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ESTETICA (E NON SOLO) E DEMOCRAZIA. PER LA CRITICA DELLA FACOLTÀ DI GIUDIZIO E DELLA CREATIVITÀ DELL’ "UOMO SUPREMO" (KANT).

CREATIVITÀ: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETÀ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. Una sollecitazione a svegliarsi dal sonno dogmatico. Una nota di Federico La Sala

(...) È solo con Kant - scrive Hogrebe - che emerse veramente ciò che può essere definito un problema della costituzione; il problema cioè di fornire una serie di regole e di definirle come il quadro nell’ambito del quale sono in generale empiricamente possibili le operazioni cognitive (...)
giovedì 28 marzo 2024
"UN UOMO PIÙ UNA DONNA HA PRODOTTO, PER SECOLI, UN UOMO"
LE DUE METÀ DEL CERVELLO. Il linguaggio del cambiamento
AL DI LA’ DELLA LEZIONE DI "ANDROLOGIA" DI PAOLO DI TARSO: "Diventate miei imitatori [gr.: mimetaí mou gínesthe], come io lo sono di Cristo. Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse. Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo [gr. ἀνήρ, (...)

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> CREATIVITA’---- "Il linguaggio e la mente" di N. Chomsky (rec. di E. Boncinelli - E la parola ci rese umani)

giovedì 13 gennaio 2011

Una rivoluzione infinita

E la parola ci rese umani

Racchiusi nella mente infantile i segreti del linguaggio

di Edoardo Boncinelli (Corriere della Sera, 30.12.2010)

Probabilmente niente è più esclusivamente umano del linguaggio e niente conosciamo di più difficile da tenere separato dal nostro modo di vedere il mondo e vivere la nostra vita. Tutto quello che sappiamo e che riusciamo ad argomentare passa infatti per la nostra capacità di concettualizzare e di parlare.

Non sappiamo quando il linguaggio sia comparso nella nostra storia naturale, ma siamo in molti a pensare che da allora niente è stato più come prima. È stato molto probabilmente «un evento improvviso ed emergente» alla base di quello che qualcuno ha chiamato «il Grande Balzo in Avanti» della nostra storia, perché si ritiene da parte di molti che il linguaggio sia «virtualmente sinonimo di pensiero simbolico» .

La sua conquista è un evento unico nella nostra evoluzione come specie e nella nostra personale esistenza individuale. Ma quali sono i suoi tratti essenziali e su quali fondamenti si appoggia? A nessuno è mai sfuggita l’importanza del linguaggio, ma solo oggi il suo studio, coincidente almeno in parte con l’avanguardia della linguistica contemporanea, ha raggiunto una sua maturità e sta probabilmente per dare i suoi frutti migliori.

Sono più di cinquant’anni che la linguistica è stata rivoluzionata e posta su nuove basi dalle idee di Noam Chomsky, il massimo linguista vivente e un grande indagatore delle profondità della nostra mente e dello spirito. Di lui è appena uscito Il linguaggio e la mente (Bollati Boringhieri), che riassume un po’ tutto il tragitto del suo pensiero sull’argomento. Si tratta in realtà della recente, terza, edizione di un’opera ormai classica che ebbe la sua prima edizione nel 1968 e che può essere utilizzata come filo conduttore per l’esposizione del pensiero di Chomsky e per fare, attraverso questo, il punto sullo stato dell’arte dello studio del linguaggio e del suo rapporto con il funzionamento della mente.

Il libro consta di tre parti, concettualmente se non tipograficamente: un inquadramento storico della disciplina, un’esposizione della visione chomskyana della struttura del linguaggio e una sua valutazione dei rapporti fra lo studio del linguaggio e lo studio della mente stessa. È ovvio che la parte più estesa e più interessante debba essere la seconda.

Chi sappia poco o niente della linguistica contemporanea può trovare qui una sua mirabile esposizione, priva di tecnicismi e virtualmente estranea allo slang specialistico. È questa la parte più vitale e duratura del contributo di questo autore, ma io mi voglio concentrare invece su alcuni punti della terza parte, che contiene secondo me aspetti stimolanti e contraddittori.

Molte persone ritengono che il contributo storico specifico di Chomsky sia stato quello di tentare di persuaderci che il linguaggio è una nostra facoltà innata, così che tutti parliamo essenzialmente la stessa lingua, anche se moltissime sue caratteristiche specifiche sono inevitabilmente apprese, e danno delle idee di Chomsky stesso un giudizio positivo o negativo a seconda che condividano o meno questo assunto. Ciò è molto curioso, perché a me, biologo, la cosa sembra così pacifica che non valga nemmeno la pena che qualcuno la affermi: come potrebbe essere che il linguaggio - che tutti impariamo, che tutti impariamo alla stessa età ed essenzialmente con le stesse modalità e che rappresenta una nostra caratteristica e necessità irresistibile - non abbia una solida base biologica radicata nei nostri geni?

Come ho detto, non mette nemmeno conto di parlarne, se non per studiarne le modalità e soprattutto il suo sbocciare in tutti i bambini del mondo di tutte le epoche, indipendentemente dalla loro condizione culturale e sociale.

Ma il paradosso è poi rappresentato dal fatto che il nostro autore non è tenero con alcuna forma di riduzionismo e in questo libro in particolare si mostra sostanzialmente, benché forse inconsapevolmente, pessimista sulla riducibilità anche futura dello studio del linguaggio allo studio del cervello e della mente.

Nell’ultimo capitolo del libro Chomsky va direttamente a toccare tali temi occupandosi di «Biolinguistica e capacità umane» . Due osservazioni. Appoggiandosi ad una citazione di Bertrand Russell del 1929, secondo cui la chimica non può essere ridotta alla fisica, il nostro autore liquida per sempre un approccio riduzionista, si intende al linguaggio, anche se non lo dice esplicitamente.

L’esempio capita proprio a proposito. Se è vero che ogni grande investigatore delle forme di pensiero è fiero di studiare il suo tema iuxta propria principia ed è tentato di farne una disciplina autonoma, è proprio l’esempio della chimica che mostra i limiti del tentativo. Se un chimico oggi volesse dedurre tutti i fenomeni chimici basandosi solo su quel capolavoro dello spirito umano che è il sistema periodico degli elementi, o tavola di Mendeleev, incontrerebbe serie difficoltà, fingendo di ignorare l’esistenza del nucleo atomico e degli elettroni.

Così oggi forse continuare a scavare esclusivamente dentro e intorno alla grammatica generativa trasformazionale e alle sue varianti è come tentare di fare del sistema periodico la stele di Rosetta del linguaggio e del suo uso. Una grande, forse insormontabile, difficoltà nello studio del linguaggio è data poi dal fatto che noi non nasciamo parlando, ma acquisiamo l’uso del linguaggio durante un lungo periodo della nostra infanzia del quale non siamo assolutamente coscienti e che lascia nel cervello stesso una traccia sconvolgente e indelebile.

Nessuno può sapere che cosa succede allora nel nostro cervello ed è arduo persino cercare di immaginarlo. Non si può, in sostanza, capire il linguaggio osservando il cervello adulto, occorre studiarne la genesi nel tempo senza incorrere nell’errore, per tanto tempo portato avanti, che i bambini siano adulti in miniatura. L’arrivo del linguaggio è stato rivoluzionario ed epocale nella nostra storia evolutiva, ma lo è anche nella nostra storia personale.


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