Il ritorno della creatività
di Federico Vercellone (La Stampa, 29.09.2011)
Dov’è finita la creatività? È possibile che più nulla ci stupisca, ci incanti, ci illuda con l’aura del nuovo? Quante volte si sono annunciate la morte dell’arte e la fine della bellezza nell’universo retto da una rigida razionalità tecnologica? Da tempo domina, come ci insegna Max Weber, la «gabbia di acciaio» di una ragione severa, che guarda all’efficacia dei propri mezzi, dimentica di ogni senso ultimo dell’esistenza e della creazione. È una procedura che fa a meno di Dio e di presupposti ultimi e che, proprio così, funziona ovunque a dovere. Tuttavia nella Babele della globalizzazione tecnologica siamo sbandati e c’è bisogno di inventarsi un contesto amico, un luogo che sentiamo fatto per noi.
Non è casuale che, in anni recenti, artisti e scienziati abbiano stretto una sorta di alleanza a favore di una scienza più favorevole alla creatività, di una tecnologia meno impersonale e più rispettosa dell’ambiente. Ed è sicuramente significativo che questa reazione venga per lo più dal cuore tecnologico del pianeta, dagli Stati Uniti.
Nel 2008 compare per esempio un libro di David Edwards, professore di ingegneria biomedica a Harvard, Artscience. Creativity in the Post-Google Generation (Harvard University Press), dove si analizzano le nuove frontiere di una creatività che non riconosce limiti pregiudiziali, che si colloca in una zona intermedia tra l’arte, i saperi scientifici, l’industria e la società. I confini classici tra le forme di conoscenza e tra le attività umane, tra le «due culture», umanistica e scientifica, sembrano venire meno.
Mentre sempre più prendono piede formazioni «miste» che ibridano arte e scienza. Si moltiplicano così i modelli di creatività, come ci ricorda il filosofo statunitense Irving Singer, professore al Mit, in un libro di grande fascino, Modes of Creativity (Mit Press), uscito ora, dove l’idea di una creatività che riguarda tutta l’attività umana si presenta come un’istanza fondamentale attraverso la quale si dà significato all’esistenza e al mondo. Non sarebbe male se l’universo riprendesse a stupirci invitando a radicarci di nuovo, in modo inventivo, sulla terra. E se la tecnologia ci venisse incontro in questo cammino.