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ESTETICA (E NON SOLO) E DEMOCRAZIA. PER LA CRITICA DELLA FACOLTÀ DI GIUDIZIO E DELLA CREATIVITÀ DELL’ "UOMO SUPREMO" (KANT).

CREATIVITÀ: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETÀ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. Una sollecitazione a svegliarsi dal sonno dogmatico. Una nota di Federico La Sala

(...) È solo con Kant - scrive Hogrebe - che emerse veramente ciò che può essere definito un problema della costituzione; il problema cioè di fornire una serie di regole e di definirle come il quadro nell’ambito del quale sono in generale empiricamente possibili le operazioni cognitive (...)
venerdì 19 aprile 2024
"UN UOMO PIÙ UNA DONNA HA PRODOTTO, PER SECOLI, UN UOMO"
LE DUE METÀ DEL CERVELLO. Il linguaggio del cambiamento
AL DI LÀ DELLA LEZIONE DI PAOLO DI TARSO (E DELLA SUA COSMOTEANDRIA): "Diventate miei imitatori [gr.: mimetaí mou gínesthe], come io lo sono di Cristo. Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse. Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo [gr. ἀνήρ, (...)

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> CREATIVITÀ: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETÀ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. --- LA VITA DELLA MENTE" (H. ARENDT) E IL PROBLEMA DELLA NASCITA.

martedì 21 gennaio 2020

HANNAH ARENDT E MARTIN HEIDEGGER: VITA E FILOSOFIA. IL PROBLEMA DELLA NASCITA... *


Arendt, sempre al di là del dove, e ora stretta in una striscia

Questioni tedesche/Graphic. Dall’infanzia prussiana, all’università con Strauss, Löwith, Marcuse, Lévinas, alla bohème berlinese, all’esilio parigino, a N.Y. «Le tre fughe di Hannah Arendt» di Krim Krimstein, da Guanda

di Alessandro Dal Lago (il manifesto, Alias Domenica, 13.10.2019)

Nell’opinione comune, i filosofi sono gente reclusa in studi foderati di libri e priva, in sostanza, di biografia e accessi al mondo. Fu Hannah Arendt, per esempio a citare una frase di Heidegger su Aristotele, secondo cui lo stagirita «visse, lavorò e morì». L’immagine del filosofo come essere estraneo alla vita e alla realtà è stata formata nell’Ottocento da un libretto divertente e maligno di Thomas de Quincey, Gli ultimi giorni di Immanuel Kant, in cui il gran saggio è mostrato come un vecchio un po’ rimbambito che vaga per le vie di Königsberg e si sbrodola a tavola.

In realtà, un buon numero di pensatori ebbe una vita turbolenta e attiva. Pitagora esaltava le pratiche sportive e Platone, oltre che essere esperto di lotta, tentò a più riprese di influenzare il governo di Siracusa, per essere infine venduto come schiavo dal vendicativo tiranno Dionisio il vecchio, con cui era entrato in conflitto. Quanto a Cartesio, si sa che prima di chiudersi in una capanna a meditare sul cogito era stato soldato nella guerra dei trent’anni. E non parliamo di Leibniz, matematico, diplomatico ed esperto di miniere, o di Voltaire che corrispondeva con i principi di tutta Europa e interveniva pubblicamente contro la tortura e la pena di morte.

La rinuncia alla filosofia

È forse pensando alla leggenda grigia dei filosofi maldestri e appartati che il cartoonist Krim Krimstein ha dedicato una storia a fumetti o graphic novel a Hannah Arendt, la filosofa che meno corrisponde all’immagine del pensiero solitario ed estraneo al mondo. In Le tre fughe di Hannah Arendt. La tirannia della verità (traduzione di Antonella Bisogno, Guanda, pp. 233, e 20,00) Krimstein realizza il singolare tentativo di fondere la biografia di Arendt con il suo pensiero. L’aspetto più interessante in questa vicenda è l’estraneità di Arendt alla filosofia in senso stretto. Come si legge nel prologo («Umano troppo umano. Introduzione a una vita»): «Come mai questa persona, probabilmente la più grande filosofa del ventesimo secolo, ha rinunciato alla filosofia, e, nonostante questo, il suo pensiero rimane per l’umanità una via praticabile per progredire?».

La domanda rimane senza risposta, nel romanzo a fumetti, e non poteva essere diversamente. Dagli anni Ottanta in poi, la critica, in centinaia di libri e saggi, si è sbizzarrita sulla questione, cercando la soluzione nel tormentato romance di Arendt con Heidegger, il filosofo che cedette al nazismo, nell’incapacità della filosofia contemporanea di pensare la politica e, spiegazione che mi sembra la più ragionevole, in una personalità poliedrica, che cercava la spiegazione dei problemi che la assillavano nella filosofia, certamente, ma anche nella teoria politica, nella storia, nella letteratura e nella poesia. Più che rinunciare alla filosofia, come certamente la stessa Arendt ha affermato, si può dire che la nostra filosofa si sentiva stretta nella galleria soffocante di pensatori accademici, che pure aveva frequentato e variamente apprezzato, da Husserl a Jaspers e allo stesso Heidegger.

Krimstein riversa in immagini la storia di questo personaggio eccentrico, sempre al di là di dove si cerca di fissarla: ebrea, ma affascinata dal pensiero cristiano, allieva dei tre massimi pensatori di area tedesca, ma soprattutto affine al cugino acquisito Walter Benjamin, l’irregolare per eccellenza, attratta dalla dimensione della politica, ma impossibile da classificare in uno schieramento (anarchica e per certi versi tradizionalista, aristocratica e profondamente democratica, sionista in gioventù e critica di Israele e così via).

Tutta questa complessità, d’altronde era giù iscritta nella biografia, che la vede intellettuale a Berlino e studentessa di filosofia a Marburg, perseguitata dai nazisti e fuggiasca in Francia, esule negli Stati Uniti, accademica onorata e infine rigettata dagli intellettuali ebrei e ignorata dagli amici per avere scritto in modo non convenzionale e assai penetrante del processo a Eichmann nel 1961.

Pensatrice fuggiasca per definizione, può Arendt essere inquadrata in modo appropriato da un romanzo a fumetti? Come può il suo pensiero paradossale, ovvero la supremazia dell’azione rispetto al pensiero, che appare nelle sue opere fondamentali (Vita activa e La vita della mente), essere tradotto in vignette?
-  Krimstein sceglie di privilegiare la biografia rispetto alla teoria, come è inevitabile. E così ci scorrono davanti le immagini dell’infanzia in Prussia, dell’università - in cui frequentò compagni destinati a diventare famosi (Leo Strauss, Karl Löwith, Herbert Marcuse, Emmanuel Lévinas), della bohème berlinese, dell’esilio parigino, della vita intellettuale di New York e infine della solitudine che precedette la morte. Ecco allora che, attraverso la vita di questa filosofa per certi versi inafferrabile, un pezzo di Novecento, con le sue tragedie immani e le sue illusioni scorre davanti agli occhi (si spera) di gente giovane, curiosa e insoddisfatta delle categorie e dei pregiudizi dell’opinione corrente.

Tra le lenzuola di Heidegger

Resta, nell’operazione di Krimstein, qualcosa che probabilmente Arendt non avrebbe troppo apprezzato, e cioè il rilievo eccessivo attribuito alla sua vita intima e sentimentale. Se c’è un aspetto sul quale Arendt rompe con quasi tutta la filosofia del Novecento è la sua critica radicale dell’interiorità. In Vita activa, appare quasi un gesto di disprezzo nei confronti di una certa filosofia, che pretende di chiudersi nella contemplazione della vita soggettiva e dell’anima, invece che del mondo. In questo Arendt si distacca radicalmente dalla fenomenologia e dal suo amato Agostino (Noli foras ire! In interiore homine habitat veritas). Forse Krimstein avrebbe dovuto rammentarlo mentre si accingeva a disegnare Arendt e Heidegger che si scambiano effusioni a letto discettando di morte e verità...

Ma non dovremmo fargliene una colpa. A un periodo di critica, giusta o sbagliata, aspra o apologetica, del pensiero di Arendt è seguita una serie di libri che, in nome della verità biografica, si soffermano sulla sua relazione con Heidegger, ai limiti del gossip filosofico. È mettendo da parte questo genere letterario francamente scadente che il discorso su Arendt può ripartire.

*

Sul tema, nel sito, si cfr.:

"LA VITA DELLA MENTE. Conclusioni" (H. ARENDT): AUGUSTO, LA SIBILLA TIBURTINA, E LA "MADONNA DI FOLIGNO"

"NICODEMO O DELLA NASCITA": LA ’LEZIONE’ DI ENZO PACI AI METAFISICI VISIONARI (ATEI E DEVOTI) DI IERI (E DI OGGI).

VITA E FILOSOFIA: METTERSI IN GIOCO, CORAGGIOSAMENTE. PIER ALDO ROVATTI INCONTRA ELVIO FACHINELLI.

ISRAELE E IL NODO ANCORA NON SCIOLTO DI ADOLF EICHMANN. FARE CHIAREZZA: RESTITUIRE L’ONORE A KANT E RICONCILIARSI CON FREUD.

Federico La Sala


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