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COSMOLOGIA E CIVILTÀ. "PER LA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA" DELLA RAGIONE ATEA E DEVOTA

KARL MARX RISPONDE A SALVATORE VECA, PRENDE LE DISTANZE DA ENGELS E RENDE OMAGGIO A FULVIO PAPI. Alcune precisazioni sulla sua intervista impossibile - raccolte da Federico La Sala

Salvatore Veca “intervista” Karl Marx: «Uno spettro si aggira per il mondo: sono io».
giovedì 8 novembre 2018
[...] Il mio invito fraterno, da compagno, è: sveglia! E’ ora di smetterla con i vecchi divertimenti di intellettuali di molti (non quattro) soldi, asserviti all’industria culturale del padrone di turno. Basta! Che “il mio faccione” - come dici - sia “tornato in giro per il mondo”, certamente non è il mio: è il vostro! Io sono sempre stato sempre con voi, nel presente - anche nel vostro presente! Solo che voi, immersi nel “sonno dogmatico” della (...)

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> KARL MARX RISPONDE --- PER USCIRE DAL BUIO. Prima il lavoro, si dice, d’accordo (di Aboubakar Soumahoro).

venerdì 12 ottobre 2018

Per uscire dal buio

Decalogo *

Parole rifondative: di un progetto, un’identità, una speranza di futuro. Nelle prossime settimane si riuniranno in tanti, a sinistra o da quelle parti: si comincia questa domenica con la marcia della pace Perugia-Assisi, cinquant’anni dopo la morte di chi la sognò, Aldo Capitini, scomparso il 17 ottobre 1968. Seguiranno nel Pd la Piazza Grande del nuovo aspirante leader Nicola Zingaretti, a Roma il 14 ottobre; e la Leopolda dell’ex ma sempre incombente Matteo Renzi, una settimana dopo. E le manifestazioni del 13 ottobre in tutta Europa, comprese molte città italiane, «contro il nazionalismo, per un’Europa unita» (www.13-10.org).

Si discuterà di nomi, sigle, contenitori, per provare a riempire il vuoto di presenza, il deserto di alternativa visibile. Quello che ancora manca è la battaglia di idee: una sida politica e culturale, popolare e non elitaria. Qualche settimana fa l’Economist ha offerto ai suoi lettori un manifesto per ripensare il liberalismo. L’Espresso, nel solco di questo dibattito italiano e europeo, ha chiesto ad alcune sue firme, diverse per cultura e esperienza, un decalogo di parole-chiave (altre ne seguiranno). Da “Noi e Tu” di Massimo Cacciari a “Tutti” di Francesca Mannocchi, il nostro alfa e omega. Un segno di luce, per uscire dal buio.

***

Lavoro

di Aboubakar Soumahoro

Prima il lavoro, si dice, d’accordo. Ma prima del lavoro c’è il lavoratore. E, prima ancora, gli esseri umani. Oggi, nei convegni e nelle relazioni prodotte dai centri studi, si parla dei lavoratori come se fossero macchine, corpi senza anime, robot. Lavoratori senza legami sociali, atomizzati. Lavoratori isolati, ognuno per sé, senza una dimensione collettiva, senza relazioni umane in grado di creare solidarietà.

Si parla di intelligenza artificiale, ma sono gli esseri umani a finire progressivamente trasformati in automi. Partire dal lavoro significa allora restituire alle persone i loro diritti e la loro dignità, ma anche la possibilità di sentirsi protagonisti di una costruzione sociale. Il lavoro è impoverito, e impoveriscono i lavoratori, oppure è dequalificato, giovani iper-laureati oggi svolgono lavori dequalificati.

Nell’era digitale il lavoro ti impedisce di realizzare le tue aspettative e al tempo stesso colonizza il tempo di vita. Vale per tutti i lavoratori, gli operai e i braccianti, i precari, per quelli impegnati nel privato e per quelli che si muovono nella sfera del pubblico, dove anni di privatizzazioni, blocco delle assunzioni, appalti all’esterno di funzioni che appartengono allo Stato hanno creato una situazione di precarietà di vita e non soltanto di condizioni lavorative. Uno Stato che partecipa a fenomeni di sfruttamento e di abbrutimento.

Parlare del lavoro, dunque, significa parlare delle persone, nella loro quotidianità, nelle loro spese, nella fatica di portare a termine la giornata, non soltanto dal punto di vista economico. I bisogni vitali delle creature, come diceva Giuseppe Di Vittorio. Creature: è la parola più tipicamente umana, contiene in sé ogni cosa. Noi siamo da questa parte, lo dico anche nell’ottica di un sindacalista contemporaneo che vive in questo tempo e in questa stagione. Siamo dalla parte delle persone, senza disparità di pelle o di genere, dovrebbe essere la normalità, ma oggi sta avvenendo il contrario. Lavoro oggi significa cultura, emancipazione, rispetto, giustizia sociale. Significa battersi per evitare che il lavoro torni a coincidere con lo sfruttamento degli esseri umani, la loro alienazione. Vuol dire ricomporre valori comuni, oggi spezzati. Ricucire.

* l’Espresso, O7.10.2018


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