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ESTETICA (E NON SOLO) E DEMOCRAZIA. PER LA CRITICA DELLA FACOLTÀ DI GIUDIZIO E DELLA CREATIVITÀ DELL’ "UOMO SUPREMO" (KANT).

CREATIVITÀ: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETÀ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. Una sollecitazione a svegliarsi dal sonno dogmatico. Una nota di Federico La Sala

(...) È solo con Kant - scrive Hogrebe - che emerse veramente ciò che può essere definito un problema della costituzione; il problema cioè di fornire una serie di regole e di definirle come il quadro nell’ambito del quale sono in generale empiricamente possibili le operazioni cognitive (...)
venerdì 19 aprile 2024
"UN UOMO PIÙ UNA DONNA HA PRODOTTO, PER SECOLI, UN UOMO"
LE DUE METÀ DEL CERVELLO. Il linguaggio del cambiamento
AL DI LÀ DELLA LEZIONE DI PAOLO DI TARSO (E DELLA SUA COSMOTEANDRIA): "Diventate miei imitatori [gr.: mimetaí mou gínesthe], come io lo sono di Cristo. Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse. Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo [gr. ἀνήρ, (...)

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> CREATIVITA’: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETA’ DELL’UOMO A UNA DIMENSIONE. ---- UNA VIOLENZA EPISTEMICA. «Donne e scienze. Eccellenze e violenze» (di Nicla Vassallo - Il paese delle escort che dimentica anche Marie Curie)

martedì 25 gennaio 2011

Il paese delle escort che dimentica anche Marie Curie

di Nicla Vassallo (l’Unità, 25.01.2011)

La cornice è quella di Massascienza, generosa manifestazione, la cui ultima edizione si è aperta lo scorso 11 dicembre per chiudersi il prossimo 18 febbraio, con un congruo numero eventi, non solo conferenze, anzi, tra cui il mio intervento su «Donne e scienze. Eccellenze e violenze» (Teatrino dei Servi, l’11 febbraio, alle ore 17, Massa, n.d.r), a ricordare un centenario epocale, quello del conferimento del Premio Nobel per la chimica a Maria Sklodowska, ovvero a Marie Curie.

Eccellenze, appunto quali lei, al suo secondo Nobel, dopo quello per la fisica, condiviso con Pierre Curie e Antonie Henrie Becquerel. Docente alla Sorbona, moglie di un docente, madre di Irène Joliot- Curie, a sua volta Nobel per la chimica nel 1935, e di Eve Devise Curie, scrittrice, consigliere del Segretario delle Nazioni Unite, ambasciatrice dell’Unicef. Lei, Madame Curie, tra i pochi a vincere due Nobel. Lei che non brevetta il processo di isolamento del radio: a importare rimangono la libertà e il progresso della ricerca scientifica, null’altro. Lei che si dedica alla diagnosi dei soldati feriti nella Prima Guerra Mondiale. Lei che fonda quanto individuiamo oggi come l’Istituto Curie. Lei che, dopo la morte prematura del marito, investito da una carrozza nell’aprile 1906, prosegue imperterrita a lavorare da scienziata «dura e pura», nonostante gli invidiosi tentino di screditarla - pure certi ambienti, quelli scientifici, pullulano di narcisi gelosi, come ci testimonia, tra gli altri, Patrick Coffey in Cathedrals of Science. ThePersonalities andRivalries That Made Modern Chemistry, Oxford University Press, 2008. In qualmodoscreditare una donna intelligente, impegnata, generosa?

Ovvio, esaltandone la bellezza, il lato sexy predatorio; quindi, Madame non deve valere più di tanto, se non in qualità di un’infiammata femme fatale dai parecchi amanti - l’aneddoto non sfugge a Sam Kean nel divertente e inquietante The Disappering Spoon. And Other True Tales of Madness, Love and the History of the World From the Periodic Table of Elements, Little, Brown & Company, 2010. Lei, l’eccellenza, che smentisce in tutto e per tutto Albert Einstein, stando a cui «quando si tratta di voi donne il centro produttivo non è situato nel cervello». Lei, dai tanti altri riconoscimenti (per esempio, la Medaglia Davy, la Medaglia Matteucci, il Pantheon), muore in un sanatorio della Savoia nel 1934, plausibilmente per una leucemia dovuta a un’eccessiva esposizione al materiale radiativo. Lei che parecchi ricercatori hanno presente per la Marie Curie Fellows Association, nonché per le opportunità che a suo nome offre la Commissione europea per la ricerca e l’innovazione.

Se di Marie Curie sappiano, nonostante dovremmo sapere di più, di altre donne, dalle grandi espressioni cognitive, proseguiamo e insistiamo col voler sapere poco. Rarissime le donne insignite del Nobel, a troppe è stato depredato. In ogni caso, i contributi intellettuali e scientifici “femminili”, fioriti in legami con uomini, vengono di norma attribuiti a questi ultimi.

Alcuni casi emblematici in cui a ottenere fama e onore è l’uomo, quantunque troppi meriti spettino in effetti alla donna: Sophie Brahe e il fratello Tycho, Gabrielle du Chatelet e Voltaire, Marie Paulze Lavoisier e il marito, Ada Byron e Charles Babbage, Jocelyn Bell-Burnell e Anthony Ewish, Rosalind Franklin e Francis Crick, James Watson, Maurice Wilkins, Mileva Maric e Albert Einstein, Lise Meitner e Otto Hahn; Chien-Shiung Wu e Tsung Dao Lee e Chen Ning Yang.

Ci troviamo di fronte a un tipo di violenza epistemica, in cui la capacità di conoscere, in quanto donne, ai massimi livelli, risulta negata. Così capita che queste donne, che faticano, insieme ad altre, non vengano approvate, elogiate, premiate, neanche oggi, mentre le cosiddette escort (non sempre prostitute di alto bordo,come si solevaun tempo) conquistano facilmente denari e potere socio-politico, nella lapalissiana assurdità ove viene consentito tutto ai diversi meccanismi di prostituzione e servilismo, non solo corporei - non illudiamoci - ma pure mentali e, purtroppo, intellettuali, per quanto criminali, perfidi, sleali. Mentre le intellettuali oneste e serie soffrono.

E muoiono senza che il cosiddetto “grande pubblico” lo tenga a mente (più divertente, sebbene degenerante, piazzarsi davanti alla tv con Amici, Colpo Grosso, Drive In, il Grande Fratello, La pupa e il secchione, L’isola dei famosi, X Factor, e via dicendo, quali modelli di riferimento). Chi può ricordarsi allora di Rosalind Franklin, che a trentasette anni muorediuncancro alle ovaie, presumibilmente a causa della forte esposizione ai raggi X, se non quando il misogino James Watson la denigra? E chi si ricorda invece di Marie-Claude Lorne, tra i filosofi della biologia più rigorosi, che a trentanove anni si suicida, gettandosi nella Senna? Forse chi tra noi si trova a leggere il commovente necrologio di Thomas Pradeusu Biology and Philosophy (volume 24, numero 3, pp. 281-282, 2009).

I celebrati nonché le celebrate rimangono altri e altre. Riusciamo a non smentirci: perfino quest’anno, con l’esiguo omaggio tributato nel nostro paese all’esimia Marie Curie. A brillare sempre più persistono le escort. Facciamo sì che le cose vadano altrimenti. Nel frattempo, un grazie a Massascienza. E, in attesa del Festival della Scienza di Genova, che incoraggia a parlare del Nobel per la chimica del 1911, spegniamo la tv e rileggiamo ciò che ci racconta Susan Quinn in Marie Curie, una vita (Bollati Boringhieri, 1998). 24 gennaio 2011


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