«Convergenze. Con un gruppo di intellettuali legati a Futuro e Libertà.... il Manifesto riecheggia pure Vendola»
“Il Manifesto di ottobre”: un po’ futurista, un po’ neo-marxista
Marramao, tra i firmatari: “L’idea è tornare a una politica con al centro l’impegno civile e l’etica pubblica”
di Wanda Marra (il Fatto, 27.10.2010)
Che c’entra Marx con i neonati componenti di Futuro e Libertà, che si preparano a dar vita a un partito, con tutti i crismi di organismi dirigenti, organizzazione, atti fondativi e pure Pantheon di riferimento? “Niente”, risponde d’istinto Giacomo Marramao. Eppure proprio lui, filosofo e intellettuale di sinistra, è tra i cento firmatari del “Manifesto di ottobre” per “una rinascita della res publica e per un nuovo impegno politico-culturale”, presentato ieri a Milano. Certo, di manifesti nella storia ce ne sono stati tanti. E ‘Il Manifesto del Partito comunista’ non è certo l’unico. Però, lo stesso Marramao ammette che “tanti di coloro che l’hanno redatto Marx lo conoscono bene”.
Il testo, che inizia sottolineando la necessità di “un patto per la rinascita della res publica”, che sia non “una litania di valori”, ma “un progetto per l’Italia contemporanea, una concreta costruzione di rigore e di impegno civile” è stato dunque steso da un gruppo di intellettuali legati a Futuro e Libertà, come la grecista Monica Centanni, l’intellettuale milanese Peppe Nanni, Carmelo Palma, direttore della Fondazione Libertiamo, legata a Benedetto Della Vedova. Spiega Marramao: “Si tratta di un percorso vero, fatto da persone della destra finiana, e molto nella tradizione repubblicana. L’idea è quella di tornare a una politica fondata sulle regole, che rimetta al centro l’impegno civile, l’etica pubblica, e che sia in grado di rivitalizzare l’intera sfera politico-democratica”.
TRA I ‘REDATTORI’ anche personaggi come Fiorello Cortiana, tra i fondatori dei verdi italiani ed europei. Ma tra i firmatari, oltre a personalità che gravitano intorno alla destra finiana, come Alessandro Campi, Sofia Ventura, Filippo Rossi e Angelo Mellone, o personaggi come Franco Cardini, si trovano nomi noti del mondo post marxista, o meglio definiti come intellettuali di sinistra, da Giulio Giorello a Nadia Fusini, da Maurizio Calvesi a Giuseppe Leonelli a Franco La Cecla.
C’è anche il direttore della Mostra internazionale d’arte cinematografica Marco Müller. E spiccano i nomi di Beppe Giulietti, deputato Idv, da sempre in prima linea per la libertà di informazione e del deputato Pd Ermete Realacci o quello d’una regista ‘impegnata’ come Roberta Torre o dello scrittore Sergio Claudio Perrone. Ci doveva essere anche Massimo Cacciari, dato come sicuro aderente, che sarebbe comunque attento alla questione e disposto al dialogo.
SPIEGA MARRAMAO: “Non si tratta di un manifesto di uno schieramento politico, ma piuttosto di un progetto in cui convergono personaggi trasversali uniti dall’esigenza di rivitalizzare la politica italiana, uscire fuori dalle passioni tristi, reagire alla demotivazione culturale ed etico-politica del nostro tempo”. E infatti, gli autori citati sono un intellettuale-simbolo dell’antifascismo, come Piero Calamandrei e la filosofa dell’anti-totalitarismo, Hannah Arendt.
“La mia adesione al manifesto non è un’adesione politica afferma ancora Marramao ho sempre votato a sinistra, ma ritengo importante il lavoro che stanno facendo questi intellettuali”. Certo, è un elemento di novità che a coagulare nuove energie anche di pensiero siano degli intellettuali di destra, categoria minoritaria nel nostro paese. Mentre la sinistra tradizionale tace: “I segnali di fuoco si avvertono soprattutto da parte del gruppo legato a Fini”, ammette Marramao. E in qualche passaggio, il Manifesto riecheggia pure Vendola. Come quello in cui si dichiara l’esigenza di ritrovare il filo “d’una narrazione più vera e nobile della cultura e della storia repubblicana contro il degradante cliché di un’italietta furba e inconcludente”.
E intanto, mentre Fli aggrega energie ed esperienze in un mix inaspettato, il Pdl continua a perdere pezzi: ieri si è si è dimesso dalla direzione del partito Alfredo Biondi, forzista della prima ora e ministro della Giustizia nel primo governo Berlusconi. E anche il senatore Enrico Musso si è detto pronto a lasciare, esprimendo il suo disagio.