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ESTETICA (E NON SOLO) E DEMOCRAZIA. PER LA CRITICA DELLA FACOLTÀ DI GIUDIZIO E DELLA CREATIVITÀ DELL’ "UOMO SUPREMO" (KANT).

CREATIVITÀ: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETÀ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. Una sollecitazione a svegliarsi dal sonno dogmatico. Una nota di Federico La Sala

(...) È solo con Kant - scrive Hogrebe - che emerse veramente ciò che può essere definito un problema della costituzione; il problema cioè di fornire una serie di regole e di definirle come il quadro nell’ambito del quale sono in generale empiricamente possibili le operazioni cognitive (...)
venerdì 19 aprile 2024
"UN UOMO PIÙ UNA DONNA HA PRODOTTO, PER SECOLI, UN UOMO"
LE DUE METÀ DEL CERVELLO. Il linguaggio del cambiamento
AL DI LÀ DELLA LEZIONE DI PAOLO DI TARSO (E DELLA SUA COSMOTEANDRIA): "Diventate miei imitatori [gr.: mimetaí mou gínesthe], come io lo sono di Cristo. Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse. Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo [gr. ἀνήρ, (...)

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> CREATIVITA’: KANT E LA CRITICA DELLA SOCIETA’ DELL’UOMO A "UNA" DIMENSIONE. --- Elogio del lavoro di ricerca che porta alle scoperte (di Remo Bodei - W la verità imperfetta)

martedì 17 luglio 2012

W la verità imperfetta

Elogio del lavoro di ricerca che porta alle scoperte

Lo studioso, nella sua relazione alla Milanesiana, guarda con spirito critico a coloro che vogliono vantare approdi assoluti. Il parallelo con i lavori dei grandi artigiani

di Remo Bodei (l’Unità, 17.07.2012)

UN GRUPPO DI GENITORI VENNE UNA VOLTA A CHIEDERE ALLO PSICHIATRA BRUNO BETTELHEIM SE FOSSE GIUSTO RACCONTARE AI BAMBINI FIABE RACCAPRICCIANTI E ANGOSCIOSE. QUESTO PERSONAGGIO che aveva conosciuto i campi di concentramento e che morirà suicida come Primo Levi rispose con apprezzabile modestia di non averci mai pensato. Li invitò a tornare fra cinque anni per la risposta, che fu loro effettivamente data attraverso il volume Il mondo incantato: sì, bisogna raccontare tali fiabe orrorose e perturbanti, perché mobilitano il pensiero simbolico e aiutano a elaborare i terrori, i conflitti, le sofferenze e i problemi dinanzi ai quali i bambini di oggi si troveranno inevitabilmente domani.

L’atteggiamento di Bettelheim è esemplare perché indica quale debba essere l’etica del lavoro nel campo della ricerca scientifica e filosofica: raccogliere e discernere le informazioni, vagliarle con rigore critico, formulare e mettere alla prova le ipotesi, trovare soluzioni che alla fine modificano il punto di partenza. Ogni forma di indagine prende spunto dalla percezione di anomalie e di dissonanze cognitive («qualcosa non torna») per creare nuovi modelli di spiegazione di un fenomeno. A risultato raggiunto, sembra che il percorso trovato per prove ed errori sia l’unico giusto, che sia sempre esistito, che sia «sempre stato lì» e che si trattava solo di vederlo e di arrivarci.

Pur venati da tormenti e dubbi, simili imprese danno la soddisfazione e la gioia del lavoro arduo, ma ben fatto. In questo la condotta dello scienziato o del filosofo è simile a quella dell’artigiano, caratterizzata dal tendere al controllo dei materiali, dal desiderio di svolgere coscienziosamente il proprio compito e dall’ossessione della qualità. Tra gli artigiani si raggiungono talvolta livelli di eccellenza che annullano i confini con l’arte, come nel caso delle saliere di Benvenuto Cellini o dei violini di Antonio Stradivari. In Einstein, in Edison oppure in Platone o in Spinoza la maestria consiste nel sovvertire le teorie e le idee dominanti.

Non sempre queste indagini sono state indolori e prive di ostacoli. Il cristianesimo antico, ad esempio, ha condannato qualsiasi ricerca che oltrepassasse i limiti posti dalla rivelazione. L’ammonizione di San Paolo, «Noli altum sapere, sed time» si lega alla sua tesi, in apparenza paradossale contenuta nell’Epistola ai Romani (13,1), scritta sotto Nerone che ogni autorità viene da Dio e deve essere, di conseguenza, obbedita, ciò che sottintende il divieto di indagarla da vicino. A sua volta, Sant’Agostino combatte aspramente la curiosità come «concupiscenza degli occhi», che distrae dalla conoscenza di se stessi e di Dio. Si venne così a formare un insieme di proibizioni che vietavano la conoscenza di tre misteri o arcana: i misteri della natura, i misteri di Dio, i misteri del potere.

Ebbene, l’etica del filosofo fin dalla Grecia classica, ma soprattutto, fin dagli esordi della modernità è consistita proprio nell’indagare razionalmente questi misteri, nello spiegare, nei limiti del possibile, soprattutto la natura, la storia umana e il potere. Non è importante chi (Dio o uomo) afferma qualcosa, ma se quello che dice è pubblicamente argomentabile e giustificabile. La verità non scende più dall’alto una volta per sempre, diventa una ricerca continua che deve rimanere «insatura» o, è il caso di dire, imperfetta, non compiuta. Non si raggiungono mai risultati definitivi, ma non per questo tutto è vano o insignificante.

I lavori che implicano una qualche forma di creatività godono di uno speciale privilegio che esige una compensazione etica: tendere al meglio nell’interesse di altri. Non per tutti, lo sappiamo, il lavoro è un piacere e non a tutti tocca nella vita poterlo sceglierlo (e, oggi, averne uno).

Spesso è il caso a determinare la professione. Adam Smith, filosofo e padre della scienza economica moderna, ha osservato che le difformità tra i talenti naturali degli uomini sono dapprima minime ed è la divisione del lavoro che le accentua, per cui da bambino un filosofo non differisce da un facchino ed è solo la società che li indirizza verso occupazioni divergenti.

Chi ha ricevuto dalla lotteria naturale e sociale l’opportunità di un lavoro che lo soddisfa non dovrebbe dimenticare l’enorme spreco d’intelligenza e di vita nelle nostre società, l’esistenza di energie latenti che vengono imprigionate dalla prevedibile ripetitività e torpore mentale diffusi dai lavori ripetitivi o degradanti. Il compito difficile che ci attende, nella scuola, nell’università, nell’industria e nelle istituzioni, ma, per ciascuno, individualmente nel proprio settore di competenza, è quello di risvegliare tali energie latenti, di coniugare la fantasia con la concretezza e il senso del possibile con i vincoli della realtà.


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