...) È solo con Kant - scrive Hogrebe - che emerse veramente ciò che può essere definito un problema della costituzione; il problema cioè di fornire una serie di regole e di definirle come il quadro nell’ambito del quale sono in generale empiricamente possibili le operazioni cognitive (...)
giovedì 28 marzo 2024
"UN UOMO PIÙ UNA DONNA HA PRODOTTO, PER SECOLI, UN UOMO"
LE DUE METÀ DEL CERVELLO. Il linguaggio del cambiamento
AL DI LA’ DELLA LEZIONE DI "ANDROLOGIA" DI PAOLO DI TARSO: "Diventate miei imitatori [gr.: mimetaí mou gínesthe], come io lo sono di Cristo. Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse. Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo [gr. ἀνήρ, (...)

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> CREATIVITA’: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETA’ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. --- jUDITH, LA SORELLA DI SHAKESPEARE: LA LEZIONE DI VIRGINIA WOOLF.

martedì 29 marzo 2016

"UN UOMO PIU’ UNA DONNA HA PRODOTTO, PER SECOLI, UN UOMO" (Franca Ongaro Basaglia).

      • [...] Ad ogni modo non potevo non pensare, mentre guardavo le opere di Shakespeare nello scaffale, che almeno in questo il vescovo aveva avuto ragione; sarebbe stato impossibile, completamente e interamente impossibile che una donna scrivesse nell’epoca di Shakespeare le opere di Shakespeare. Immaginiamo, giacché ci riesce così difficile conoscere la realtà, che cosa sarebbe successo se Shakespeare avesse avuto una sorella meravigliosamente dotata, chiamata Judith, diciamo. -Molto probabilmente Shakespeare studiò - poiché sua madre era ricca - alla grammar school; gli avranno insegnato il latino - Ovidio, Virgilio e Orazio - e qualche elemento di grammatica e di logica. Era, come si sa un ragazzo irrequieto, il quale cacciava di frodo i conigli, e forse anche i daini; e dovette anche, prima di quanto avrebbe voluto, sposare una donna dei dintorni, che gli diede un figlio un po’ più presto del solito. Questa avventura lo spinse a cercare fortuna a Londra. Si interessava, a quanto pare, di teatro; dicono che abbia cominciato facendo la guardia ai cavalli presso l’ingresso degli attori. Presto imparò a recitare, divenne un attore di successo, e si trovò al centro della società contemporanea; vedeva tutti, conosceva tutti, sfoggiava al sua arte sulla scena, il suo spirito per strada, e riuscì perfino ad essere ricevuto nel palazzo della regina.
        -  Intanto sua sorella,così dotata, supponiamo, rimaneva in casa. Ella non era meno avventurosa, immaginativa e desiderosa di conoscere il mondo di quanto non lo fosse suo fratello. Ma non aveva studiato. Non aveva potuto imparare la grammatica e la logica, e non diciamo leggere Orazio e Virgilio. A volte prendeva un libro, magari un libro di suo fratello, e leggeva qualche pagina. Ma poi arrivavano i suoi genitori e le dicevano di rammendare le calze o di fare attenzione all’umido in cucina e di non perdere tempo tra libri e carte. Questi ammonimenti saranno stati netti, benché affettuosi, poiché si trattava di persone agiate, che sapevano come debbono vivere le donne, e amavano la loro figlia; anzi, è molto probabile che ella fosse la figlia diletta di suo padre. Forse riusciva a riempire di nascosto qualche pagina, su nell’attico; ma poi aveva cura di nasconderle o di bruciarle.
        -  A ogni modo, non appena arrivata alla pubertà, ella era stata promessa al figlio di un vicino mercante di lane. La ragazza protestò che il matrimonio era per lei una cosa abominevole; sicché suo padre la picchiò con violenza. Poi, cambiando tono, la pregò di non fargli questo danno, questa vergogna di rifiutare il matrimonio. Le avrebbe regalato una bella collana, oppure una bella gonna, diceva, con le lacrime agli occhi. Poteva forse disubbidirgli? Poteva forse spezzargli il cuore? Eppure la forza del suo talento la spinse al gesto inconsueto.
        -  Una sera d’estate Judith fece fagotto con le sue cose, scese dalla finestra e prese la strada di Londra. Non aveva ancora diciassette anni. Gli uccelli che cantavano sulle siepi non erano più musicali di lei. Ella possedeva, come suo fratello, la più viva fantasia, il più vivo senso della musica delle parole. Come lui, si sentiva attratta dal teatro. Bussò alla porta degli attori;voleva recitare, disse. Gli uomini le risero in faccia. L’amministratore, - un uomo grasso, dalle labbra spesse - proruppe in una gran risata. Disse qualcosa sui cani ballerini e sulle donne che volevano recitare; nessuna donna, disse, poteva essere attrice. Egli accennò invece ... ve lo potete immaginare. Nessuno le avrebbe insegnato a recitare. D’altronde non poteva mangiare nelle taverne, né girare per le strade a mezzanotte.
        -  Eppure il genio di Judith la spingeva verso la letteratura; ella desiderava cibarsi abbondantemente della vita degli uomini e delle donne studiare i loro costumi. Infine (poiché era molto giovane, e di viso assomigliava molto a Shakespeare, con gli stessi occhi grigi e la fronte curva) Nick Greene, l’attore-regista, ebbe pietà di lei; Judith si trovò incinta di questo signore, e pertanto - chi può misurare il fervore e la violenza del cuore di un poeta quando questo si trova prigioniero e intrappolato nel corpo di una donna? - si uccise, una notte d’inverno, e venne sepolta a un incrocio, là dove ora si fermano gli autobus, presso Elephant and Castle.
        -  Così più o meno, sarebbe andata la storia, immagino, se ai tempi di Shakespeare una donna avesse avuto il genio di Shakespeare [...].

      • Cos’altro posso fare per incoraggiarvi a far fronte alla vita? Ragazze, dovrei dirvi - e per favore ascoltatemi, perché comincia la perorazione - che a mio parere siete vergognosamente ignoranti. Non avete mai fatto scoperte di alcuna importanza. Non avete mai fatto tremare un impero, né condotto in battaglia un esercito. Non avete scritto i drammi di Shakespeare, e non avete mai impartito i benefici della civiltà ad una razza barbara.
        -  Come vi giustificate? È facile dire, indicando le strade, le piazze, le foreste del globo gremite di abitanti neri e bianchi e color caffè, tutti freneticamente indaffarati nell’industria, nel commercio, nell’amore: abbiamo avuto altro da fare. Senza la nostra attività nessuno avrebbe solcato questi mari, e queste terre fertili sarebbero state deserto.
        -  Abbiamo partorito e allevato e lavato e istruito, forse fino all’età di sei o sette anni, i milleseicentoventitré milioni di esseri umani che secondo le statistiche sono attualmente al mondo; e questa fatica, anche ammettendo che qualcuno ci abbia aiutate, richiede tempo.
        -  C’è del vero in quel che dite - non lo nego. Ma nello stesso tempo devo ricordarvi che fin dal 1866 esistevano in Inghilterra almeno due colleges femminili; che, a partire dal 1880, una donna sposata poteva, per legge, possedere i propri beni; e nel 1919 - cioè più di nove anni fa - le è stato concesso il voto? Devo anche ricordarvi che da ben dieci anni vi è stato aperto l’accesso a quasi tutte le professioni?
        -  Se riflettete su questi immensi privilegi e sul lungo tempo in cui sono stati goduti, e sul fatto che in questo momento devono esserci quasi duemila donne in grado di guadagnare più di cinquecento sterline l’anno, in un modo o nell’altro, ammetterete che la scusa di mancanza di opportunità, di preparazione, di incoraggiamento, di agio e di denaro non regge più. Inoltre gli economisti ci dicono che la signora Seton ha avuto troppi figli. Naturalmente dovete continuare a far figli, ma, così dicono, solo due o tre a testa, non dieci o dodici come prima [...].

      • Vi ho già detto, nel corso della mia conferenza, che Shakespeare aveva una sorella; ma voi non cercatela nella biografia del poeta scritta da Sir Sidney Lee. Lei morì giovane, e ahimé non scrisse neanche una parola. È sepolta là dove si fermano gli autobus, di fronte alla stazione di Elephant and Castle.
        -  Ora, è mia ferma convinzione che questa poetessa che non scrisse mai una parola e fu seppellita nei pressi di un incrocio, è ancora viva. Vive in voi, e in me, e in molte altre donne che non sono qui stasera perché stanno lavando i piatti e mettendo a letto i bambini. Eppure lei è viva.
        -  Perché i grandi poeti non muoiono; essi sono presenze che rimangono; hanno bisogno di un’opportunità per tornare in mezzo a noi in carne ed ossa. E offrirle questa opportunità, a me sembra, comincia a dipendere da voi.
        -  Poiché io credo che se vivremo ancora un altro secolo - e mi riferisco qui alla vita comune, che è poi la vita vera e no alle piccole vite isolate che viviamo come individui - e se riusciremo, ciascuna di noi, ad avere cinquecento sterline l’anno e una stanza tutta per sé; se prenderemo l’abitudine alla libertà e il coraggio di scrivere esattamente quello che pensiamo; se ci allontaneremo un poco dalla stanza di soggiorno comune e guarderemo gli esseri umani non sempre in rapporto l’uno all’altro ma in rapporto alla realtà; e così pure il cielo, e gli alberi, o qualunque altra cosa, allo stesso modo; se guarderemo oltre lo spauracchio di Milton, perché nessun essere umano deve precluderci la visuale; se guarderemo in faccia il fatto - perché è un fatto - che non c’è neanche un braccio al quale dobbiamo appoggiarci ma che dobbiamo camminare da sole e dobbiamo entrare in rapporto con il mondo della realtà e non soltanto con il mondo degli uomini e delle donne, allora si presenterà l’opportunità, e quella poetessa morta, che era sorella di Shakespeare, riprenderà quel corpo che tante volte ha dovuto abbandonare. Prendendo vita dalla vita di tutte quelle sconosciute che l’avevano preceduta, come suo fratello aveva fatto prima di lei, lei nascerà.
        -  Ma che lei possa nascere senza quella preparazione, senza quello sforzo da parte nostra, senza la precisa convinzione che una volta rinata le sarà possibile vivere e scrivere la sua poesia, è una cosa che davvero non possiamo aspettarci perché sarebbe impossibile. Ma io sono convinta che lei verrà, se lavoreremo per lei, e che lavorare così, anche se in povertà e nell’oscurità, vale certamente la pena.

      • Virginia Woolf, "Una stanza tutta per sé", in: Romanzi e Altro, "I Meridiani" - Mondadori, pp. 761-763, e, pp. 831-833.


SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:

FILOSOFIA E PSICOANALISI. E. Fachinelli, Sulla spiaggia (1985): La mente estatica (1989). Il libro, nella dedica, è "per Giuditta"....
-  LA DECAPITAZIONE DI OLOFERNE E LA FINE DELLA CLAUSTROFILIA. UN OMAGGIO A ELVIO FACHINELLI. Una nota sull’importanza della sua ultima coraggiosa opera

-  DAL "CHE COSA" AL "CHI": NUOVA ERMENEUTICA E NUOVO PRINCIPIO DI "CARITÀ"! DELLA TERRA, IL BRILLANTE COLORE. Una nota di Eleonora Cirant (e altri materiali)

-  CHI SIAMO NOI, IN REALTA’?! RELAZIONI CHIASMATICHE E CIVILTA’: UN NUOVO PARADIGMA.

-   CREATIVITA’: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETA’ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE.


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