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COSMOLOGIA E CIVILTÀ. "PER LA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA" DELLA RAGIONE ATEA E DEVOTA

KARL MARX RISPONDE A SALVATORE VECA, PRENDE LE DISTANZE DA ENGELS E RENDE OMAGGIO A FULVIO PAPI. Alcune precisazioni sulla sua intervista impossibile - raccolte da Federico La Sala

Salvatore Veca “intervista” Karl Marx: «Uno spettro si aggira per il mondo: sono io».
giovedì 8 novembre 2018
[...] Il mio invito fraterno, da compagno, è: sveglia! E’ ora di smetterla con i vecchi divertimenti di intellettuali di molti (non quattro) soldi, asserviti all’industria culturale del padrone di turno. Basta! Che “il mio faccione” - come dici - sia “tornato in giro per il mondo”, certamente non è il mio: è il vostro! Io sono sempre stato sempre con voi, nel presente - anche nel vostro presente! Solo che voi, immersi nel “sonno dogmatico” della (...)

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> KARL MARX RISPONDE A SALVATORE VECA --- Cercare l’etica della libertà. Lectio magistralis a Milano (di Salvatore Veca)

domenica 14 settembre 2014

Lectio magistralis a Milano

Cercare l’etica della libertà

di Salvatore Veca (Il Sole Domenica, 14.09.2014)

«Libertà non è star sopra un albero...libertà è partecipazione». Così Giorgio Gaber, in una sua leggendaria canzone. Se consideriamo la massima di Gaber adottando la grammatica della descrizione, ci rendiamo conto che non c’è differenza fra stare sopra un albero e scegliere di partecipare e condividere con altri qualcosa. Al massimo, potremmo pensare a una differenza fra la libertà negativa e la libertà positiva o fra la libertà liberale e la libertà democratica. E le cose stanno più o meno così, anche con la grammatica della valutazione. Se invece ci chiediamo che cosa si provi o si senta nello spazio delle interpretazioni del senso della libertà, allora possiamo dire che una differenza c’è e può indurci a riflettere sulla dimensione etica della libertà per noi. Vediamo ora perché.

Si consideri che la libertà è, dopo tutto, un valore sociale e, quindi, che essa presuppone un qualche spazio sociale, uno spazio di relazioni, connessioni e interazioni fra me e altri. Ricordate la storia del "collo libero" e della comunità di pari? Ora, la dimensione etica della libertà si profila quando proviamo l’esperienza del limite della nostra libertà nello spazio sociale. Come si usa dire, il limite alla mia libertà è semplicemente la libertà di altri. E’ in questo modo che emerge l’esperienza della libertà di qualcuno, come risposta alla libertà di altri. E si abbozza l’idea di una libertà responsabile nello spazio sociale. Sentendo l’altro o gli altri, sentiamo il limite e, provando che effetto ci fa convivere e condividere con altri lo spazio sociale delle libertà, incontriamo le radici di un elementare schema di reciprocità. Queste radici possono affondare nel terreno dell’empatia e delle sue motivazioni personali o nel terreno del rispetto e delle sue ragioni impersonali. E affiora, se ci pensiamo su, un’idea vaga, preziosa ed elusiva di eguaglianza umana.

Ricordate il detto del Deuteronomio e la memoria dell’essere stati stranieri in Egitto? Qui vale la promessa esigente della reciprocità. Perché la libertà, da un punto di vista etico, non può essere appannaggio di qualcuno. Deve indicare, allo stesso modo, lo status di chiunque. E i confini fra noi e altri non devono contare. Spesso sono muri fra le persone. Dovrebbero essere ponti fra le persone. E dovrebbero includere. Non escludere. Perché a chiunque può accadere di essere straniero rispetto a qualcuno. E si danno casi in cui noi diveniamo stranieri a noi stessi.

Ora, la mia libertà non può essere esercitata responsabilmente nell’intorno di uno spazio sociale di non libertà, di oppressione, di umiliazione, di degradazione, di schiavitù di altri. Perché, in circostanze come queste, il fragile e prezioso schema di reciprocità collassa e va in pezzi. La promessa implicita di reciprocità è tradita. E riemerge in modo persistente l’immagine dell’Egitto del Faraone. In Esodo e rivoluzione Michael Walzer aveva fissato tre punti base nella sua narrazione: i) ovunque può esservi Egitto; ii) ci dev’essere un posto migliore; iii) prendiamoci per mano, sapendo che là c’è il deserto da attraversare. E che ci saranno mormorazioni nel deserto.

Qui ha ragione Gaber: libertà è partecipazione. La dimensione etica della libertà ci induce così a mettere a fuoco le reti della condivisione, i modi dello stare assieme, il senso del limite, la densità delle relazioni, che danno senso e significato alle vite che abbiamo da vivere. La libertà responsabile chiama in causa centralmente il rapporto fra il sé e l’altro.

Consentitemi di rivolgermi, per dare un vivido esempio di ciò, a una delle grandi tradizioni orientali. Vi è, nella dottrina buddhista classica, una figura che ho sempre trovato esemplare e toccante. Si tratta del Bodhisattva. Il Bodhisattva è uno che è sulla soglia della liberazione dalla dukkha, dalla sofferenza, e dal samsara, dal ciclo delle reincarnazioni. Il Bodhisattva è sulla soglia del nirvana. Ma si volta indietro e vede gli altri, ancora condannati alla schiavitù del samsara. E li aspetta. E li aiuta nel processo della loro liberazione, scandito dalla confomità alle quattro nobili verità dell’Illuminato. Nell’esercizio della compassione per gli altri, il gesto del Bodhisattva esemplifica, ancora una volta, quell’idea vaga e preziosa di eguaglianza umana che abbiamo incontrato a proposito della dimensione etica della libertà.

Ma dal repertorio della sapienza del gran discorso di Benares dell’Illuminato torniamo ora, dalle nostre parti, al retaggio della saggezza del recente Iluminismo europeo, "il cantiere della nostra modernità". E riflettiamo, pensando al modello della libertà di qualcuno e della non libertà di altri, di molti, di troppi di noi, su una luminosa massima di un grande illuminista europeo, Pietro Verri: "L’uomo è come nel deserto quando non trova i suoi simili. Il vivere è noioso o si viva co’ superiori o cogli inferiori. La uguaglianza è la sola che ammette società, gioia, cordialità."


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